Come gli uomini delle religioni possono affrontare l'affascinante compito di edificazione sociale nell’accompagnamento critico del processo di meticciato di civiltà e di culture?
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:55:02
Da sinistra: Carl Anderson, Seyyed Hossein Nasr, Angelo Scola, Celestino Migliore, Israel Singer, Roberto Fontolan
È piuttosto inconsueto per la sede dell'Onu di New York che un professore musulmano, un rabbino e un cardinale della Chiesa Cattolica si incontrino per parlare di fede e del ruolo pubblico delle religioni.
Mercoledì 17 gennaio 2007, nell'auditorium Dag Hammarskjöld Library del Palazzo di Vetro, la sede delle Nazioni Unite a New York, si è tenuto l’evento di presentazione della rivista Oasis.
Popoli e religioni
L’Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ONU, ha aperto l'incontro; il prof. Carl A. Anderson, Supreme Knight dei Cavalieri di Colombo, ha quindi introdotto i tre relatori:
- Seyyed Hossein Nasr, docente di studi islamici presso la George Washington University
- Israel Singer, presidente del Policy Council del World Jewish Congress
- Angelo Scola, Patriarca di Venezia
Le conclusioni sono state affidate al dott. Roberto Fontolan, direttore di Oasis.
La sala – gremita di oltre duecento persone intervenute ad ascoltare ambasciatori, intellettuali, giornalisti, studiosi e semplici curiosi – si è trovata di fronte a un’inattesa consonanza tra i tre relatori, in particolare su alcune idee: ad esempio, la sottolineatura del limite di dichiarazioni di principi che restino soltanto astratte, perché non calate in una realtà storica.
Possono le esperienze religiose ovviare in qualche modo a questo limite per accrescere la loro capacità di edificazione sociale e, quindi, per diventare protagoniste di una più adeguata promozione dei diritti umani? - si è chiesto il Cardinal Scola - Ritengo che a questa domanda si possa dare una risposta positiva. Si tratta di pensare i rapporti tra i soggetti storici realmente all’opera nelle nostre società, tra i quali le religioni spiccano per la loro singolare importanza, e i criteri della loro possibile convivenza. A questo proposito – ha continuato il Patriarca di Venezia – mi sembra di fondamentale importanza riconoscere il dato che l’humanum come tale (dimensione universale) si dà sempre e solo nella concreta vita degli uomini e delle comunità (dimensione particolare). Così ogni comunità di uomini, con le
manifestazioni culturali che la caratterizzano, è espressione dell’universale humanum ma lo è nelle forme culturali storicamente determinate che sono sue proprie. Così si danno condizioni antropologicamente strutturali di una cultura, che sono universali, ma che vivono in attuazioni storiche e comunitarie sempre particolari
Anche il professor Nasr ha messo in guardia dal pericolo di fissare un unico modello di sviluppo sulla base del quale valutare ogni espressione umana. Il professore musulmano – che più volte ha
citato con ammirazione Dante – interrogato sulla situazione attuale dell’Iran, suo Paese d’origine, ha sottolineato quanto intenso e poco conosciuto sia il dibattito intellettuale all’interno dell’Iran e come altrettanto sconosciuti restano episodi e dichiarazioni che esprimono il volto moderato e maggioritario dell’Islam.
Proprio uno di questi esempi è stato rilanciato da Rabbi Singer che ha letto una parte della recente dichiarazione del mufti d’Egitto Ali Gom‘a, che ha condannato la violenza come inconciliabile con la religione islamica utilizzando espressioni molto dure nei confronti dei terroristi. Per il presidente del Policy Council del Congresso ebraico mondiale l’esperienza di Oasis, che segue da tempo, è tanto sorprendente per il cammino di crescita percorso quanto quella del dialogo cristiano-ebraico sviluppatosi al di là di ogni aspettativa negli ultimi trent’anni.
La domanda sottesa a tutto l’incontro è stata ripresa dal Patriarca nella conclusione del suo intervento:
Come gli uomini delle religioni possono affrontare questo affascinante compito di edificazione sociale nell’accompagnamento critico del processo di meticciato di civiltà e di culture? La strada che ci permettiamo umilmente di indicare è quella che ha visto nascere la rivista Oasis e il Centro che la promuove. Possiamo individuarla nel tema della testimonianza, intendendo questa categoria in tutta la sua forza teoretica e pratica. La testimonianza chiama in causa ogni uomo e ogni donna, invitandoli a esporsi, a pagare di persona, a non decidere in anticipo fino a dove si può arrivare nell’incontro e nel dialogo con l’altro. Alla testimonianza nessun uomo può sottrarsi, in forza del rischio implicato dalla libertà che non è mai definibile a priori. L’umana libertà non si può mai “dedurre”, ma il suo pieno significato si dà solo nell’atto che la performa
«Oasis – ha chiuso il suo intervento il Patriarca – vuole percorrere le strade accidentate della testimonianza. Esse non sono del tutto identificabili a priori. Per questo Oasis è un cantiere sempre aperto».