Il Paese dell’Asia meridionale sta vivendo la peggiore crisi di sicurezza degli ultimi dieci anni. A contribuire a questa situazione è in buona misura il TTP, movimento gemello dei Talebani afghani. Come si è formato e quali sono i suoi obiettivi?

Ultimo aggiornamento: 19/03/2025 16:58:16

Negli ultimi anni il Pakistan si è lentamente trasformato in un campo di battaglia in cui operano diversi gruppi terroristici, tra cui lo Stato islamico della provincia del Khorasan (ISKP) e le milizie indipendentiste di etnia beluci. Tuttavia, nessuna organizzazione si sta rivelando tanto letale quanto il Tehrik-i-Taliban Pakistan (Movimento talebano del Pakistan o TTP).

Secondo il Global Terrorism Index, pubblicato dall’Institue for Economics and Peace relativamente al 2024, il Pakistan sta vivendo la peggiore crisi di sicurezza degli ultimi dieci anni. Gli attacchi terroristici sono più che raddoppiati, passando da 517 a 1.099 da un anno all’altro, con un aumento delle morti per terrorismo del 45%. La maggior parte di queste operazioni si è concentrata nelle province del Belucistan, a sud-ovest, e del Khyber Pakhtunkhwa, a nord-ovest, e nei distretti lungo il confine con l’Afghanistan. Anche i dati del Center for Research and Security Studies (CRSS), un think tank locale, confermano questa tendenza: nel 2024 il numero delle vittime per atti di violenza ha segnato un incremento del 66%, con 1.166 episodi di attacchi armati e operazioni antiterrorismo.

Il Pakistan è così diventata la nazione più colpita dal terrorismo al mondo dopo il Burkina Faso. Il Global Terrorism Index definisce il TTP, che ha aumentato del 90% il numero delle vittime per le sue operazioni. Attualmente è considerato la terza organizzazione più letale dopo lo Stato Islamico e la Jama‘at Nusrat al-Islam wa-l-Muslimin (JNIM), attiva nel Sahel e affiliata ad al-Qaida.

L’ultimo anno ha anche visto un incremento del 300% nell’utilizzo di ordigni esplosivi, anche se gli assalti armati restano la principale modalità di attacco. Si tratta di un segno di perfezionamento delle capacità operative che deriva dal sostegno tecnico e logistico dei Talebani afghani, i quali, dopo il ritiro delle truppe statunitensi ad agosto 2021, hanno avuto accesso ad equipaggiamenti militari del valore di 7 miliardi di dollari.

Come l’Emirato islamico dell’Afghanistan è riuscito a consolidare il proprio controllo sul territorio negli ultimi quattro anni, così anche il TTP punta a replicare lo stesso modello in Pakistan. A tale scopo, la strategia principale consiste nell’attaccare direttamente le istituzioni statali, e in particolare le forze dell’ordine. Nel 2024, il 51% degli attentati ha avuto come obiettivo la polizia pakistana, segnando, anche in questo caso, il più alto numero di vittime tra le forze di sicurezza degli ultimi dieci anni. Una tendenza in crescita, secondo i dati raccolti dal CRSS, che ha appunto coinciso con il ritorno al potere dei Talebani a Kabul.

Gli stessi leader del TTP non fanno segreto delle loro ambizioni: a dicembre, dopo l’uccisione del ministro afghano dei Rifugiati, Khalil Haqqani, per mano dello Stato islamico, che nella regione è in competizione con i Talebani, Umar Mukarram Khorasani, uno dei leader del Talebani pakistani, aveva dichiarato: «Continueremo la missione del martire [Khalil Haqqani] che non solo ha svolto un ruolo fondamentale per stabilire l’Emirato islamico [in Afghanistan], ma ha anche lottato per lo stesso scopo per i musulmani di tutto il mondo. È tempo che i musulmani si uniscano e portino avanti la missione con fermezza».

Parole che ricalcano quelle dell’ex portavoce del Movimento, Ehsanullah Ehsan, che aveva preannunciato un cambio di strategia dell’organizzazione: «Se il Tehrik-i-Taliban Pakistan finora si è concentrato sull’esercito, si espanderà anche ad altre istituzioni. Il Tehrik-i-Taliban Pakistan ha deciso che se il governo prende di mira le case e le famiglie dei Talebani, loro faranno lo stesso. L’obiettivo finale dei Talebani pakistani è quello di stabilire il dominio islamico in Pakistan – vogliamo un Islam al 100%, e anche se qualcuno ci offre il 99% non accetteremo».

