Una guida ai fatti della settimana nel Mediterraneo allargato e nel mondo musulmano attraverso la stampa araba

Ultimo aggiornamento: 19/03/2024 10:16:58

Lunedì 23 gennaio la Presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni si è recata in visita ufficiale ad Algeri, dove è stata ricevuta dal Presidente della Repubblica democratica e popolare Abdelmejid Tebboune. L’incontro ha confermato e rafforzato la partnership energetica, certificando il peso assunto dal Paese nordafricano nella fornitura del gas all’Europa in sostituzione di quello russo. Tebboune ha tenuto a precisare il ruolo storico dell’Italia a favore delle posizioni algerine, «l’unica a sostenerci fra i Paesi europei», aveva detto già alcuni mesi fa alla televisione del suo Paese; dal canto suo Meloni ha lanciato l’idea di un “piano Mattei” per rendere l’Italia indipendente dal punto di vista energetico e, al contempo, solidale e cooperante con la sponda sud del Mediterraneo.

 

Questo tono conciliatorio ha colpito la stampa araba, che in precedenza si era mostrata diffidente nei confronti della premier italiana per la sua militanza nell’estrema destra e, soprattutto, per alcune uscite islamofobe e che erano state riprese dalle principali testate dopo la vittoria alle scorse elezioni di settembre. Significativa, a tal proposito, la nota di apprezzamento di ‘Al-Arab: «con la sua visita in Algeria, Meloni ha allontanato i timori che aleggiavano sull’asse Algeri-Roma riguardanti il retroterra culturale del nuovo governo di estrema destra, e ha proseguito invece nel solco del suo predecessore di sinistra Mario Draghi, rafforzando la cooperazione tra i due Paesi, soprattutto a seguito degli incontri bilaterali del 2021». In effetti, negli ultimi due anni le relazioni bilaterali sono nettamente migliorate – come confermato da ‘Abd al-Rahman Hadif, professore di economia dell’Università di Algeri in una intervista per l’emittente televisiva el-Chouruk: con questo incontro i due Paesi hanno raggiunto una «dimensione nuova» sia «nell’ambito della retorica che in quello della pratica»; il gas rimane evidentemente il tema principale sul quale vertono i colloqui, ma altri «dossier sono stati aperti, dalle rinnovabili all’industria».  

 

In un commento apparso sul sito di el-Chouruk, le affermazioni sono ancora più esplicite ed entusiaste, dato che le relazioni italo-algerine possono diventare un esempio per gli altri Paesi europei. In merito al profilo politico e ideologico di Meloni, l’autore non fa una piega: «la relazione tra Algeria e Italia è da Stato a Stato, non da governo a governo; per questo non rileviamo nessun cambiamento con l’avvicendamento alla presidenza, né con l’avanzata della “destra” e del centrodestra in coalizione con i partiti tradizionali, come quello di Berlusconi» il quale durante l’epoca di Gheddafi chiese scusa per l’occupazione italiana in Libia. Inoltre, l’Algeria «collabora con lo Stato italiano a prescindere dall’alternanza politica»; a essere particolarmente rilevante per il giornale è che «la destra italiana è molto diversa da quella francese per via del passato coloniale, e non possono essere quindi paragonate fra loro». Il confronto è impossibile anche con la sinistra spagnola, rea di aver «tradito la fiducia sulla questione del Sahara occidentale», azione resa ancora più grave dal fatto che Madrid, un tempo potenza coloniale su quel territorio, dovrebbe sostenere le richieste dei sahrawi, non «vendere la questione all’occupante [il Marocco] sotto le sue pressioni».

