Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:37:01
Rodney Stark è uno dei più importanti sociologi della religione viventi. Dopo aver insegnato per 32 anni all’Università di Washington, dal 2004 si è trasferito all’Università di Baylor. Partendo dal presupposto della teoria della scelta razionale, ha dedicato numerosi e importanti studi al rapporto tra società, culture e religioni già a partire dalla metà degli anni ’60. Negli ultimi anni si è occupato del ruolo delle religioni, in modo particolare del Cristianesimo, nello sviluppo delle civiltà. Il volume La scoperta di Dio. L’origine delle grandi religioni e l’evoluzione della fede costituisce una sorta di summa dei suoi studi recenti e offre un grande affresco comparativo, e molto ambizioso. Quello di Stark è insomma «uno studio sia dell’evoluzione delle immagini umane di Dio, sia dell’evoluzione della capacità umana di comprendere Dio» (p. 14). Le tesi di fondo sono due: in primo luogo, gli esseri umani adottano e conservano l’immagine di Dio giudicata più valida in termini di utilità, definita in linea di massima come l’insieme di appagamenti intellettuali, emotivi e artistici, ma anche pratici e materiali; in secondo luogo, è possibile distinguere attraverso un’argomentazione razionale una religione ispirata da una religione non ispirata. I primi sei capitoli del libro trattano la nascita, lo sviluppo e il significato delle religioni precristiane. Stark mostra, sulla scia degli studi dell’antropologo Andrew Lang, che la maggior parte delle culture primitive aveva nozioni di divinità supreme e una visione della creazione molto più sofisticata di quanto si sia pensato finora. Si interroga poi sull’ascesa e l’influenza delle religioni nelle prime civiltà – sumeri, egizi, greci, popoli mesopotamici – caratterizzate da un politeismo sacerdotale in cui gli dei supremi hanno lasciato spazio a idoli di natura ultimamente antropomorfica. Una concezione monoteista di Dio è abbozzata nella religione egizia (con il faraone Akhenaton) e nello Zoroastrismo, ma si afferma definitivamente solo nell’Ebraismo. Grande attenzione viene anche riservata all’ascesa delle religioni orientali: Induismo, Buddhismo, Giainismo, Confucianesimo e Taoismo. Stark passa poi ad analizzare l’avvento del Cristianesimo sostenendo che esso ha rappresentato una sorta di umanizzazione della concezione ebraica di Dio. Per quanto riguarda l’Islam, secondo Stark esso riporta in auge conoscenze e modalità di rapporto con Dio precedenti alle altre due religioni monoteiste. Tirando le fila della sua lunghissima analisi (sviluppata in più di 600 pagine), e presupponendo l’esistenza di Dio, Stark si chiede se tutte le religioni abbiano contribuito alla sua scoperta: la risposta è no. Tale convinzione sarebbe giustificata da tre criteri tramite i quali separare le fedi che rispecchiano un’effettiva ispirazione divina (e che dunque accrescono la nostra conoscenza di Dio) da quelle che non sembrano affatto ispirate. Il primo criterio consiste nel fatto che Dio si rivela, perché se così non fosse tutte le fedi sarebbero meramente umane, e ci sarebbe perciò poco da discutere. Il secondo criterio è la coerenza: non è plausibile presumere che le rivelazioni di Dio siano completamente contraddittorie, quindi le fedi che si allontanano troppo da un nucleo coerente possono essere considerate religioni di origine umana. Il terzo criterio è la complessità progressiva: disposte secondo l’ordine di comparsa, le religioni ispirate dovrebbero rivelare una comprensione di Dio sempre più sofisticata e complessa. Applicando questi criteri a tutte le religioni discusse nel libro, e andando per esclusione, Stark arriva ad affermare su base razionale che forse si può parlare di una qualche forma di rivelazione per la religione dei sommi dei delle prime società umane, e sicuramente se ne può parlare in riferimento al monoteismo ebraico e al Cristianesimo. Il libro di Stark pone molti interrogativi, alcuni dei quali rimangono forse inevasi; non si può negare tuttavia che costituisca uno stimolante tentativo di studiare in modo comparativo le religioni lontano della matrice ateistica (che, paradossalmente, caratterizza molti studiosi del tema) e da quella relativistica. Il presupposto secondo cui il confronto tra culture (e religioni) possa essere condotto sul terreno della razionalità è senza dubbio una sfida da raccogliere. Paolo Terenzi