Per comprendere l’ascesa del TTP, tuttavia, è necessario fare un passo indietro. Il movimento ha origine in seguito all’invasione sovietica dell’Afghanistan del 1979, quando diverse fazioni di mujaheddin si unirono per combattere contro l’occupazione dell’URSS, anche se il terreno fertile alla nascita di gruppi islamisti era stato creato dalle madrase di dottrina deobandi in India e poi in Pakistan. Con il ritiro delle truppe sovietiche nel 1989, l’Afghanistan precipitò nel caos di una guerra civile tra fazioni. I Talebani, guidati dal mullah Muhammad Omar, emersero come la fazione dominante, conquistando Kabul nel 1996. Con l’inizio dell’impegno militare statunitense in Afghanistan nel 2001, molti combattenti trovarono rifugio nella regione al confine con il Pakistan (le cosiddette Aree tribali di amministrazione federata o FATA, che oggi a livello amministrativo non esistono più), schierato con la coalizione internazionale capitanata dagli Stati Uniti.

Contrari all’alleanza con Washington, nel 2007 tredici gruppi armati jihadisti si unirono sotto la guida di Baitullah Mehsud e diedero vita al Tehrik-i-Taliban Pakistan con l’obiettivo di opporsi allo Stato pakistano e imporre la shari‘a. Da allora, il gruppo ha attraversato varie fasi di crescita e di declino. Nel 2014, in seguito a un attacco contro una scuola di Peshawar in cui erano stati uccisi 140 bambini, il governo ha formulato un primo piano nazionale di contrasto al terrorismo e ha dato inizio a una serie di operazioni militari. Nel 2013 e nel 2018 vennero eliminati dai droni statunitensi i leader del movimento, Hakimullah Mehsud e Maulana Fazlullah.

Tuttavia, con l’arrivo alla guida del TTP di Noor Wali Mehsud, diverse fazioni hanno cominciato a fondersi con il movimento, il quale, a partire dal 2022, ha cominciato a darsi una struttura sempre più articolata, costruendo un network di alleanze tuttora in espansione. Secondo le Nazioni unite, i Talebani pakistani hanno istituito una serie di campi di addestramento in Afghanistan grazie alla protezione delle autorità di Kabul e al sostegno di al-Qaida. Oggi, secondo alcuni, il TTP non è solo un movimento insurrezionale, ma addirittura un’organizzazione proto-statale.

Tre anni fa il gruppo aveva per la prima volta rivelato apertamente la presenza di un’amministrazione interna composta da diversi ministeri. Dal 2024 al 2025 il TTP è passato da dichiarare il controllo su 14 “province ombra” a 37, spesso frammentando regioni più grandi in aree più piccole. Tuttavia, a inizio anno, alle già esistenti commissioni per le operazioni militari, si sono aggiunti i comitati per l’amministrazione generale delle province.

 

In questo modo, nelle aree che corrispondono all’ex FATA, per esempio, o nella provincia del Belucistan, sempre più instabile a causa delle rivendicazioni indipendentiste, il TTP gode di una legittimità maggiore rispetto all’esecutivo di Islamabad. Nel Khyber Pakhtunkhwa, la perdurante crisi economica e l’aumento della disoccupazione tra i giovani hanno favorito il reclutamento. Mentre le Nazioni unite stimano che siano 6.500 i combattenti appartenenti al TTP nelle aree al confine con l'Afghanistan, la popolazione locale sostiene che la cifra possa arrivano fino a 20.000.

Il Pakistan si trova di fronte a uno scenario estremamente incerto. Secondo i capi dell’esercito pakistano, i tentativi di dialogo – mediati dai Talebani afghani – tra il governo, al tempo guidato dall’ex premier Imran Khan, e il TTP, hanno avuto l’effetto contrario a quello sperato: nel 2021, il rilascio di una serie di prigionieri nell’ambito di un accordo di cessate il fuoco ha rafforzato il movimento. Allo stesso modo, l’attuale governo di Shehbaz Sharif ha provato a fare pressione sui Talebani rimpatriando oltre 800.000 rifugiati afghani e cercato di terminare la costruzione di una serie di barriere lungo il confine tra i due Paesi. Tutta iniziative che hanno avuto risultati limitati.

Il mese scorso Islamabad ha quindi lanciato una Politica nazionale di prevenzione dell’estremismo violento, che prevede di combinare attività di sensibilizzazione e comunicazione con le operazioni militari, anche se restano diversi dubbi sulla sua attuazione.

Secondo il Global Terrorism Index, il Pakistan si trova di fronte a tre opzioni nella gestione della minaccia del TTP: adottare una politica più aggressiva e intensificare gli attacchi contro il gruppo, e di conseguenza contro i Talebani (come avvenuto il 24 dicembre, quando ci fu uno scambio di missili tra Pakistan e Afghanistan). Riaprire i negoziati, sebbene finora non abbiano mai avuto successo. Oppure affidarsi alla cooperazione regionale facendo leva su un’altra minaccia, quella dello Stato islamico, che, con i recenti attacchi contro le istituzioni talebane, sta dimostrando di avere rinnovate capacità operative. Per il momento, è probabile che le forze di sicurezza pakistane intensifichino l’offensiva nelle roccaforti chiave del TTP, mentre la diplomazia di Islamabad esplora potenziali compromessi politici.

 

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