Tradizione spirituale ed evoluzione storica dello sciismo. Tra le correnti dell’Islam esso si caratterizza per il corpus di insegnamenti attribuiti ai Quattordici Infallibili: Maometto, la figlia Fatima e i dodici imam. E in secondo luogo per un “clero” gerarchizzato che inquadra e gestisce la vita dei fedeli

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:36:51

Nell’opinione corrente lo sciismo sembra connotarsi per due tratti distintivi[1]. In primo luogo una devozione mistica nei confronti di un insieme di persone sante chiamate i Quattordici Impeccabili (ma‘sûm): il profeta Muhammad, sua figlia Fâtima e i dodici imam[2]. In secondo luogo un “clero”, una sorta di teocrazia gerarchizzata e strutturata che inquadra e gestisce la vita dei fedeli. Il primo fattore è al centro della tradizione religiosa sciita e il secondo costituisce l’esito dell’evoluzione storica di una corrente particolare. Il destino spirituale e temporale dello sciismo sembra trovarsi nell’articolazione tra i due. Nella grande diversità delle correnti religiose dell’Islam ciò che caratterizza lo sciismo, la sua specificità in un certo qual modo, è il corpus di tradizioni sante (hadîth), cioè gli insegnamenti attribuiti ai Quattordici Impeccabili e più in particolare agli imam.

Tale corpus è costituito da un immenso insieme di testi di parecchie decine di migliaia di pagine, riuniti in compilazioni le più antiche delle quali, tra quelle giunte fino a noi, sono state redatte grosso modo tra l’850 e il 950 dell’era volgare. È il caso delle raccolte di al-Kulaynî, al-Saffâr o ancora di Ibn Bâbawayh. L’esame delle tradizioni dottrinali di questo corpus mostra chiaramente che lo sciismo è una religione imamologica.

La figura dell’Imam/imam, tanto nella sua dimensione metafisica, divina (lâhût), quanto in quella umana (nâsût), costituisce l’alfa e l’omega della fede a tal punto che tutte le discipline religiose, dalla teologia all’escatologia, dal diritto all’esegesi coranica passando per la cosmologia, la mistica o la filosofia, assumono significato solo in relazione all’imamologia. Volendo riassumere la quintessenza della fede sciita e fondandoci sul corpus delle tradizioni sante, potremmo dire che essa gravita attorno a due visioni del mondo distinte e al tempo stesso interdipendenti. In primo luogo la visione del mondo duale secondo la quale ogni realtà, dalla più alta alla più banale, porta in sé due livelli: un livello manifesto, apparente, essoterico (zâhir) e un secondo livello nascosto dal primo, una dimensione segreta, esoterica (bâtin).

Così in teologia Dio riunisce in sé un’Essenza, un livello nascosto e totalmente inaccessibile, l’Inconoscibile assoluto, e un livello rivelato dai Suoi Nomi e Attributi e veicolato attraverso un essere metafisico che lo sciismo chiama con mille nomi: Imam celeste, Uomo cosmico, Guida primordiale etc. A sua volta questo Imam archetipico possiede un livello nascosto che è precisamente la sua dimensione metafisica e un livello rivelato, apparente, manifestato dalla persona dell’imam terrestre, guida temporale e spirituale per eccellenza, uomo o donna di Dio, il cui statuto sacrale è designato dal complesso termine di walâya (che si potrebbe tradurre con “santa alleanza” o “potere carismatico”). In profetologia, per fare un altro esempio, ogni rivelazione divina, “discesa” sotto forma di Scrittura, possiede anch’essa un livello essoterico, quello della “lettera”, comunicata alla maggioranza dei fedeli dal profeta inviato (rasûl, nabî) e un livello segreto, esoterico, quello dello “spirito”, comunicato a una minoranza d’iniziati dall’imam (o walî, “l’Amico/Alleato di Dio”, detentore della walâya). Così l’imam terrestre, grazie alla sua propria persona e alla sua ermeneutica (ta‘wîl) della lettera della Scrittura (tanzîl), inizia i suoi discepoli a un Segreto il cui contenuto è l’Imam celeste, il Volto rivelato di Dio.

