Una guida ai fatti della settimana nel Mediterraneo allargato e nel mondo musulmano attraverso la stampa internazionale
Ultimo aggiornamento: 11/04/2025 14:44:55
La stampa araba continua a esprimere preoccupazione per la situazione politica della Siria, ancora in cerca di stabilità interna e colpita da una serie di attacchi aerei israeliani che riportano alla luce lo spettro della sovranità nazionale limitata e il ritorno del “grande gioco” geopolitico che aveva caratterizzato gli ultimi anni del regime di Bashar al-Assad. Questa volta, però, sono i giornali “amici” degli ex ribelli anti-Assad a evidenziare maggiormente i problemi del governo di al-Sharaa. Più moderata, invece, la stampa filo-emiratina che, pur non apprezzando l’ex leader di Tahrir al-Sham, gli riconoscono tuttavia indiscusse doti di leadership e strategia.
Al-Quds al-‘Arabi, giornale vicino alle posizioni del Qatar, esprime forti perplessità sull’attuale esecutivo. Il titolo di un editoriale suona come una domanda retorica: “il governo siriano è distaccato dalla realtà come il suo predecessore?”. Bakr el-Sidqi, autore dell’articolo, non riscontra infatti significative differenze con il passato: «quello che abbiamo notato sulla nuova autorità di Damasco è che, in generale, dice ciò che gli altri vogliono sentirsi dire e fa quello che loro vogliono. Questa dicotomia tra narrazione e pratica è un segno di debolezza: Damasco intende governare in linea con i suoi parametri ideologici tentando al contempo di accontentare, a parole, gli altri». La situazione, prosegue el-Sidqi, sembra essere tremendamente simile a quella del defunto regime baathista: il governo «non presta ascolto ad alcuna lamentela» in merito all’introduzione delle nuove misure securitarie e istituzionali che, in certi casi, «sono addirittura peggiori» di quelle promosse a suo tempo da Assad. Le violenze ai danni degli alawiti e le aggressioni di Israele certificano il fatto che ormai «la luna di miele è finita», mettendo in evidenza le gravi contraddizioni del governo di al-Sharaa, definito come un «regime autoritario fortemente centralizzato e promotore di un’estrema islamizzazione della vita pubblica». Controcorrente il quotidiano filo-islamista Arabi21, che sorvola sui problemi interni per soffermarsi sugli attacchi israeliani, il cui unico effetto, a suo dire, sarà quello di compattare il Paese. La testata non ha dubbi sul fatto che i siriani resisteranno all’«aggressione sionista» come fecero – e qui le iperboli si sprecano – vietnamiti, cubani e sudafricani durante la Guerra Fredda: «la Siria di oggi non è debole, ma consapevole» delle proprie capacità.
Al-‘Arabi al-Jadid dà ampio spazio all’intervista trasmessa sul canale Syria TV ad Ayman al-Asfari, facoltoso uomo d’affari anglo-siriano originario di Idlib. Da sempre avverso al regime di Assad, negli ultimi mesi il businessman era entrato in lizza per ricoprire un incarico di rilievo all’interno del secondo governo di transizione. L’articolo riporta i passaggi chiave delle posizioni di al-Asfari: rifiuto dell’islamismo di Tahrir al-Sham e adozione di un sistema di governo pluralista e democratico. «L’approccio dell’attuale amministrazione – conclude l’autore dell’articolo, lo scrittore Amar Dauib – volto a dominare completamente le relazioni con gli [alawiti] della costa, i curdi e i drusi si è rivelato fallimentare» al punto che «vi è ora il rischio che esploda una faida all’interno della compagine sunnita» tra moderati e salafiti. Diversa la posizione del sito d’opinione libanese Asas Media, che considera l’intervista ad al-Asfari, la prima dopo un lungo periodo di silenzio, come una vera e propria discesa in campo, insinuando che dietro a lui si celi la longa manus del Qatar. La conclusione dell’articolo è sibillina: «una fonte molto ben informata ha confermato che l’apparizione televisiva è, per forma, contenuti e tempistica, latrice di messaggi importanti, e forse potrebbe costituire il preludio a un imminente ruolo politico per al-Asfari. Ma la fonte si è domandata: si tratta di un progetto per integrarsi al governo di al-Sharaa oppure per sostituirlo?».
Il filo-emiratino al-‘Arab stempera la sua consueta critica nei confronti di al-Sharaa riconoscendogli alcuni meriti. Lo scrittore giordano Ghayth Sulayman al-Du‘ja osserva che il presidente siriano, pur trovandosi di fronte a uno scenario regionale complicato, ha tutte le carte in tavola per uscire indenne dalla lotta tra grandi e medie potenze: «Ahmad al-Sharaa non è solo un leader che ha fatto carriera scalando i vertici delle organizzazioni, ma è anche un uomo che conosce il funzionamento, le faide e i meccanismi interni di tali gruppi». L’esperienza in al-Qaeda e dopo con Jabhat al-Nusra, l’alleanza con lo Stato Islamico e infine la nascita di Tahrir al-Sham dimostrano la sua abilità nel relazionarsi con attori diversi sia a livello ideologico che organizzativo; questa scaltrezza potrebbe tornargli utile nel giocare la delicata partita geopolitica con lo Stato ebraico e la Turchia. Anche il giornalista siriano Ali Qasim ammette la bravura di al-Sharaa: «fino ad ora si può affermare che ha compiuto una missione che nessuno riteneva possibile. Proprio mentre sta cercando di formare un governo moderato sul modello di quello turco, il presidente lavora assiduamente per evitare di far coinvolgere il suo Paese in qualsiasi scontro che possa confermare i timori degli israeliani […]. La prudenza siriana, volta a evitare lo scontro con i Paesi confinanti, tra cui Israele, è una scelta pragmatica e responsabile».