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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:52:24

Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II, al Monastero di Santa Caterina, 26 febbraio 2000 Carissimi Fratelli e Sorelle, In quest'anno del Grande Giubileo la nostra fede ci spinge a divenire "pellegrini sulle orme di Dio". Contempliamo la via che ha percorso nel tempo, rivelando al mondo il mistero magnifico del suo amore fedele per tutta l'umanità. Oggi, con grande gioia e profonda emozione, il Vescovo di Roma è pellegrino sul Monte Sinai, attratto da questa montagna santa che si erge come monumento maestoso a ciò che Dio ha qui rivelato. «Qui ha rivelato il suo nome! Qui ha dato la sua Legge, i Dieci Comandamenti dell'Alleanza!». Quanti sono giunti in questo luogo prima di noi! Qui il Popolo di Dio si è accampato [cfr. Es 19, 2]; qui il profeta Elia ha trovato rifugio in una caverna [cfr. 1 Re 19, 9]; qui il corpo della martire Caterina ha trovato il riposo eterno; qui schiere di pellegrini nel corso dei secoli hanno scalato quella che san Gregorio di Nissa definì la «montagna del desiderio» [Vita di Mosè, II, 232]; qui generazioni di monaci hanno vegliato e pregato. Noi seguiamo umilmente le loro orme, sul "suolo santo" dove il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe ha ordinato a Mosè di liberare il suo popolo [cfr. Es 3, 5-8]. Dio si rivela in modi misteriosi, come il fuoco che non consuma, secondo una logica che sfida tutto ciò che conosciamo e che ci aspettiamo. È il Dio che è al contempo vicino e lontano; è «nel mondo, ma non di esso». È il Dio che viene ad incontrarci, ma che non sarà posseduto. Egli è «Io sono colui che sono», «il nome che non è alcun nome»! «Io sono colui che sono»: l'abisso divino nel quale essenza ed esistenza sono una cosa sola! È il Dio che è l'Essere in se stesso! Di fronte a tale mistero, come possiamo non "toglierci i sandali" come Egli ordina, e non adorarlo su questo suolo santo? Qui, sul Monte Sinai, la verità di "chi è Dio" è divenuta fondamento e garanzia dell'Alleanza. Mosè entra nell'«oscurità luminosa» [Vita di Mosè, II, 164], e in questo luogo gli viene data la legge scritta «dal dito di Dio» [Es 31, 18]. Che cos'è questa legge? «è la legge della vita e della libertà!». Presso il Mar Rosso il popolo aveva sperimentato una grande liberazione. Aveva visto la forza e la fedeltà di Dio, aveva scoperto che Egli è il Dio che in realtà rende libero il suo popolo, come aveva promesso. Tuttavia, ora sulla sommità del Sinai, questo stesso Dio suggella il suo amore stringendo l'Alleanza alla quale non rinuncerà mai. Se il popolo osserverà la Sua legge, conoscerà la libertà per sempre. L'Esodo e l'Alleanza non sono semplicemente eventi del passato, "essi sono il destino eterno di tutto il Popolo di Dio!" L'incontro fra Dio e Mosè su questo Monte racchiude al cuore della nostra religione «il mistero dell'obbedienza che rende liberi, che trova il suo compimento nell'obbedienza perfetta di Cristo nell'Incarnazione e sulla Croce» [cfr. Fil 2, 8; Eb 5, 8-9]. «Anche noi saremo veramente liberi se impareremo a obbedire come ha fatto Gesù» [cfr. Eb 5, 8]. I Dieci Comandamenti non sono l'imposizione arbitraria di un Signore tirannico. Essi sono stati scritti nella pietra, ma innanzitutto furono iscritti nel cuore dell'uomo come Legge morale universale, valida in ogni tempo e in ogni luogo. Oggi come sempre, le Dieci Parole della legge forniscono l'unica base autentica per la vita degli individui, delle società e delle nazioni; oggi come sempre, "esse sono l'unico futuro della famiglia umana". Salvano l'uomo dalla forza distruttiva dell'egoismo, dell'odio e della menzogna. Evidenziano tutte le false divinità che lo riducono in schiavitù: l'amore di sé sino all'esclusione di Dio, l'avidità di potere e di piacere che sovverte l'ordine della giustizia e degrada la nostra dignità umana e quella del nostro prossimo. Se ci allontaneremo da questi falsi idoli e seguiremo il Dio che rende libero il suo popolo e resta sempre con lui, allora emergeremo come Mosè, dopo quaranta giorni sulla montagna, «risplendenti di gloria» [san Gregorio di Nissa, Vita di Mosè, II, 230], accesi della luce di Dio! Osservare i Comandamenti significa essere fedeli a Dio, ma significa anche essere fedeli a noi stessi, alla nostra autentica natura e alle nostre più profonde aspirazioni. Il vento che ancora oggi soffia dal Sinai ci ricorda che Dio desidera essere onorato nelle sue creature e nella loro crescita: Gloria Dei, homo vivens. In questo senso, quel vento reca "un invito insistente al dialogo fra i seguaci delle grandi religioni monoteistiche" nel loro servizio