Accanto a questa visione del mondo ne esiste una seconda che può essere definita dualista, secondo la quale la storia del mondo è un combattimento cosmico tra Bene e Male, tra Luce e Tenebre, tra Conoscenza e Ignoranza. Gli Amici di Dio e i loro fedeli, le guide spirituali e i loro iniziati, costituiscono le forze della Conoscenza. Per l’intera durata della storia sono perseguitati, maltrattati o addirittura massacrati dalle forze dell’Ignoranza, cioè dagli avversari dei profeti e degli imam: gli infedeli, ma anche, più spesso, quelli che all’interno di una stessa religione prestano fede solo alla “lettera” di quest’ultima rifiutandone lo “spirito” e così amputando una religione di ciò che essa ha di più essenziale, la sua dimensione esoterica e spirituale. Questi “adepti del solo essoterico” (ahl al-zâhir) fanno della fede uno strumento d’ignoranza e di violenza. La guerra asimmetrica tra le due parti finirà soltanto con la venuta futura dell’imam nascosto, il Mahdî dello sciismo, artefice della vittoria finale e definitiva degli uomini della Conoscenza. Come ci si può rendere conto, è alla persona dell’imam che spetta il ruolo centrale in seno a questa duplice visione del mondo, plasmata attorno a una delle due componenti della religione sciita: la nozione assiale dell’iniziazione, cioè del passaggio dall’apparente all’occulto, e la concezione cosmica della lotta tra Bene e Male.

 

Divieti e Paradossi

Così la tradizione propriamente religiosa dello sciismo è di tipo mistico, esoterico e iniziatico. È anche quietista nel senso che i suoi testi normativi, all’interno del corpus dello Hadîth, stabiliscono una netta distinzione tra la sfera politica e quella religiosa, tra il temporale e lo spirituale, in particolare vietando ai fedeli, per conservarne la purezza della fede, ogni attività politica positiva, che si tratti di cercare di governare abbattendo un potere giudicato ingiusto o di collaborare con un potere considerato giusto. Il divieto vale fino al giorno del Ritorno escatologico dell’imam nascosto, il solo vero Sovrano giusto (sultân ‘âdil). Si situa qui quello che è stato chiamato “il paradosso dello sciismo”, il fatto cioè che una dottrina di tipo iniziatico e quietista abbia potuto dar vita al proprio interno a una tendenza pesantemente politicizzata che è infine sfociata nella vittoria della rivoluzione islamica in Iran nel 1978-79.

Gli inizi di questa lunga evoluzione storica risalgono al IV secolo dell’egira/X dell’era volgare, autentico punto di svolta per l’Islam in generale e per lo sciismo in particolare, perché segnato da diversi avvenimenti decisivi: il IV secolo infatti fu prima di tutto l’epoca degli sciiti al potere (i buwayhidi nel centro del califfato abbaside, gli ismailiti in Africa settentrionale, gli hamdanidi in Siria, i carmati nella regione del Golfo Persico). È anche il momento della svolta razionalista dell’Islam dopo l’assimilazione del pensiero aristotelico grazie alle traduzioni delle opere greche avviate un secolo prima. Da ultimo, è la fine del periodo degli imam storici dei duodecimani, perché nel 329/940-941 l’ultimo imam sarebbe rientrato nella sua Occultazione definitiva (ghayba kubrà) che secondo i fedeli perdura ancora oggi.

La combinazione di queste cause storiche, politiche e religiose, portò, tra le altre cose, all’avvento di una nuova classe di giuristi-teologi duodecimani che gravitavano attorno ai principi buwayhidi e cercavano di giustificarne il dominio per restare nei circuiti del potere. Visto che il califfo abbaside sunnita era ancora al suo posto e i sunniti restavano largamente maggioritari, questi studiosi avvertirono un bisogno pressante di legittimità politica e cominciarono a prendere le distanze rispetto alle dottrine dei loro antichi correligionari che appartenevano alla tradizione originale esoterica e soprarazionale. Ciò avvenne in nome della “ragione”, parola chiave dell’epoca.

Il corpus antico, che conteneva non poche tradizioni giudicate non razionali, fu sottomesso alla nuova scienza dello Hadîth. Un certo numero d’insegnamenti furono dichiarati assurdi dal punto di vista della ragione o sottoposti a nuova interpretazione, in particolare quelli che riguardavano le dottrine di portata esoterica o iniziatica o ancora, continuando sulla stessa lunghezza d’onda, quelli che vietavano ogni attività politica. Inizia così a svilupparsi la nuova tradizione teologico-giuridico razionalista che nei secoli a venire diverrà dominante e maggioritaria isolando sempre più la tradizione esoterica primitiva. Tra i grandi nomi fondatori di questa nuova tradizione possiamo citare al-Shaykh al-Mufîd, al-Sharîf al-Murtadâ o Abû Ja‘far al-Tûsî nel IV-V/X-XI secolo.

Il vuoto d’autorità religiosa creatosi con l’Occultazione dell’imam sarebbe stato progressivamente riempito dal Dottore teologo. Dopo la caduta dei buwayhidi e la repressione degli sciiti di Baghdad la corrente razionalista conobbe successivamente ampi sviluppi nella Scuola della città irachena di Hilla, durante il VII-VIII/XIII-XIV secolo, grazie a pensatori come al-‘Allâma al-Hillî o al-Muhaqqiq al-Hillî.

