Edizione straordinaria della rassegna stampa araba sul Forum inter (e intra) religioso tenutosi nel Regno del Bahrein dal 3 al 6 novembre, tra resoconti celebrativi, critiche e silenzi
Ultimo aggiornamento: 27/03/2024 14:46:59
A differenza di altri eventi interreligiosi cui Papa Francesco ha partecipato in passato, il “Dialogo tra Oriente e Occidente” svoltosi la settimana scorsa in Bahrein non ha suscitato molti commenti nella stampa araba. Fanno naturalmente eccezione le testate del piccolo Stato del Golfo che, in linea con l’orientamento governativo, si sono impegnate nella promozione e nella celebrazione di quello che è considerato un evento di importanza storica. Al-Ayyam, uno dei principali quotidiani del Paese, ha seguito il Forum per tutta la sua durata, corredando la sua cronaca di un ricco album fotografico, dettagliati resoconti delle giornate e numerosi titoli di ringraziamento, tra cui spicca la prima pagina dell’edizione cartacea del 6 novembre, su cui campeggia la foto del Pontefice e del Re del Bahrein Hamad bin ‘Isa Al Khalifa, accompagnata dalla scritta in arabo (e in italiano) “Grazie Papa Francesco”.
L’incontro, si sottolinea nell’articolo alla pagina successiva, è servito a riaffermare i principi della «convivenza e della tolleranza reciproca tra le varie religioni» imprescindibili, da un lato, per garantire l’armonia delle società europee e mediorientali e, dall’altro, per porre fine alla crisi internazionale scaturita dal conflitto russo-ucraino. Ad ogni modo, l’eventuale iniziativa politica che il Regno potrebbe proporre in futuro sotto forma di colloqui o persino di negoziato tra le due parti belligeranti verrà prima discussa e quindi approvata «in comune accordo con i partner del Golfo» (p. 5), segnatamente Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, principali alleati regionali del Regno.
Oltre alla dimensione interreligiosa, al-Ayyam ha messo in evidenza anche quella intra-islamica, riprendendo le parole del Grande Imam della moschea di al-Azhar, Ahmad al-Tayyib, che ha definito il Bahrein «l’oasi del pluralismo […], il posto più idoneo per instaurare l’unità islamica», al momento compromessa dalle «discordie (fitan) confessionali che si celano dietro a progetti pericolosi» (p. 5). Il Re Hamad ha ricambiato affermando che al-Azhar è il «faro religioso mondiale che irradia i valori dell’Islam, della moderazione e della tolleranza» (pp. 5-6). Per Manama, infatti, l’occasione serve soprattutto per «rafforzare i suoi storici rapporti con gli shaykh e gli ulema di al-Azhar».
Anche al-Bilad, altra testata nazionale, ha pubblicato una serie di commenti tesi a elogiare l’iniziativa del sovrano. Osama al Majid non esita a definire il Bahrein come un «ponte tra le culture» in grado di affrontare le sfide e i problemi della contemporaneità, mentre Buthayna Khalifa Qasim aggiunge che il Forum costituisce «un importante avanzamento» del processo cominciato nel 2018 da Francesco e al-Tayyib, prima con la visita dell’Imam in Italia e poi, l’anno successivo, con la firma ad Abu Dhabi del “Documento sulla Fratellanza Umana”. Infine, Hamd al-‘Amir, giornalista per il sito internet di al-Ayyam, ha scritto un pezzo polemico contro la BBC la quale, portando l’attenzione sulla questione del mancato rispetto dei diritti umani, avrebbe «diffuso informazioni distorte e incomplete, con l’obiettivo di ridurre l’importanza storica dell’incontro».
In realtà questa critica è presente anche all’interno della stampa arabofona. Il libanese al-Nahar, per esempio, ricorda nell’edizione del 7 novembre come alcune «organizzazioni umanitarie abbiano esortato il Papa a fare pressioni sulle autorità bahreinite per abolire la pena di morte ed effettuare rigorose verifiche circa le accuse di tortura [nelle carceri] e le violazioni del diritto nei processi» (p. 10). Il giornale riporta, insieme ad al-‘Arabi al-Jadid, le dichiarazioni dell’Istituto del Bahrein per la Democrazia e i Diritti, un ente non governativo con sede a Londra, secondo il quale vi sarebbero state a Manama, poco prima dell’arrivo del Pontefice, delle manifestazioni indette dai famigliari di alcuni prigionieri politici.
