Dopo l’annullamento della laurea (obbligatoria per essere presidente in Turchia), la polizia ha arrestato il sindaco di Istanbul, candidato in pectore per le presidenziali del 2028. Erdoğan prepara il terreno per un ulteriore mandato?
Ultimo aggiornamento: 20/03/2025 11:43:15
Il 23 marzo 2025 il sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu, avrebbe dovuto diventare il candidato presidenziale dell’opposizione turca. Al contrario, in questi giorni ha perso la sua libertà e la laurea.
Il 18 marzo, il politico – considerato un potente rivale del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, al potere da lungo tempo – si è visto revocare la laurea dall’Università di Istanbul. Il giorno successivo, İmamoğlu è stato arrestato insieme a membri del suo staff e a un sindaco distrettuale di Istanbul. Come esperto di politica turca, ritengo che il tempismo di queste due misure indichi come Erdoğan tema davvero che l’attuale sindaco di Istanbul sia una minaccia seria al suo dominio lungo 22 anni.
Le oltre 100 persone arrestate nel blitz della polizia a Istanbul appartenevano tutte al principale partito di opposizione turco, il Partito Popolare Repubblicano (CHP), creato dal fondatore della Turchia moderna, Mustafa Kemal Atatürk. Le accuse contro di loro comprendono corruzione, costituzione di un’organizzazione criminale e, attraverso la collaborazione con il partito politico filo-curdo, favoreggiamento del PKK, un gruppo curdo designato come organizzazione terroristica dalla Turchia.
Ciò che rende questa accusa ancora più sconcertante è il fatto che essa arriva proprio mentre il governo sta promuovendo Abdullah Öcalan, leader del PKK, come un pacificatore che dissolverà l’organizzazione. L’inversione di rotta su Öcalan, confinato in un carcere turco da 26 anni, è vista dagli osservatori politici come un tentativo di Erdoğan di ottenere il sostegno curdo per un emendamento costituzionale che eliminerebbe il limite di mandati presidenziali, permettendogli così di candidarsi nuovamente.
Presidente a vita?
Secondo la Costituzione turca un presidente può essere eletto per due mandati presidenziali quinquennali consecutivi. Erdoğan è già stato eletto tre volte, ma ha giustificato la sua terza candidatura sostenendo che il suo primo mandato si fosse svolto prima degli emendamenti costituzionali del 2017 che hanno istituito l’attuale sistema. Se il limite venisse eliminato, potrebbe essere rieletto per un quarto mandato – e potenzialmente oltre. Il principale ostacolo ai piani di Erdoğan è İmamoğlu, che sembra essere significativamente più popolare del presidente in carica. La revoca della laurea, conseguita 31 anni fa, è stata vista come un tentativo di squalificarlo dalle elezioni presidenziali e come un pretesto per annullare le primarie del CHP previste per il 23 marzo. Secondo la Costituzione turca, infatti, un candidato presidenziale deve essere laureato.
Le accuse contro İmamoğlu sembrano avere un obiettivo ancora più ambizioso: impedirgli di ricoprire qualsiasi carica pubblica, compresa quella di sindaco. Ciò rappresenterebbe una tripla vittoria per Erdoğan: potrebbe riprendersi Istanbul nominando un funzionario di sua fiducia, portare avanti le modifiche costituzionali intimidendo i parlamentari, ed eliminare il suo rivale più forte da qualsiasi futura corsa presidenziale.
Il tentativo di concentrazione del potere e il prolungamento dei mandati di Erdoğan potrebbero causare la trasformazione del sistema politico turco, che passerebbe dall’essere una democrazia imperfetta a una “dittatura elettiva” simile a quella di Vladimir Putin in Russia. È per questo che il leader del CHP, Özgür Özel, ha definito le misure contro İmamoğlu «un colpo di Stato contro il diritto del popolo di scegliere il proprio leader».
Addio elezioni libere?
Erdoğan è un maestro nelle strategie elettorali: sa come promuovere politiche populiste, manipolare i media e influenzare le pratiche elettorali per ostacolare i partiti di opposizione.
La presenza di rivali deboli – per caso o per via delle sue stesse manipolazioni – è stato un elemento chiave del suo successo elettorale negli ultimi vent’anni. Sotto la guida del suo ex leader Kemal Kılıçdaroğlu, il CHP ha subito diverse sconfitte nelle elezioni presidenziali, parlamentari e municipali contro il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) di Erdoğan. La prima vera sfida a questa strategia elettorale è arrivata con le presidenziali del 2023, quando i sondaggi mostravano che İmamoğlu, a differenza di Kılıçdaroğlu, era più popolare di Erdoğan.
Nel tentativo apparente di neutralizzare la minaccia, cinque mesi prima delle elezioni un tribunale aveva condannato İmamoğlu a due anni e mezzo di carcere per aver insultato pubblici ufficiali, definendo “idioti” i membri del Consiglio Supremo Elettorale della Turchia. La sentenza è attualmente in appello; se confermata, impedirebbe a İmamoğlu di ricoprire cariche pubbliche.
