La presenza di Lavrov e Rubio a Riyad, a cui si aggiunge il successivo vertice arabo sulla situazione a Gaza, mostra il nuovo ruolo che l’Arabia Saudita si sta ritagliando nella politica regionale e globale
Ultimo aggiornamento: 24/02/2025 12:21:13
In questi giorni di colloqui diretti tra Stati Uniti e Federazione Russa, Riyad è diventata il palcoscenico della (geo)politica mondiale. Per i sogni – anzi, per i progetti – di grandezza del principe ereditario saudita Muhammad bin Salman (MbS) si tratta di un grande successo, per quanto favorito dalle priorità dell’amministrazione Trump II, che si sono ben sposate con i desideri dei sauditi. Per un motivo o per l’altro, MbS può dire di essere riuscito a portare allo stesso tavolo russi e americani dopo anni in cui i contatti ufficiali erano pressoché azzerati, in particolare quelli tra figure di altissimo profilo come il Segretario di Stato americano e il ministro degli Esteri russo.
Il vertice di Riyad tra le delegazioni guidate da Lavrov e Rubio certifica non solo una capacità diplomatica di un certo livello (evidenziata dal fatto che si svolge sempre a Riyad il nuovo summit sulla situazione in Palestina), ma anche il ruolo che l’Arabia Saudita sta riuscendo a ritagliarsi nel panorama politico globale. In diverse occasioni i funzionari del Regno hanno rivendicato il loro diritto a mantenere aperti canali di comunicazione (e soprattutto opportunità di business…) con tutti gli attori internazionali, dalla Cina – principale acquirente del petrolio saudita – alla Russia – con cui Riyad coopera in seno all’OPEC+. Se durante l’amministrazione Biden il rifiuto saudita di piegarsi ai voleri americani in funzione anti-russa aveva portato a un raffreddamento delle relazioni saudo-americane, ora la scelta di Riyad sta pagando i dividendi.
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