Per quanto riguarda la visita, al-Nahar si è limitato a menzionarla, in maniera piuttosto succinta, nella terzultima pagina del cartaceo, prima delle notizie sportive. L’immagine del papa compare per altri motivi in prima pagina, a causa delle sue dichiarazioni sulla delicata situazione del Libano, con le quali ha invitato i politici locali ad «appianare le loro divergenze» per raggiungere un accordo sull’elezione del prossimo presidente della repubblica.
Più completo e critico l’editoriale di Sa‘id al-Shihabi per Al-Quds al-‘Arabi: «Quando il Papa ha annunciato che si sarebbe recato nella regione [del Golfo] per partecipare al Forum del Bahrein, il fatto era inatteso, dal momento che sia il Vaticano che il Regno, per ragioni poco chiare, lo avevano taciuto. Di solito i viaggi apostolici vengono comunicati con mesi di anticipo». Il motivo di questo silenzio, per l’autore, ha una causa precisa: «gli oppositori del Bahrein, che – non appena informati – hanno sollevato le loro rimostranze sulla visita» per due ragioni principali: la «turbolenta situazione politica del Paese, che si trova in uno stato d’emergenza non proclamato» e il fatto che l’incontro «sarebbe stato di carattere filogovernativo».
Per quanto riguarda gli obiettivi del dialogo, al-Shihabi sottolinea come tali iniziative siano in qualche modo legate agli interessi politici degli Stati: quelli dell’Occidente, in primo luogo, ma anche gli stessi Paesi del Golfo, protagonisti in questi ultimi anni del processo di avvicinamento con Israele. Infine, al-Shihabi critica il tentativo della Chiesa e di al-Azhar di «cancellare le differenze tra le religioni», perché, secondo lui, sono proprio queste a dare valore alle fedi e «nessuno ha il diritto di abolirle»: una critica ingenerosa se si considera l’insistenza sia di Papa Francesco che del Grande Imam sul fatto che a dialogare devono essere identità ben definite.
Anche l’ufficio stampa della moschea di al-Azhar è stato molto attivo nella copertura mediatica dell’evento. Il 2 novembre, poco prima dell’apertura dei lavori, il settimanale dell’istituzione cairota, Sawt al-Azhar, ha ampiamente promosso l’evento con una decina di pagine tra approfondimenti, riferimenti agli incontri precedenti e dichiarazioni di intenti. La pagina Facebook della moschea ha poi postato costantemente aggiornamenti sulle attività dell’Imam in Bahrein, tra cui le risposte alle domande di alcuni giovani musulmani. In una di queste, al-Tayyib ha chiarito, ancora una volta, che la «diversità tra noi musulmani appartenenti al sunnismo, allo sciismo e alle altre scuole di pensiero islamico si riconduce a nient’altro che a una differenza di vedute, ma ciò che ci accomuna è il rispetto e l’apprezzamento reciproco […] alcune persone faziose cercano di sfruttare queste differenze tra le scuole di pensiero per aumentare le divisioni e il settarismo».
Come ha mostrato il filo-islamista ‘Arabi 21, questa posizione ha generato reazioni positive tra i pensatori musulmani, secondo i quali la frattura tra sunniti e sciiti è di matrice politica e non religiosa, e si è acuita in seguito all’invasione angloamericana dell’Iraq e alla competizione geopolitica tra Arabia Saudita e Iran. Anche al-‘Arabi al-Jadid condivide il messaggio dell’imam, ma la conclusione dell’articolo è scettica: «un dialogo tra esponenti del sunnismo e dello sciismo, per quanto sia importante, non risolve da solo [il dissenso e la discordia interna]; questo può essere realizzato soltanto da una profonda, radicale, riforma politica che esalta il valore della cittadinanza come concetto, come politica e come scelta predefinita».
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