La dissoluzione del partito che ha dominato la scena politica siriana per oltre mezzo secolo è un atto simbolico rilevante per il Paese mediorientale e per tutto il mondo arabo
Ultimo aggiornamento: 05/02/2025 12:24:51
Mercoledì 29 gennaio 2025 le nuove autorità siriane hanno impresso una svolta decisiva al complesso processo di transizione politica e istituzionale iniziato lo scorso 8 dicembre con la caduta del regime di Bashar al-Assad. Il portavoce delle forze armate, Hassan Abdel Ghani, ha annunciato all’agenzia di Stato SANA il definitivo scioglimento dell’esercito, del parlamento e del Ba‘th, il partito che aveva dominato la vita politica, culturale e sociale del Paese per più di sei decenni. In realtà, il “Partito della Resurrezione Araba Socialista”, questo il suo nome completo, aveva cessato di esistere già dopo l’8 dicembre 2024, quando il Comando Centrale aveva sospeso tutte le attività “fino a nuovo segnale” e consegnato i suoi beni – denaro, armi e proprietà immobili – alle opposizioni. La comunicazione del 29 gennaio ufficializza e completa questo processo: anche il braccio mediatico del partito, costituito dall’omonimo quotidiano, dal sito web e dai canali social, è stato oscurato.
La fine del Ba‘th rappresenta un atto simbolico rilevante sia per la Siria che per l’intero mondo arabo. A livello nazionale viene eliminata la piattaforma politica da cui aveva tratto legittimazione la famiglia Assad fin dall’inizio degli anni Settanta. Il Ba‘th si era fuso con il governo e gli apparati statuali, diventando il principale ingranaggio di un regime autoritario che aveva represso in maniera brutale e sistematica qualsiasi opposizione, dai comunisti ai membri della Fratellanza Musulmana. Intrinsecamente connessa con il potere della dinastia alawita, l’organizzazione aveva però smarrito la sua originaria identità, al punto che alcuni membri erano convinti che il partito fosse stato creato dagli Assad, ignorando il fatto che a fondarlo, nel 1947, furono due insegnanti, il cristiano Michel Aflaq e il musulmano sunnita Salah al-Din al-Bitar.
A livello regionale, lo scioglimento sancisce la liquidazione di uno dei pochi movimenti politici arabi a carattere trans-nazionale, la cui ideologia pan-araba e socialista aveva dominato, assieme al nasserismo, il dibattitto politico e culturale arabo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Conclusa la grande stagione dei progetti unionisti, il Ba‘th era sopravvissuto soprattutto come apparato di potere in Siria e Iraq, senza però essere in grado di aggiornarsi di fronte alle sfide dei nuovi scenari regionali e internazionali. Soltanto nel corso della guerra civile siriana, e in particolar modo dopo il 7 Ottobre 2023, Assad aveva provato a reinterpretare il baathismo, ormai divenuto un “fossile vivente”, adattandolo alla visione geopolitica dell’alleata Repubblica Islamica iraniana. Da qui la risemantizzazione del concetto di “resistenza” contro l’“aggressione sionista”, il sostegno alla causa palestinese, la lotta contro gli imperialismi occidentali e l’intesa con i Paesi dell’ex blocco socialista come Russia, grande protettrice del regime di Damasco, Corea del Nord e Venezuela.
Con la fine della “Resurrezione” si chiude un’epoca storica. Ad eccezione di una costellazione di minuscole formazioni (post)baathiste presenti in Giordania, Sudan e Mauritania, il nazionalismo arabo socialista è stato abbandonato dagli altri partiti e regimi secolari, che col tempo hanno promosso identità nazionali e sviluppato economie di mercato. Inoltre la dissoluzione fa venire meno, almeno per il momento, uno degli strumenti con cui la Siria esercitava influenza sul vicino Libano, spesso interferendo negli affari interni del Paese. Non è un caso che dopo l’8 dicembre le sedi del Ba‘th libanese siano state prese d’assalto, e che pochi giorni dopo l’annuncio del 29 gennaio, il leader ‘Ali Hijazi abbia preso le distanze dalla formazione madre, promettendo un profondo rinnovamento interno e probabilmente anche la ridenominazione del movimento.
Importanti sono anche le modalità con cui è avvenuto lo scioglimento. Il presidente ad interim Ahmad al-Sharaa ha attentamente pianificato il processo di dismissione del vecchio establishment allo scopo di non ricommettere gli errori avvenuti durante il processo di de-baathificazione in Iraq nel 2003. Se il Ba‘th di Saddam Hussein era stato sciolto nel pieno della sua attività da una potenza occupante e occidentale, quello di Bashar al-Assad, afflitto da una cronica crisi interna, è stato liquidato dal nuovo governo siriano. Quest’ultimo ha però assicurato il passaggio dei poteri in maniera ordinata e graduale, addirittura cooperando con alcuni funzionari del partito e reimpiegando una parte dell’apparato burocratico, giuridico e militare baathista nelle istituzioni.
Nella Siria di Ahmad al-Sharaa non c’è più posto per una forza politica così obsoleta, fragile e collusa con gli Assad come il Ba‘th; la sua fine era dunque una questione di tempo. L’interrogativo ora è capire se e quali forze della società civile siriana riusciranno a costruire un partito nazionale autenticamente laico e democratico, capace di prendere parte al processo di rifondazione della Siria presentandosi come un’alternativa ai movimenti islamisti e al confessionalismo.
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