Nel 2023, piuttosto che sostenere İmamoğlu, Kılıçdaroğlu insistette nel candidarsi personalmente contro Erdoğan, discostandosi dalle due elezioni presidenziali precedenti, in cui il leader del CHP aveva appoggiato altri candidati. Kılıçdaroğlu, alla fine, perse. Dopo la sconfitta, Kılıçdaroğlu è stato rimosso dalla leadership del CHP, e il nuovo capo del partito adesso sostiene İmamoğlu come candidato presidenziale. L’attuale popolarità di quest’ultimo supera quella di Erdoğan, rendendolo il candidato dell’opposizione più forte degli ultimi vent’anni.
Il calo di popolarità di Erdoğan
Durante il suo lungo governo, il presidente turco ha seguito una strategia in due fasi per mantenere il potere: vincere le elezioni per ottenere legittimazione e contemporaneamente consolidare il controllo attraverso mezzi autoritari, tra cui l’incarcerazione di giornalisti e la criminalizzazione degli oppositori politici. Tuttavia, le elezioni municipali del 2024 hanno segnato un cambiamento nella politica interna. Per la prima volta dal 2002, l’AKP di Erdoğan è sceso al secondo posto, mentre il CHP è diventato il primo partito per numero di voti, ottenendo vittorie importanti sia a Istanbul – dove İmamoğlu è stato rieletto – che ad Ankara, la capitale turca, dove Mansur Yavaş ha vinto un altro mandato.
Uno dei principali fattori del calo di popolarità di Erdoğan e del suo partito è la crisi economica in corso. Dal 2022, l’inflazione annuale della Turchia si aggira intorno al 50%, ciò che riduce il potere d’acquisto e causa una fuga di cervelli, con cittadini qualificati che cercano migliori opportunità all’estero. La crisi è ampiamente attribuita alle politiche economiche di Erdoğan, in particolare alla sua insistenza nel ridurre i tassi di interesse per combattere l’inflazione, in contrasto con le teorie economiche convenzionali. Nonostante un recente cambio di politica, la lira turca continua a deprezzarsi. Cinque anni fa, un dollaro americano veniva scambiato per 5 lire turche; oggi ne servono 40.
Perché İmamoğlu è nel mirino?
L’incarcerazione non è una tattica nuova in Turchia per silenziare gli oppositori. Selahattin Demirtaş, ex leader del filo-curdo Partito Democratico dei Popoli (HDP), è in carcere da oltre otto anni con accuse di terrorismo; Ümit Özdağ, leader del partito della Vittoria (ZP, di estrema destra), è stato imprigionato due mesi fa per aver insultato Erdoğan e incitato all’odio. Entrambi gli uomini erano voci critiche nei confronti del presidente turco e potevano causare problemi, ma nessuno dei due rappresentava una vera minaccia al suo potere. Ciò che rende İmamoğlu unico è la sua capacità di attrarre un ampio consenso tra blocchi elettorali differenti. Può contare sul voto curdo, mantenendo al contempo solide relazioni con i politici nazionalisti, grazie al suo carisma e alle sue abilità oratorie. Ancora più importante, İmamoğlu è in grado di conquistare sia gli elettori laici che quelli religiosi. Riceve il sostegno di una parte della società turca che aderisce alla visione laica di Atatürk, ma allo stesso tempo riesce a fare appelli agli elettori più conservatori, per esempio recitando pubblicamente versi del Corano.
Questa capacità di unire diverse fasce di elettorato ha aiutato İmamoğlu a sconfiggere due volte il partito di Erdoğan a Istanbul nel 2019. Dopo la prima sconfitta, Erdoğan si rifiutò di accettare il risultato e il Consiglio Supremo Elettorale annullò le elezioni. La rielezione di İmamoğlu nel 2024 ha consolidato la sua reputazione di leader capace di battere Erdoğan alle urne. Il recente arresto del popolare politico ha scatenato proteste in più città, un fenomeno raro in Turchia nell’ultimo decennio. L’episodio ha anche coinciso con un calo del 7% della Borsa turca, ciò che indica come gli investitori vedano in questi fatti un segno di instabilità politica.
Ciò che gli eventi degli ultimi giorni hanno dimostrato è che il solo sostegno popolare potrebbe non bastare per consentire a İmamoğlu di candidarsi alla presidenza: dovrà anche affrontare e superare gli ostacoli giudiziari e le manovre per escluderlo dal voto.
Ahmet T. Kuru è professore di scienza politica alla San Diego State University (USA) e autore del libro Islam, Authoritarianism, and Underdevelopment. Qui una recensione.
Questo articolo è stato inizialmente pubblicato su The Conversation.