Intervista a P. Rafic Greiche, direttore e portavoce dell’Ufficio Stampa della Chiesa Cattolica in Egitto, a cura di Maria Laura Conte

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:38:48

Sulle prime pagine della stampa di tutto il mondo, il giorno dopo la prima seduta del processo contro l’ex-presidente Morsi, campeggiava la sua foto in prigione: il primo presidente eletto dell’Egitto post-rivoluzionario, quello al quale proprio un anno fa il Time dedicava la copertina con il titolo "L’uomo più importante del Medio Oriente". Deposto dopo un anno di governo, è accusato di essere il responsabile della morte di dieci persone e del ferimento di altre duecento durante alcuni scontri avvenuti il 5 dicembre 2012 davanti al palazzo presidenziale del Cairo. Con questo processo è tornato alla ribalta l’Egitto, che sta ora vivendo una nuova fase di un lungo processo di trasformazione, in attesa che l’assemblea dei 50 nominati dal presidente ad interim Adly Mansour produca la nuova Costituzione che dovrebbe traghettare il Paese verso nuove elezioni. Ma come si vive ogni giorno in questo Paese in cui la “rivoluzione” sta per compiere tre anni? Come guarda Il Cairo a questo processo? Per Rafic Greiche, portavoce della comunità cattolica egiziana, si tratta di una svolta decisiva. La sua posizione riflette le grandi attese di una parte del popolo in questo momento, ma c’è ancora molta strada da percorrere e sarà la forma finale che assumerà il testo costituzionale a dire se queste speranze sono ben riposte. «Questo processo ha mostrato a tutti che l’Egitto sta voltando pagina. Non è un processo farsa, né solo simbolico. È reale e regolare. Questo è solo il primo capo di accusa contro Morsi, ne dovrà affrontare altri, lui con i suoi primi collaboratori. L’Egitto è felice perché è ora di aprire una nuova pagina. La pagina dei Fratelli Musulmani al potere si è definitivamente chiusa e con essa finiscono le chiese bruciate, gli attacchi alle varie istituzioni cristiane, la violenza settaria, ecc. Ieri i Fratelli avevano promesso che avrebbero dato fuoco all’Egitto, ma per fortuna non sono stati in grado di mantenere la loro promessa. La loro credibilità sta drasticamente diminuendo. La gente, non solo la polizia, li rifiuta e risponde alla loro violenza. Perché non rispettano la legge. Ieri per esempio hanno circondato gli edifici dell’Alta Corte e della Corte Costituzionale, per creare disordini, lanciare molotov. Non sono numerosi, sono poche centinaia, ma bastano poche decine in mezzo alla strada per bloccare il traffico della città. Anche i giudici si sono trovati in pericolo. La popolazione è stanca dei Fratelli». Ma tutti quelli che lo avevano votato? Non erano pochi e avevano vinto. «Proprio la maggioranza di chi ha votato per lui è stanca e delusa. Quando hanno visto che non facevano nulla, che i problemi invece di essere risolti aumentavano, che volevano cambiare il clima in Egitto. Ora finalmente siamo in cammino verso una democrazia moderna in Egitto. Avremo una nuova costituzione, ma ci vuole tempo. La sfida è cambiare la mentalità della popolazione, attraverso l’educazione, il lavoro dei media. Ma siamo sul sentiero giusto». Eppure c’è chi, di fronte a questo processo, sostiene che tutto quello che è accaduto dal 2011 in poi sia stato cancellato, si sia tornati a un regime militare come ai tempi di Mubarak, uscito di prigione nel frattempo… «La rivoluzione del 25 gennaio aveva in sé la speranza che non si sarebbe più instaurato un regime militare come sotto Mubarak. Ma poi sono arrivati i Fratelli Musulmani che hanno fatto quello che hanno fatto. E la gente si è stancata. 25 milioni di persone in piazza il 30 giugno hanno detto basta a Morsi che aveva concentrato tutto il potere nelle sue mani. Così l’esercito non ha avuto altra scelta che scendere in campo per proteggere la popolazione, per evitare una guerra civile tra le milizie dei Fratelli e il resto del popolo. L’esercito non poteva stare a guardare. Il 30 giugno c’è stata un correzione di rotta. L’unica grande istituzione che poteva operare questa correzione era l’esercito in unione con la magistratura. In effetti dobbiamo sempre considerare l’esercito insieme alla magistratura, una delle più antiche nel Medio Oriente. Quando Morsi non rispettava la legge, i giudici furono i primi a protestare contro di lui». Come procede il lavoro sulla nuova Costituzione? «C’è un dialogo in corso e anche alcuni scontri tra i cinquanta componenti. È una fase piuttosto complessa da descrivere, ma i rappresentanti delle tre chiese cristiane lavorano insieme, anche in collaborazione con i liberali, perché siano garantiti per tutti i diritti della libertà religiosa e della libertà di culto. Fino ad oggi il lavoro procede. Ma è complicato, il diavolo si nasconde sempre nei piccoli dettagli». Come procede la vita nella sua comunità, quale la percezione sulla stabilità del Paese? «Va meglio. Non ci sono più incendi di chiese o gravi attentati, ma i disordini non mancano. Diciamo che stiamo andando verso la stabilità. Dal punto di vista economico il governo dei Fratelli ha lasciato il Paese sul lastrico. Ora con i fondi che alcuni Stati, europei e arabi, stanno investendo, si intravedono dei segnali positivi. Il turismo sembra in ripresa. Al momento qui fuori c’è una festa in corso nella mia parrocchia, la vita normale è ripresa e continua. Chi lo desidera, può unirsi, è il benvenuto».