20 anni di Oasis. Il messaggio del fondatore, il cardinal Angelo Scola, Arcivescovo emerito di Milano, alla conferenza "Guerra e migrazioni. Ripensare i rapporti tra Occidente e mondo musulmano" del 26 settembre 2024

Ultimo aggiornamento: 01/10/2024 15:25:41

Eccellenze reverendissime,
Egregio Presidente della Fondazione Oasis,
Chiarissimi Professori e cari amici di Oasis,


non riuscendo a partecipare di persona alla conferenza "Guerra e migrazioni. Ripensare i rapporti tra Occidente e mondo musulmano", che si svolge in occasione del ventesimo anniversario di Oasis, tengo a farvi pervenire questo messaggio, attraverso il quale vorrei rilanciare brevemente l’intuizione originale e verificarla alla luce dei cambiamenti occorsi.

 

Quando l’avventura di Oasis iniziò a Venezia nel 2004, il nostro obiettivo era innanzitutto quello di favorire uno scambio teologico-culturale tra Chiese europee e Chiese del Medio Oriente, dell’Africa e dell’Asia. L’arricchimento reciproco che ne sarebbe venuto ci avrebbe aiutato a leggere la variegata realtà dell’Islam, facendo soprattutto tesoro dell’esperienza dei cristiani che vivevano a stretto contatto con i fedeli musulmani. Già due decenni fa la loro situazione era molto precaria in diverse parti del mondo e in particolare in Medio Oriente. Oggi molte delle antiche comunità cristiane mediorientali, penso alla Siria o all’Iraq, sono ridotte al lumicino, mentre un Paese come il Libano, dove i cristiani hanno svolto un ruolo culturale e politico di primo piano, attraversa una crisi forse irreversibile. Ha ancora senso mettere l’accento su questa dimensione? A mio avviso sì, per almeno tre ragioni. In primo luogo, ci sono comunità la cui rilevanza non dipende dalla loro consistenza numerica. La testimonianza - contenuto essenziale della vita cristiana e metodo di ogni dialogo - non è un problema quantitativo. Ad esempio, come ci ha detto l’anno scorso l’Arcivescovo di Rabat, S.Em. il Cardinal Lopez Romero, in occasione della Conferenza "Cambiare rotta. I migranti e l’Europa", la «Chiesa in Marocco è insignificante, ma allo stesso tempo è significativa». ln questi mesi, poi, mi ha molto colpito la testimonianza di S.Em. il Card. Pizzaballa, che in mezzo all’immane tragedia del conflitto a Gaza sa trovare parole e gesti per alimentare la speranza della sua gente e non solo. In secondo luogo, non possiamo non interrogarci sul fenomeno delle nuove e vivaci comunità cristiane dei Paesi del Golfo che, per quanto silenziosamente e lentamente, stanno contribuendo a trasformare le società della penisola araba. Anche per questo sono molto lieto della cooperazione che in questi anni si è andata sviluppando con S.E. Mons. Martinelli, Vicario apostolico dell’Arabia Meridionale, il quale peraltro interverrà oggi alla conferenza. Infine, anche dove fisicamente i cristiani stanno scomparendo, non bisogna disperdere la memoria di quello che la loro presenza ha significato e prodotto in termini sociali, culturali e artistici.

 

Insieme allattenzione per i cristiani dOriente, da cui è immediatamente scaturita una spinta a conoscere meglio la realtà dellIslam, laltro fulcro del lavoro di Oasis è stata la riflessione su quello che da subito ho definito "il meticciato di civiltà e culture", inteso non come progetto, bensì come processo in atto di mescolamento di popoli, culture e fatti spirituali. Mi pare che lurgenza di tale riflessione sia stata non soltanto confermata, ma addirittura acuita dallattualità, come dimostrano limponente fenomeno delle migrazioni internazionali e, almeno in Italia, il ricorrente dibattito sulla riforma della legge sulla cittadinanza. Naturalmente, la categoria del meticciato richiede opportune chiarificazioni, soprattutto quando in gioco cè lincontro tra cristiani e musulmani. Come ho avuto occasione di affermare in vari contributi elaborati per Oasis, a interagire ed eventualmente a mescolarsi non sono i nuclei dogmatici di Cristianesimo e Islam, bensì le interpretazioni culturali delle fede che cristiani e musulmani hanno sviluppato e sviluppano nel corso del tempo e alla luce delle circostanze che si trovano a vivere. In questo senso, dicevo in un editoriale della rivista, il meticciato può essere inteso come «unilluminazione reciproca», cioè «unoggettiva rilevanza culturale che il Cristianesimo oggi assume per lIslam, e viceversa». Credo sia una prospettiva da tenere a mente mentre si ragiona di rapporti tra Occidente e mondo musulmano.


Un terzo aspetto, che ho già citato e mi preme richiamare, è quello della testimonianza. Sin dallinizio del nostro lavoro abbiamo avvertito linsufficienza di categorie come "tolleranza" o "integrazione", non per quello che esprimono, ma per quel di più dimplicazione personale che non sanno trasmettere. In ogni processo dincontro, a fare ultimamente la differenza sono infatti latteggiamento e il coinvolgimento dei soggetti e quindi la loro autoesposizione testimoniale. In altre parole, la loro libertà. Il profondo travaglio che attraversano oggi le nostre società può essere interpretato anche come una crisi della libertà. In alcuni casi questa è negata, ma in molti altri è distorta o ridotta a una libertà di scelta che non è minimamente allaltezza delle sfide che abbiamo di fronte.


Unultima notazione la ricavo dal nome stesso di Oasis. Esso fu adottato, su proposta dellallora giovanissimo caporedattore della rivista, per due ragioni. Una è di natura linguistica. Si tratta infatti di un termine di origine egizia, che si ritrova nel copto wah, ed è passato sia nellarabo al-wàha che nelle lingue indoeuropee, appunto come oasis. La nostra scelta voleva dunque esprimere la possibilità di una comprensione interculturale reciproca, proprio a partire dalla dimensione linguistica e dalla circolazione delle idee e delle parole tipica del mondo mediterraneo fin dalla sua più remota antichità. Questattenzione linguistica rimane centrale nelle attività della Fondazione, come si può vedere tra le altre cose dalla rassegna dalla stampa araba che viene prodotta settimanalmente. Ma quella delloasi è anche limmagine utilizzata da San Giovanni Paolo II nel suo storico discorso alla moschea omayyade di Damasco. In quelloccasione, il Papa disse che «sia i musulmani sia i cristiani hanno cari i loro luoghi di preghiera, come oasi in cui incontrano il Dio Misericordioso lungo il cammino per la vita eterna, e i loro fratelli e le loro sorelle nel vincolo della religione».


Auguro alla Fondazione Oasis di continuare ad essere un luogo dincontro fecondo, in cui la relazione con Dio diventi sorgente di cultura e principio di vita buona.


+ Angelo card. Scola

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Oasiscenter
Abbiamo bisogno di te

Dal 2004 lavoriamo per favorire la conoscenza reciproca tra cristiani e musulmani e studiamo il modo in cui essi vivono e interpretano le grandi sfide del mondo contemporaneo.

Chiediamo il contributo di chi, come te, ha a cuore la nostra missione, condivide i nostri valori e cerca approfondimenti seri ma accessibili sul mondo islamico e sui suoi rapporti con l’Occidente.

Il tuo aiuto è prezioso per garantire la continuità, la qualità e l’indipendenza del nostro lavoro. Grazie!

sostienici