 

Istituzione del Clero

Un’altra grande svolta sarà rappresentata dall’avvento della dinastia dei safavidi in Iran (1501-1722) e dalla dichiarazione dello sciismo come religione di Stato.

È all’inizio di questo periodo che venne creata e sviluppata l’istituzione del clero sciita, il cui primo compito era fornire una giustificazione alla politica religiosa della dinastia nel confronto con gli ottomani sunniti. I membri del clero si presentavano esplicitamente come continuatori dei dotti razionalisti della Baghdad buwayhide del X secolo. I grandi teologi-giuristi, ormai chiamati “rappresentanti dell’imam nascosto”, si accaparreranno un poco alla volta le prerogative che la tradizione riservava esclusivamente all’imam o alla persona designata esplicitamente da quest’ultimo. Citiamo a titolo d’esempio i famosi “quattro casi giuridici” (al-ahkâm al-arba‘a), cioè la direzione della preghiera collettiva, l’applicazione della giustizia religiosa e delle pene legali coraniche, la raccolta di alcune tasse religiose e la dichiarazione della guerra santa offensiva. La riabilitazione di queste pratiche, “sospese” dall’Occultazione del dodicesimo e ultimo imam nel X secolo in nome della Tradizione, procurò all’istituzione clericale una grande potenza sociale, politica e finanziaria che favorì una progressiva autonomia rispetto alla Corte.

L’ayatollah Khomeini, “Padre della Rivoluzione islamica”, si ricollegava in modo esplicito ai teologi politicizzati dell’epoca buwayhide e dell’era safavide. La sua teologia politica voleva essere l’ultimo passo in questo millenario processo che era andato dalla razionalizzazione all'ideologizzazione della religione, cercando di sostituire alla figura dell’imam quella del Dottore della Legge (faqîh)3. Non è un caso se la sua tesi politica centrale, che utilizza il termine più sacro della tradizione sciita, porta il nome di walâya al-faqîh (“il potere carismatico del Dottore della Legge”). Egli fu il primo “non-Impeccabile” nella storia dello sciismo (dopo il breve intermezzo delle attività di Mûsà Sadr, altro leader politico) a portare il titolo sacrosanto di “imam” (ciò che del resto provocò la collera di un certo numero di autorità religiose e di fedeli). Visti in questa prospettiva, gli ayatollah politicizzati dei nostri giorni non hanno nulla di “fondamentalista”, tanto sembra evidente la rottura con la Tradizione qual è consegnata nelle opere antiche di Hadîth.

Va peraltro sottolineato che la tradizione esoterica originale conobbe anch'essa una notevole fortuna dopo l’ufficializzazione dello sciismo in Iran come religione di Stato, soprattutto attraverso numerose scuole filosofiche (per esempio quelle di Mullâ Sadrâ al-Shîrâzî o di al-Qâdî Sa‘îd al-Qummî) e di grandi confraternite mistiche sciite (per esempio Ni‘matullâhiyya, Dhahabiyya, Khâksâr, Shaykhiyya) che sono restate vive e particolarmente popolari fini ai nostri giorni. Questi fedeli “tradizionalisti”, quietisti e adepti dell’ermeneutica come base di spiritualità pratica, si considerano come i soli continuatori degni di tal nome della “religione degli imam”.

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis

[1] In quest’articolo intendiamo per “sciismo” il suo ramo principale e maggioritario, cioè lo sciismo imamita duodecimano (a dodici imam), religione di Stato in Iran dal XVI secolo. Tra gli altri rami importanti si possono citare lo zaydismo, l’ismailismo e il nusayrismo/alawismo

[2] Scriviamo “imam” con la “i” minuscola quando si tratta di un imam storico fisico (l’insieme dei dodici, cioè gli undici discendenti di Fâtima e suo marito ‘Alî; l’ultimo di questi imam, “l’imam nascosto atteso”, è considerato il Salvatore escatologico) e “Imam” con la “I” maiuscola quando ci riferiamo all’Imam nella sua dimensione metafisica (cfr. infra)

[3] Secondo alcuni occorrerebbe parlare di wilâya (invece di walâya) al-faqîh. Grammaticalmente parlando le due cose sono identiche. Né questo sottile cambio di vocalizzazione né le discussioni scolastiche riguardo al termine tolgono alcunché alla sua sacralità nell'inconscio collettivo degli sciiti

Per citare questo articolo

 

Riferimento al formato cartaceo:

Testo di Mohammad Ali Amir-Moezzi, Mistica e ragione nella religione degli Impeccabili, «Oasis», anno V, n. 10, dicembre 2009, pp. 97-99.

 

Riferimento al formato digitale:

Testo di Mohammad Ali Amir-Moezzi, Mistica e ragione nella religione degli Impeccabili, «Oasis» [online], pubblicato il 3 dicembre 2009, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/origini-sciismo-tradizione-storia-dottrina

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