Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:40:41

Conversazione con Yadh Ben Achour (nella foto), giurista tunisino, esperto di diritto pubblico e teorie politiche islamiche, Presidente della Alta Istanza per la Realizzazione degli Obiettivi della Rivoluzione L’Assemblea costituente tunisina sta scrivendo la nuova Costituzione del Paese. A che punto sono i lavori? Quando prevede che sarà approvata la nuova Carta? La Costituente lavora alla Costituzione dall’inizio del 2012. È suddivisa in sei commissioni costituzionali che stanno procedendo in maniera asimmetrica nel proprio lavoro. La commissione incaricata del Preambolo ha finito e presentato una bozza di testo. Essa sarà dunque discussa nell’Assemblea plenaria, dopo un passaggio al Comitato di redazione. Non penso che la nuova Carta sarà approvata prima dell’ottobre 2012, ma entro la fine di quest’anno o l’inizio del prossimo sarà pronta. A proposito della bozza del Preambolo, essa non contiene alcun riferimento specifico alla sharî‘a ma chiama piuttosto in causa il primato della legge civile (qânûn) e insiste sugli obiettivi della rivoluzione. Sappiamo che non è stato semplice raggiungere un accordo sulla questione sharî‘a, soprattutto tra i membri del partito islamico di an-Nahda. Ma in generale come è stata accolta la bozza? Effettivamente ci sono state delle reticenze. Molti islamisti non sono d’accordo su questo punto e c’è ancora qualcuno che chiede l’applicazione della sharî‘a. Ma il preambolo è stato molto ben accolto dalle organizzazioni non-governative, dai partiti dell’opposizione, dalla società civile, dagli intellettuali, dagli artisti. Se si fosse inserito nella Costituzione il riferimento alla sharî‘a si sarebbero scatenati innumerevoli conflitti. Perciò è bene che il partito al potere abbia rinunciato a questa disposizione. Nel giugno scorso, una mostra d’arte accusata dai salafiti di essere blasfema è stata all’origine di violente manifestazioni in tutto il Paese. Come valuta la reazione del partito islamista di an-Nahda, prima forza del governo tunisino? Penso che an-Nahda abbia reagito molto male, perché ha messo sullo stesso piano le violenze esercitate dai salafiti e il valore sacro della libertà di espressione artistica. Non si può equiparare tutto. Il potere e an-Nahda si sono schierati piuttosto dalla parte dei valori sacri che da quella della libertà di creazione e di espressione. Occorrerebbe invece accentuare la libertà di espressione, di coscienza, etc., ciò che peraltro ha fatto il Presidente della Repubblica Marzouki in un discorso di alcuni giorni fa. Tuttavia, in una conferenza stampa trasmessa da al-Jazeera, Rashid al-Ghannoushi, leader di an-Nahda, ha condannato duramente l’azione dei salafiti. È forse la prima volta che un rappresentante islamista condanne in modo così deciso il ricorso alla violenza e più in generale l’interpretazione salafita dell’Islam… È vero che c’è stata una condanna da parte del capo del partito, del Ministro dell’Interno, e del Presidente della Repubblica. Credo che ora si sia creato un certo consenso intorno alla libertà di espressione, soprattutto di espressione artistica. Ma l’idea del rispetto delle cose sacre è pericolosa, perché potrebbe diventare un alibi per soffocare il pensiero e la libertà di coscienza. È dunque necessario vigilare su questo punto e fare in modo che la società civile difenda la libertà di creazione artistica e in generale la libertà intellettuale. A suo avviso, in che misura gli altri Paesi arabi, a loro volta impegnati in una fase di transizione, potranno ispirarsi all’esperienza tunisina? Non abbiamo lo stesso livello di sviluppo politico, né, soprattutto, di sviluppo culturale. La Tunisia, come la Turchia, beneficia di un’esperienza modernizzatrice, che negli altri Paesi arabi non avuto luogo, neppure in Egitto, che pur avendo conosciuto il movimento riformista prima della seconda guerra mondiale, per cause sociali è tornato a schemi di pensiero, di convinzione, di religione, arretrati. Credo che la Tunisia resterà un caso eccezionale nell’evoluzione del mondo arabo.