Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:41:42

“Medio Oriente verso dove?”: su questa provocazione torna a incontrarsi a Venezia il comitato scientifico internazionale di Oasis (www.oasiscenter.eu). La rete internazionale di persone che fanno parte di Oasis, infatti, ogni anno nel mese di giugno si riunisce per affrontare le questioni più brucianti poste dalle circostanze attuali lette in riferimento all’intento originario del Centro: promuovere la conoscenza reciproca tra cristiani e musulmani in vista della costruzione di una vita buona personale e comunitaria. Un anno fa, proprio in questi giorni, Oasis si incontrava in Libano, due anni prima in Giordania, e prima ancora in Egitto. Paesi che, insieme ai vicini, ci appaiono investiti da una profonda mutazione che tocca tutti noi e non può non spingerci ad affrontare con coraggio la domanda: verso dove cammina il Medio Oriente (inteso in senso largo)? Se non vogliamo che sia solo la cronaca spesso partigiana o il temperamento di ciascuno a determinare la risposta, dobbiamo lavorare insieme, ascoltare e osservare con attenzione i fermenti in campo e andare alle questioni di fondo. Non sono uno specialista, ma molti amici che vivono in questi Paesi mi offrono spunti di riflessione importanti: sono rimasto colpito dalla grande rilevanza assunta fin da subito dal tema economico e dei diritti sociali. Le rivolte sono scoppiate in contesti di deprivazione, in ambito giovanile, e una delle richieste ricorrenti è quella del lavoro. Il riflesso sulle società europee, travagliate anch’esse dalla crisi, è stato quasi immediato, con un riacutizzarsi dei flussi migratori, accompagnati da tensioni. E molti analisti ritengono che la vera onda d’urto migratoria debba ancora venire. Un giro d’orizzonte minimamente onesto e realistico esclude così l’idea che si possa continuare con l’attuale sistema economico. E non sarà un caso se il Santo Padre ha dedicato un’enciclica al tema della ricerca di una nuova ragione economica. Insieme alla nuova rilevanza del tema economico si è manifestata una forte richiesta di maggiori libertà individuali e di un controllo più efficace sugli apparati dello Stato. È stata avanzata da alcuni settori una richiesta di riorganizzazione dello spazio pubblico in senso maggiormente pluralista e liberale, cioè capace di ammettere una maggiore differenziazione interna. L’accento sembra essere stato posto su un confronto più libero tra le diverse posizioni in vista di un reciproco riconoscimento. In un certo modo, sia pur in termini radicalmente diversi stante la diversa situazione geopolitica, è emerso il tema che noi, in Occidente, individuiamo con l’espressione una “nuova laicità”, cioè la ricerca di un criterio nuovo, per regolare i modi di una partecipazione di tutti alla vita pubblica, un criterio adeguato alle nostre società plurali e complesse. E c’è di più. I movimenti nordafricani sono nati come rivolte di tipo economico, ma se sono diventate rivoluzioni, ciò è avvenuto perché hanno messo in campo anche una certa idea dell’uomo e della società. In fondo la grande provocazione che si leva dal Nord Africa e Medio Oriente si potrebbe sintetizzare in una domanda radicale: che uomo vuole essere l’uomo del terzo millennio? Il suo proprio esperimento? Oppure un uomo-in-relazione, cioè aperto all’incontro e all’accoglienza dell’altro? È la stessa domanda che in forme diverse scuote sempre più potentemente anche le società occidentali. Quale forma prenderà il cambiamento, come si articolerà il nuovo spazio pubblico in Medio Oriente o in Occidente, dipenderà dalle risposte che la libertà degli attori in gioco saprà fornire. E in proposito gli uomini delle religioni, e noi cristiani non possiamo disertare il campo. * www.angeloscola.it