 

 

«La democrazia o lo sviluppo?» Il dilemma degli algerini

 

Malgrado il ruolo da protagonista che si è ritagliato negli ultimi anni, il “modello algerino” ha però ricevuto stroncature nette, come di al-‘Arab, che il 24 gennaio ha titolato: “l’Algeria non ha rivali nella corruzione”. L’autore dell’articolo, il giornalista iracheno ‘Ali al-Sarraf, mostra il suo disappunto già nell’incipit: «se si ritiene che l’Iraq, che è stato rifondato nel 2003 da americani e iraniani, sia il paese più corrotto del sistema solare, allora adesso si può affermare che l’Algeria è il Paese più corrotto della Via Lattea». Pertanto «nessuno può misurare il grado di amarezza percepito dagli algerini» ai quali «è stata rubata di fronte ai loro occhi la “rivoluzione”, la “liberazione”, il “socialismo” e pure la “democrazia popolare”, il nome favoloso» che ancora oggi rappresenta la dicitura ufficiale della repubblica. A Tebboune viene riconosciuto il merito di combattere la corruzione, soltanto però nell’ambito civile e non in quello militare, fortemente interessato dal fenomeno. A detta di al-Sarraf, infatti, l’esercito si legittima da solo, in quanto «l’invenzione di creare uno scontro con il Marocco sul Sahara di questo Paese resta una delle principali coperture alla corruzione».  

 

Un commento di Al-‘Arabi al-Jadid, dal titolo “La scelta difficile”, rileva una inconciliabilità di fondo nel sistema algerino tra gli ambiziosi piani di sviluppo e la democratizzazione della vita politica e sociale del Paese. Infatti, il potere del governo centrale «non ha mai avuto bisogno di un consenso politico per portare a compimento le sue scelte», in quanto si è sempre avvalso dell’uso della forza in nome dello «sviluppo prima di tutto». Ma questa logica, osserva l’autore, è destinata a fallire: «non è possibile implementare queste decisioni senza un dibattito serio, genuino e costruttivo sui temi economico-politici». In definitiva, «non è possibile dividere i progetti di sviluppo dalla questione democratica», o il risultato sarà sempre lo stesso.  

   

 

Le dinamiche del Mediterraneo occidentale: il ruolo di Marocco, Algeria, Francia e Spagna

 

Per al-Quds al-‘Arabi, l’incontro tra Meloni e Tebboune si colloca all’interno di uno scenario molto più ampio e complesso: quello del Mediterraneo occidentale e della regione maghrebina, composta da Libia (che la premier italiana visiterà domani), la già citata Algeria, il Marocco e l’annesso territorio del Sahara occidentale. Appare quindi evidente come gli accordi energetici tra i Paesi del Maghreb e l’Unione Europea s’intreccino necessariamente con una pletora di questioni e problemi regionali. Anzitutto vi è la questione sahrawi, territorio su cui la Spagna ha riconosciuto la sovranità marocchina, provocando così la reazione di Algeri, che ha interrotto la cooperazione e le politiche di buon vicinato con Madrid. Vi sono poi il perdurante confronto tra Algeria e Marocco, il sopraggiunto scandalo del “Qatargate” che ha messo in crisi le relazioni tra Rabat e Bruxelles e l’attivismo della Russia in campo diplomatico (come la visita di Lavrov, atteso in Marocco a febbraio) e militare (la presenza dei mercenari del gruppo Wagner). Last, but not least vi è la Francia nei suoi panni mai dismessi di ex potenza coloniale, che esercita ancora una forte influenza in gran parte del Nordafrica e del Sahel. Qualcosa però sta cambiando: dopo il Mali, anche il Burkina Faso ha chiesto al governo francese di far partire entro un mese le truppe presenti nel Paese africano, primo passo di quello che potrebbe essere un processo di de-francesizzazione – la Francia si occupa dei territori del Sahel «come se fossero ancora sue colonie», la chiosa di al-‘Arabi al-Jadid – tanto sul piano geopolitico quanto su quello culturale e linguistico, come dimostra il caso algerino. Paradossalmente, secondo al-‘Arab l’incontro tra Emmanuel Macron e il Capo di Stato maggiore algerino Saïd Chengriha avrebbe come obiettivo quello di elaborare un piano comune per fronteggiare l’espansione della Wagner in Africa. Tutto ciò non fa che confermare la «duplicità» di Algeri, che rimane ancora un solido alleato di Mosca nella regione, nonostante le operazioni di riavvicinamento con l’Occidente.        

 

 

 

 

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