Una guida ai fatti della settimana nel Mediterraneo allargato e nel mondo musulmano attraverso la stampa araba

Ultimo aggiornamento: 13/12/2024 17:10:19

La caduta del regime siriano ha galvanizzato la stampa di area qatariota che da anni bersagliava regolarmente Assad. Ciononostante, i giudizi sui ribelli e su Tahrir al-Sham sono all’insegna della prudenza e, talvolta, dell’aperto scetticismo. La stampa filo-emiratina e quella filo-saudita, fino a poco tempo fa vicine al regime o comunque neutrali, ora scaricano Assad con una serie di articoli in cui si mettono in luce i suoi numerosi errori, pur rimanendo piuttosto ostili alla politica e all’ideologia dei conquistatori di Damasco.   

 

Fioccano le vignette sul quotidiano di proprietà qatariota al-Quds al-‘Arabi: in una Bashar al-Assad, abbandonato pure dai suoi alleati, sale a bordo di un elicottero-bidone con il bagaglio a forma del busto di suo padre Hafez; in un’altra, l’ex ra’is si è trasformato nella famosa banana di Cattelan (il titolo dell’opera è peraltro “comedian”) attaccato al muro con un nastro adesivo che ha i colori della bandiera rivoluzionaria siriana. Segue un articolo scritto dalla poetessa Rasha Omran dal titolo “l’eterna caduta dell’Eterno”, in cui però traspare la scarsa fiducia nei confronti dei vincitori: «non sono entusiasta di loro. Non posso dimenticare i loro riferimenti [ideologici] né la loro storia iniziale in Siria». Omran sottolinea l’assoluta necessità di instaurare la democrazia e di rendere i cittadini partecipi del processo politico senza ideologie preimpostate, siano esse l’islamismo o il baathismo: «la rivoluzione non è finita, occorre che tutti noi siriani ne siamo consapevoli. La vera rivoluzione inizia adesso». Dello stesso avviso lo scrittore siriano Ali Abdallah, che sempre su al-‘Arabi al-Jadid mostra molta cautela sul programma politico che promuoverà Tahrir al-Sham (HTS). In particolar modo, egli teme che l’operazione militare “Deterrenza contro l’Aggressione” non diventi essa stessa un’aggressione al popolo siriano: «l’attuale fase delle procedure di formazione di un sistema politico alternativo è irto di moltissimi ostacoli e rischi». In particolar modo, aleggiano i dubbi sulle reali «capacità di HTS e delle fazioni alleate di rassicurare i musulmani non sunniti e i fedeli delle altre religioni». Al-Quds al-‘Arabi ricorda la lezione irachena: come l’esercito baathista di Saddam Hussein si è sciolto in pochi giorni, così è successo all’armata baathista di Bashar Assad. Accade questo quando «gli eserciti plasmano il loro credo a protezione dei regimi e non delle patrie». Il caveat nei confronti dei vincitori è lo stesso di al-‘Arabi: «Tahrir al-Sham non può monopolizzare il governo in Siria, e anche se lo volesse non avrebbe la capacità per farlo».

 

Vediamo le posizioni dei giornali filo-emiratini o di proprietà emiratina, fino a poche settimane fa sostenitori del regime di Damasco. Su al-‘Arab, giornale molto vicino ad Abu Dhabi, il giornalista siriano (nativo di Laodicea) Ali Qasim esprime il suo biasimo nei confronti del regime di Assad, scrivendo che la Siria che ricordava in gioventù, ossia un «giardino di diversità etniche, religiose e confessionali», appartiene ormai alla preistoria (un “Jurassic Park”, scrive l’autore). «Nonostante la pretesa di essere secolare e nonostante non figurasse l’appartenenza religiosa sulla carta d’identità, in segreto il regime ha provato a esacerbare le differenze confessionali, affidandosi alla setta [alawita] per proteggerlo […]. Non appena il regime è caduto, la comunità si è resa conto della trappola in cui era caduta. Tutto il potere che aveva avuto in passato era illusorio; la caduta del regime gli ha fatto solo perdere l’illusione in cui aveva vissuto per mezzo secolo». Sullo stesso giornale, l’iracheno Farouq Yussef riprende il ragionamento della stampa filo-qatariota: «la pagina di Assad è stata voltata per il fatto che il presidente è andato via, ma non sarà veramente voltata finché lo Stato non recupererà» e includerà al suo interno tutte le componenti della sua società. Il giornalista mauritano Shaykh Walad al-Salik è totalmente scettico sulla svolta moderata di Tahrir al-Sham: «al-Jawlani non è in grado di prendere le distanze dalla sua ideologia estremista anche se dovesse dare l’impressione» di poterlo fare. Al-‘Ayn al-Ikhbariyya se la prende con i media arabi: «con totale disprezzo, alcuni dei più grandi canali di comunicazione araba hanno seguito uno sregolato discorso populista», venendo trascinati in un ragionamento incomprensibile: «trasformare il terrorista in un eroe e l’oppressione in una virtù».

 

Su al-Sharq al-Awsat, il giornalista saudita ‘Abd al-Rahman al-Rashid spiega le ragioni della fine del sostegno di Riyad a Damasco: «consideravamo la caduta del regime di Assad inevitabile poiché si era trasformato in un regime autocratico, confessionale, socialista, baathista e irano-centrico. Inoltre, il suo Stato era decrepito e dalle istituzioni corrose. Da quando è salito al potere, Bashar non ha costruito un’identità» su cui edificare il suo apparato di potere, «ad eccezione del fatto di essere una “necessità per l’Iran”. Proprio questa cosa gli ha arrecato sventure e lo ha portato alla fine», facendo venire meno il legame tra presidente, baathisti e alawiti. Soprattutto, non è stato in grado di trovare un accomodamento con Ankara, a differenza di quanto aveva fatto suo padre Hafez. Un altro articolo si interroga sulle capacità di cambiamento di Tahrir al-Sham: anche diffidando della svolta moderata dell’organizzazione, «bisogna allora chiedersi se il nuovo percorso politico sarà in grado di imporre delle nuove regole a HTS e alle diverse fazioni ribelle siriane».

 

 

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