Bambine trasformate in bombe umane, villaggi interi sterminati: l’azione di Boko Haram continua a devastare alcune aree della Nigeria, che spera di trovare un nuovo equilibrio nelle imminenti elezioni. Intervista a S.E. Mons. Kukah, vescovo di Sokoto
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:11:09
Negli ultimi mesi, in Nigeria si sono verificati alcuni fatti particolarmente violenti perpetrati dai terroristi di Boko Haram. Migliaia di persone innocenti trucidate, bambine e adolescenti che spinte dai genitori si fanno saltare in aria seminando morte... Come vive la Nigeria questa violenza che sembra inarrestabile?
I terribili casi come quelli delle bambine trasformate in bombe umane sono ancora di numero limitato, per fortuna. Certo, in una situazione come quella nigeriana attuale, i più piccoli e innocenti sono più vulnerabili, specialmente qui nel Nord, dove sono ancora troppo numerosi i bambini mandati a mendicare per le strade, le famiglie sono molto numerose e spesso i bambini sono lasciati a se stessi. In molti casi le figlie sono date in matrimonio in tenera età, tra i dieci e i sedici anni. Una delle bambine che non è riuscita a portare a termine la missione suicida, una volta fermata dalla polizia, ha confessato di essere stata consegnata a Boko Haram da suo padre. È anche possibile che alcune di loro siano state vittime di rapimenti e indottrinamenti. Quindi non va mai dimenticato che questi bambini sono innanzitutto le vittime innocenti di un contesto caratterizzato da terribili disagi familiari. I terroristi operano fuori da ogni logica di moralità e non è possibile trovare una spiegazione razionale al male che compiono. Agiscono alimentando un clima di paura: esportano terrore e cercano la distruzione di chi non è come loro.
Dopo gli omicidi di massa avvenuti in alcuni villaggi, come vivono le persone? Si può riprendere una vita normale sotto la minaccia dei fanatici violenti?
La paura è forse diminuita per ora. Anche negli Stati in cui avvengono continuamente atti violenti, la maggior parte delle persone prosegue le sue normali attività. La situazione sembra migliorare e spero che con l’aiuto delle forze internazionali potremo vedere sviluppi significativi positivi. Questa è la nostra speranza.
Come pensa che gli aiuti internazionali possano risolvere la situazione?
Negli ultimi anni Boko Haram ha sfruttato i fragili confini con il Camerun, il Niger e il Ciad. Questi Stati sono finalmente disposti a prendere parte alle operazioni di contrasto di Boko Haram per proteggere meglio i loro confini. Hanno capito che abbiamo un nemico in comune. A partire da questa collaborazione possiamo ragionevolmente sperare che presto giungeremo a un contenimento dell’azione violenta di Boko Haram. La nostra speranza è sostenuta anche dalla consapevolezza che non si tratta più solo di un attacco contro i cristiani né di uno scontro tra cristiani e i musulmani, ma di terroristi che costituiscono un nemico comune a cristiani e musulmani. Le persone vengono ammazzate a prescindere dalla loro appartenenza religiosa. Nelle mie visite in alcune aree del Nord ho potuto vedere casi di collaborazione tra persone di diversa appartenenza, a riprova del fatto che i nigeriani si stanno unendo contro il nemico comune. Anche gli sciiti, ad esempio, non sono più così divisi dal resto della popolazione com’erano in precedenza. Circa tre mesi fa ho fatto visita allo Stato di Yobe, dove la popolazione era estremamente preoccupata dalla possibile invasione di Boko Haram; oggi solo una città di Yobe è controllata dalle milizie islamiche. Accade lo stesso in altri Stati, per questo la gente spera: non perché non si muoia più o perché questa storia stia per finire, ma perché le forze internazionali si sono messe in azione finalmente agendo e ispirano fiducia.
Com'è la situazione nella sua diocesi, a Sokoto? La popolazione è spaventata, avverte la minaccia di Boko Haram?
Sokoto è abbastanza pacifica, almeno in apparenza. Le tensioni qui sono dovute soprattutto all'ideologia. La popolazione si divide tra una maggioranza sunnita e una minoranza sciita. Tuttavia c’è ragione di essere preoccupati. Le comunità non musulmane hanno avuto terribili esperienze nella maggior parte degli Stati del Nord, ma a Sokoto la vicenda è stata molto limitata. Le crisi sono state soprattutto interne all'Islam, tra le popolazioni sunnite e sciite. Ci sono anche tensioni tra il principale partito del centro del Paese, il Peoples Democratic Party, PDP, e la situazione locale del Nord, dove il governo è dell'All Peoples Congress, APC. La paura dei non musulmani è che essi possano essere le vittime dello scoppio di una qualsiasi crisi, come lo sono stati quando vennero distrutti negozi e chiese. Tuttavia il capo dell’esercito rientrato in servizio nel mese di gennaio è cattolico, mi ha fatto visita e mia ha rassicurato sul livello della loro preparazione.
Le elezioni fissate inizialmente per sabato 14 febbraio, sono state rimandate a marzo. Un bene per la situazione della Nigeria?
Sono state posticipate a fine marzo e penso che questo abbia dato sollievo a molti. Sembra infatti che solo il 60% degli aventi diritto di voto avesse ricevuto la tessera elettorale. Considerato che poi non tutti vanno a votare, questo avrebbe accresciuto il rischio di una bassa affluenza al voto, cosa che avrebbe sicuramente creato gravi tensioni tra gli eventuali vincitori e gli avversari. Chi invece alla fine sarà eletto, se sarà riconosciuto come legittimo da tutti, potrà essere un segno di speranza per condurre il Paese fuori dal clima di disperazione che percepiamo. Avrà cinque anni a disposizione per contribuire significativamente alla soluzione del problema del terrorismo.