Reasons For Our Hope è un progetto realizzato dal McGrath Institute for Church Life e dalla Fondazione Oasis per favorire la conoscenza tra cristiani e musulmani

 

La pace sia su di voi, in arabo as-salāmu ‘alaykum.

Siamo lieti di presentarvi questo progetto che si propone di rispondere ad alcune domande che i musulmani si fanno sul Cristianesimo. Perché abbiamo preso questa iniziativa? Perché sappiamo che molti musulmani sono insoddisfatti degli stereotipi abituali sul Cristianesimo. Cercano qualcosa di più profondo. Cosa non meno importante, siamo anche convinti che i cristiani possono raggiungere una comprensione nuova della loro fede prendendo sul serio le domande dei musulmani.

Molti cristiani che hanno studiato l’Islam si sono sentiti chiedere dai loro amici musulmani: «Adesso che conosci l’Islam, perché non ti fai musulmano?». Nei nostri video speriamo di illustrare perché i cristiani restano cristiani, per spiegare e condividere le “ragioni della nostra speranza”, come dice l’apostolo Pietro. Vogliamo farlo in un modo che sia al tempo stesso significativo per i musulmani e rispettoso della loro ricca tradizione spirituale.


Nel nostro tentativo abbiamo trovato ispirazione nelle parole di Papa San Giovanni Paolo II, che nel 2001 scrisse una lettera a tutti i cattolici del mondo per delineare le priorità della Chiesa per il nuovo millennio. Tra di esse Giovanni Paolo II attribuì un posto speciale al dialogo:

Nella condizione di più spiccato pluralismo culturale e religioso, quale si va prospettando nella società del nuovo millennio, tale dialogo è importante anche per mettere un sicuro presupposto di pace e allontanare lo spettro funesto delle guerre di religione che hanno rigato di sangue tanti periodi nella storia dell'umanità. Il nome dell'unico Dio deve diventare sempre di più, qual è, un nome di pace e un imperativo di pace.
 
Ma il dialogo non può essere fondato sull'indifferentismo religioso, e noi cristiani abbiamo il dovere di svilupparlo offrendo la testimonianza piena della speranza che è in noi. […] Il dovere missionario, d'altra parte, non ci impedisce di andare al dialogo intimamente disposti all'ascolto. Sappiamo infatti che, di fronte al mistero di grazia infinitamente ricco di dimensioni e di implicazioni per la vita e la storia dell'uomo, la Chiesa stessa non finirà mai di indagare, contando sull'aiuto del Paraclito, lo Spirito di verità, al quale appunto compete di portarla alla «pienezza della verità».
 
Questo principio è alla base non solo dell'inesauribile approfondimento teologico della verità cristiana, ma anche del dialogo cristiano con le filosofie, le culture, le religioni. Non raramente lo Spirito di Dio, che «soffia dove vuole», suscita nell'esperienza umana universale, nonostante le sue molteplici contraddizioni, segni della sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo a comprendere più profondamente il messaggio di cui sono portatori. Non è stato forse con questa umile e fiduciosa apertura che il Concilio Vaticano II si è impegnato a leggere i «segni dei tempi»? Pur attuando un operoso e vigile discernimento, per cogliere i «veri segni della presenza o del disegno di Dio», la Chiesa riconosce che non ha solo dato, ma anche «ricevuto dalla storia e dallo sviluppo del genere umano». Questo atteggiamento di apertura e insieme di attento discernimento il Concilio lo ha inaugurato anche nei confronti delle altre religioni. Tocca a noi seguirne l'insegnamento e la traccia con grande fedeltà.


(Novo Millennio ineunte, nn. 55-56)
 

Queste parole di Giovanni Paolo II esprimono fino in fondo quello che desideriamo fare. A voi giudicare se siamo riusciti ad approssimarci a questo ideale. Wa-’llāhu al-mustaʿān, e Dio è Colui che si invoca in aiuto.
 
Fondazione Internazionale Oasis
McGrath Institute for Church Life
 

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