alla famiglia umana. Suggerisce che in Dio possiamo trovare il punto del nostro incontro: in Dio, l'Onnipotente e Misericordioso, Creatore dell'universo e Signore della Storia, che alla fine della nostra esistenza terrena ci giudicherà con giustizia perfetta. La lettura del Vangelo che abbiamo appena ascoltato suggerisce che il Sinai trova il suo compimento in un'altra montagna, il Monte della Trasfigurazione, dove Gesù appare ai suoi Apostoli risplendente della gloria di Dio. Mosè ed Elia stanno con Lui per testimoniare che la «pienezza della rivelazione di Dio si trova nel Cristo glorificato». Sul Monte della Trasfigurazione, Dio parla da una nube, come ha fatto sul Sinai. Tuttavia, ora Egli dice: «Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!» [Mc 9, 7]. Ci ordina di «ascoltare Suo Figlio» perché «nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» [Mt 11, 27]. In tal modo, impariamo che il vero nome di Dio è "Padre"! Il nome che supera tutti gli altri nomi: «Abbà»! [cfr. Gal 4, 6]. In Gesù apprendiamo che «il nostro vero nome è figlio, figlia! Impariamo che il Dio dell'Esodo e dell'Alleanza rende libero il suo Popolo "perché è costituito da figli e figlie", creati non per la schiavitù, ma per «la libertà della gloria dei figli di Dio» [Rm 8, 21]. Perciò, quando san Paolo scrive che noi «mediante il corpo di Cristo» siamo «stati messi a morte quanto alla legge» [Rm 7, 4], non intende dire che la Legge del Sinai sia passata. Vuol significare che "i Dieci Comandamenti ora si fanno udire attraverso la voce del Figlio prediletto". La persona resa libera da Gesù Cristo è consapevole di essere legata "non esternamente" da una moltitudine di prescrizioni, "ma interiormente" dall'amore che si è profondamente radicato nel suo cuore. I Dieci Comandamenti sono la legge della libertà: non la libertà di seguire le nostre cieche passioni, ma "la libertà di amare, di scegliere ciò che è bene in ogni situazione", anche quando farlo è un peso. Non obbediamo a una legge impersonale; ciò che è richiesto è di arrendersi amorevolmente al Padre mediante Cristo Gesù nello Spirito Santo [cfr. Rm 6, 14; Gal 5, 18]. Rivelando se stesso sul Monte e consegnando la sua Legge, Dio ha rivelato l'uomo all'uomo. «Il Sinai sta al centro della verità sull'uomo e sul suo destino». Nella ricerca di tale verità, i monaci di questo Monastero hanno piantato la loro tenda all'ombra del Sinai. Il Monastero della Trasfigurazione e di santa Caterina reca tutti i segni del tempo e del tumulto umano, ma sta quale indomita testimonianza dell'amore e della sapienza divini. Per secoli monaci di tutte le tradizioni cristiane hanno vissuto e pregato insieme in questo monastero, ascoltando la Parola, nella quale dimora la pienezza della sapienza e dell'amore del Padre. Proprio in questo Monastero san Giovanni Climaco scrisse La Scala del Paradiso, un capolavoro spirituale che continua a ispirare monaci e monache, dall'Oriente e dall'Occidente, generazione dopo generazione. Tutto ciò si è svolto sotto la potente protezione della Grande Madre di Dio. Già nel terzo secolo i cristiani egiziani si rivolgevano a Lei con parole fiduciose: sotto la tua protezione troviamo rifugio, oh santa Madre di Dio! Sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genetrix! Nel corso dei secoli, questo monastero è stato un eccezionale luogo di incontro per persone di differenti Chiese, tradizioni e culture. Prego affinché nel nuovo millennio il Monastero di Santa Caterina sia un faro luminoso che chiama le Chiese a conoscersi meglio reciprocamente e a riscoprire l'importanza agli occhi di Dio di ciò che ci unisce a Cristo. Sono grato ai numerosi fedeli della Diocesi di Ismayliah, guidati dal Vescovo Makarios, che si sono uniti a me in questo pellegrinaggio sul Monte Sinai. Il Successore di Pietro vi ringrazia per la solidità della vostra fede. Dio benedica voi e le vostre famiglie! Saluto cordialmente Sua Eccellenza Macario, Vescovo copto ortodosso di tutto il Sinai e, grato per la sua presenza, gli chiedo di trasmettere i miei oranti auspici ai fedeli della sua Diocesi. Desidero ringraziare in modo particolare l'Arcivescovo Damianos per le sue cortesi parole di benvenuto e per l'ospitalità che egli, insieme ai monaci, ci ha offerto oggi. Il Monastero di santa Caterina rimanga un'oasi spirituale per i membri di tutte le Chiese alla ricerca della gloria del Signore, che venne a dimorare sul Sinai [cfr. Es 24, 16]. La visione di questa gloria ci sospinge a esclamare ricolmi di gioia: «Ti rendiamo grazie, Padre Santo, per il tuo santo nome, che hai fatto abitare nei nostri cuori» [Didaché, X]. Amen.

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