Il fondamentalismo scatta invece là dove la religione diventa il primo, unico e ultimo riferimento.

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:11:48

La situazione del Libano è assai diversa da quella di tutto il resto del mondo arabo: è l'unico dei 22 paesi arabi a non essere "musulmano", bensì una realtà "bi-religiosa". Caratteristica propria del Paese è, infatti, che tutto il sistema è costruito su due comunità, l'una musulmana e l'altra cristiana, ciascuna a sua volta composta da sotto-comunità.

Le due vivono in una condizione di parità che si manifesta, per esempio, nel Parlamento: in esso siedono 64 cristiani e 64 musulmani. O ancora nella divisione dei compiti e ruoli di potere. Il Presidente della Repubblica è cristiano del sotto-gruppo cattolico-maronita, il Primo Ministro è musulmano sunnita e il Presidente del Parlamento è musulmano sciita.

In genere in tutti gli uffici statali si cerca un equilibrio nel numero degli impiegati di alto livello cristiani e musulmani, anche se la cosa diventa sempre più difficile visto l'aumentare del numero dei musulmani (ormai il 60-65% della popolazione) e il diminuire dei cristiani (circa il 35-40 %).
Tutto ciò è molto rilevante perché significa che i musulmani libanesi - per quanto siano la maggioranza e lo stiano diventando in modo sempre più massiccio - ritengono importante per la loro vita mantenere l'equilibrio islamo-cristiano, anche contro una stretta logica delle proporzioni nella rappresentanza che sarebbe sfavorevole alla minoranza dei cristiani.
Non si può sapere fino a quando questa situazione durerà, ma per il momento l'esperienza libanese sotto questo profilo è positiva e lo resterà finché non prevarranno forme di confessionalismo.

D'altra parte non abbiamo in Oriente un sistema che possa dirsi perfetto. Non è possibile adottare e traslocare in Oriente sistemi validi per l'Occidente, tipo il sistema statale per cui i cittadini sono anonimi e tutti uguali o un sistema tipo quello francese o americano. Non avrebbe senso né fondamento, perché questi presuppongono un forte e quasi esclusivo riferimento allo Stato che viene prima di tutto, mentre in Libano il primo punto di riferimento è la propria appartenenza religiosa, in secondo luogo lo Stato.


Grazie a questo tipo di organizzazione, in Libano il problema della libertà religiosa in parte è risolto o "prevenuto".

Un esempio della storia recente aiuta a capire come. Tre o quattro anni fa, per caso, presso gli uffici del Ministero degli Interni si scoprì un documento, già pronto per essere firmato, che prevedeva l'inserimento del Libano in un progetto del Sisco (associazione islamica che corrisponde all'incirca all'Unesco) di promozione di programmi islamici nelle scuole. È stato subito bloccato. Tutti i giornali cristiani reagirono ribadendo il principio di libertà che ha sempre qualificato il Libano anche in campo religioso.

L'esempio spiega che anche quando qualcuno prova a modificare l'attuale situazione, vince il principio dell'equilibrio e della parità nella rappresentanza e nei trattamenti nei confronti delle diverse comunità religiose.
In Libano tu puoi suonare le campane della chiesa come vuoi, così come un altro può chiamare alla preghiera in moschea come vuole, libertà che non si conosce negli altri paesi dove tutto è controllato e misurato.

Un altro esempio viene dal mondo universitario: in Libano puoi studiare in un'università cristiana, cosa che non accade in nessuno dei 22 paesi arabi. Vige il principio della parità intesa in questo senso: se vuoi avviare un'università cattolica o ortodossa, lo puoi fare, ma deve aprire anche una musulmana (o viceversa). Quando i monaci Antonini manifestarono la richiesta di costruire un'università, il permesso gli fu accordato, ma dovettero aspettare che da parte musulmana ci fosse una simile richiesta. Così se ne costruirono due nuove.
Agli altri paesi musulmani un Libano siffatto può insegnare che la presenza cristiana è un "di più" per il mondo arabo-musulmano.
Anche se l'espressione può apparire semplicistica, la presenza dei cristiani, che sono per una certa predisposizione più aperti e vicini all'Occidente, essendo quest'ultimo di matrice cristiana, può aiutare il Paese a essere aperto tanto a comprendere l'Oriente quando l'Occidente.

L'esperienza del Libano può mostrare al Medio Oriente che la libertà religiosa - e, in senso più ampio, la dimensione religiosa -, che non coincide con il fanatismo, non costituiscono un freno per la società, ma uno stimolo continuo; non è un pericolo per la laicità, ma una ricchezza da condividere. Perché là dove ci sono opinioni e giudizi diversi che si confrontano, è più concreta e fondata la possibilità di una critica reciproca che fa crescere e tendere al meglio.

In Libano lo vediamo anche rispetto ai problemi legati ai valori fondamentali della vita, della bioetica, per esempio, e sui problemi etici in generale.
Il freno può essere invece rappresentato da un certo modo di vivere le tradizioni che limitano questa libertà. Per esempio nel campo dei matrimoni tra persone di fede diversa. La legge non li rende impossibili, ma le tradizioni consolidate li rendono difficili da gestire, soprattutto in vista dell'educazione dei figli, del loro eventuale battesimo, dei rapporti tra parenti vicini, ecc.

Sia in ambienti cattolici che sunniti o sciiti, le tradizioni e le consuetudini antiche in qualche modo azzoppano la libertà religiosa.
Alla luce di tutto questo il Libano resta una realtà da conoscere, un modello da considerare anche come esempio cui ispirarsi altrove soprattutto in Medio Oriente e da difendere da chi lo vuol snaturare.