La ricchezza delle tradizioni di Terra Santa

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:37:04

In basso la Valle del Cedron punteggiata di olivi centenari, più in alto la distesa di tombe addossate ai bastioni del Tempio e sulla spianata la Cupola della Roccia scintillante al sole. Un poco più a destra, per chi guarda dall’Orto degli Ulivi, la cupola bluastra della Basilica del Santo Sepolcro, ricostruita dopo il grave incendio del 1808. A sinistra invece la moschea di al-Aqsa, quel «Tempio Ultimo dai benedetti precinti» menzionato nel folgorante esordio della sura XVII.

Salita alla Cupola della RocciaEcco la Gerusalemme da cartolina, l’icona devota da cui espungere mentalmente i grattacieli della città nuova, la metropolitana leggera in lenta costruzione e un ponte di Calatrava che con il celebre fratello veneziano condivide una storia tormentata. E da cui cancellare soprattutto il filo spinato, il Muro e le mille contraddizioni di una terra troppo angusta per la storia che la popola.

In Terra Santa il valore della testimonianza è palpabile ovunque: senza un continuo, gigantesco passaparola, inciso nei segni lasciati dai pellegrini di ogni fede e registrato nei loro resoconti di viaggio, oggi non sapremmo indicare con sicurezza quasi nessuno dei luoghi che hanno reso celebre in tutto il mondo il lembo di terra che s’inerpica e precipita tra il Giordano e il mare. Ed è proprio in questa secolare corrente di testimoni che Benedetto XVI ha scelto di inserire la sua straordinaria visita.

Gli anelli della lunga catena sono fatti per lo più da persone comuni: contemporanei (lo si vede da mille dettagli, anche nel modo di vestire), ma eredi di un passato. Una donna prega al Muro Occidentale, dove, secondo la tradizione ebraica, si trasferì la Shekinah, la Presenza dell’Altissimo, dopo la distruzione del Secondo Tempio e la fine dei sacrifici rituali. Un improvvisato portacroce percorre la Via Dolorosa tra l’indifferenza dei rari passanti. Un gruppo di pellegrini sosta presso la Pietra dell’Unzione, all’ingresso della Basilica del Santo Sepolcro.Il monastero russo di Santa Maria Maddalena

In alcuni punti il sacro prende decisamente il sopravvento: al Calvario, ad esempio, vegliato da un monaco ortodosso. O presso il Sepolcro vuoto. Le impalcature in metallo che lo circondano si sono trasformate in un immenso candeliere, in attesa che le diverse confessioni cristiane trovino un accordo per il restauro. Nel frattempo, e chissà per quanto ancora, il Pope ortodosso siede imperscrutabile su una panca di legno.

Dopo gli scontri del settembre 2000 la spianata delle moschee, uno tra i luoghi santi dell’Islam, è una zona ad alta tensione. I turisti possono accedervi solo per qualche ora al giorno e ai non-musulmani è proibito l’ingresso nella Cupola della Roccia: secondo la tradizione essa racchiude la pietra sopra la quale Abramo si accinse a immolare il figlio (Isacco per gli ebrei e i cristiani, Ismaele per la tradizione maggioritaria – ma non unica – tra i musulmani) e da qui Muhammad avrebbe iniziato la sua mistica ascensione verso il Paradiso, dopo essere stato trasportato miracolosamente dalla Mecca. Eppure qualche sprazzo di vita quotidiana si fa strada anche qui.

Un pope ortodosso veglia nei pressi del SepolcroLe tradizioni rivaleggiano: il monastero fondato dagli zar di Russia per competere con la cupola dorata dei musulmani per un effetto ottico sembra protendersi sulla distesa di tombe ebraiche. Comporre il quadro non è impresa agevole e alcuni compromessi risultano sorprendenti, come la Chiesa dell’Ascensione, trasformata in moschea ma in cui i cristiani possono celebrare Messa una volta l’anno. Dopo gli incidenti del 2000 un gigantesco viadotto in legno separa i flussi diretti alla zona del Tempio e alle porte della città vecchia più che delle virtù della Donna celebrata nel Libro dei Proverbi si discute degli ultimi drammatici fatti di cronaca, di politica e della sua assenza.

Non tutto è buono in queste tradizioni, molto è unilaterale, riformabile, umano e troppo umano. Il loro peso sembra a volte insostenibile. Ma senza di esse l’umanità, anche l’umanità di Terra Santa, sarebbe infinitamente più povera.

 

Fotografie per gentile concessione di Leonora Giovanazzi (flickrname Lyonora)

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis.

Per citare questo articolo

 

Riferimento al formato cartaceo:

Martino Diez, Gerusalemme, istanti di vita, «Oasis», anno V, n. 9, luglio 2009, pp. 120-128.

 

Riferimento al formato digitale:

Martino Diez, Gerusalemme, istanti di vita, «Oasis» [online], pubblicato il 1 luglio 2009, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/gerusalemme-terra-santa-tradizioni.

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