Una guida ai fatti della settimana nel Mediterraneo allargato e nel mondo musulmano attraverso la stampa internazionale
Ultimo aggiornamento: 17/05/2024 17:07:37
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Per israeliani e palestinesi, la settimana che si sta concludendo è quella che più di altre simboleggia il conflitto tra le rispettive memorie, una divergenza che assume ulteriore rilevanza nel contesto attuale. Il 14 maggio gli israeliani hanno celebrato l’anniversario della propria indipendenza; il giorno successivo i palestinesi hanno commemorato la nakba, letteralmente “la catastrofe”, ovvero l’esodo forzato di più di 700.000 persone dai territori occupati da Israele nel corso della prima guerra arabo-israeliana. Anche per lo Stato ebraico si è trattato tuttavia di una ricorrenza tutt’altro che gioiosa. L’angoscia per gli ostaggi ancora detenuti da Hamas, le fratture interne alla società e le domande su una guerra iniziata come atto di legittima difesa ma proseguita come un’orrenda carneficina sembrano infatti aver prevalso sui festeggiamenti. Il quotidiano israeliano progressista Haaretz si è spinto ad affermare che è prossimo il momento in cui «la memoria dell’Olocausto non impedirà più al mondo di vedere Israele così com’è», il momento in cui i «crimini epocali» commessi contro il popolo ebraico «non serviranno più da Iron Dome che ci esime dal rendere conto dei crimini che stiamo commettendo contro la nazione con la quale condividiamo questa patria storica». Sul suo blog ospitato dal Times of Israel, lo storico Martin Kramer ha puntato il dito contro i roboanti proclami di Netanyahu circa la capacità d’Israele di difendersi da solo e ha invitato il primo ministro a «smetterla di parlare come un sopravvissuto dell’Olocausto e agire per quello che è: il capo di uno Stato sovrano ma piccolo, il cui compito è non lasciare alcun dubbio ai nemici d’Israele sul fatto che lo Stato ebraico non sarà mai solo».