Un nuovo strumento per la comprensione dell’Islam in Italia
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 10:01:01
Recensione di Antonio Angelucci, Maria Bormardieri, Antonio Cuciniello, Davide Tacchini (a cura di), Chiesa e Islam in Italia. Incontro e dialogo, EDB, Bologna 2019
«L’Italia ha il mondo in casa. Quando ne diventerà di casa? Dalla risposta a questa domanda dipende il nostro futuro. Non un vago avvenire, ma la vita di tutti noi, italiani e stranieri che popolano questo paese. Un domani di cui l’oggi è pregno. Sapremo organizzare la convivenza con gli immigrati, armonizzarli nel contesto nazionale?... L’incrocio fra persone, storie e culture diverse produrrà un’Italia felicemente meticcia in un’Europa emancipata dal mito spagnolesco della limpieza de sangre? Oppure italiani e stranieri sono condannati ad asserragliarsi in domini separati, vegliati da fortificazioni non solo metaforiche, prodotte dalle reciproche paure? Possiamo/vogliamo vivere da separati in Italia?» (Limes, n. 4, 2007, p. 7).
Il nostro è stato a lungo un Paese d’emigranti e soltanto di recente si è trovato a diventare la meta di un flusso migratorio, per di più composto anche (ma non soprattutto, nonostante la percezione diffusa) da persone di tradizione diversa da quella cristiana. Se pensiamo che le maggiori confessioni non cattoliche (ebrei e valdesi) storicamente presenti in Italia contano circa 30.000 fedeli e che i musulmani solo nel milanese sono attualmente oltre 100.000, la novità della situazione rapidamente determinatasi appare lampante. Impreparati dunque, il che vale anche per chi arriva da Paesi a maggioranza islamica e si trova a vivere in una società di tradizione cristiana ma fortemente secolarizzata.
Inoltre, affrontiamo una situazione a macchia di leopardo, tipica per noi e dovuta ai mille localismi che ci caratterizzano, ma anche dipendente dalla scarsa omogeneità dei gruppi musulmani, che in Italia son ben lontani dalla prevalenza di un’etnia sulle altre, come succede invece per i maghrebini in Francia, per i turchi in Germania e per gli indo-pakistani in Gran Bretagna.
Non è detto che queste due condizioni siano necessariamente negative: un eccessivo centralismo in materia di integrazione, infatti, potrebbe sacrificare a un modello unico situazioni differenziate per potenzialità da cogliere o problematicità che invece inducono prudenza; il pluralismo etnico-religioso dei nuovi arrivati può essere una ricchezza anche per loro stessi, abituati in patria a un’omogeneità che qui sarebbe forzoso pretendere. Va da sé che, invece, sono stati piuttosto gli aspetti negativi di tali premesse ad affermarsi, con, da un lato, una situazione pasticciata e sovraccarica di polemiche anche negli scarsi e timidi tentativi di soluzione “locale” e dall’altro una frammentazione endemica delle associazioni musulmane, che risponde più a opposti raggruppamenti d’ideologia o d’interesse che a una sana pluralità di presenze.
Anche nella Chiesa italiana ci sono sensibilità differenti, ma non si può negare che con le parrocchie e con la sua fitta rete di opere assistenziali essa sia stata presto in prima fila per sopperire a molte necessità dei nuovi arrivati. L’identità religiosa di questi ultimi non ha generalmente costituito un problema, benché solo col tempo ci si sia resi conto che il fenomeno sarebbe stato irreversibile e che dunque la risposta a bisogni materiali non sarebbe stata sufficiente. Da molti anni, presso la Conferenza Episcopale Italiana è stato costituito un gruppo di riflessione, dapprima composto soltanto da cattolici interessati e competenti, ma ultimamente allargato in varie iniziative di confronto e di impegno comune anche ad alcuni musulmani rappresentativi dei differenti raggruppamenti presenti sul suolo nazionale. Un primo esito di tale lavoro sono le “schede” raccolte in questo volume, pensate come momento di sintesi di una lunga e ponderata riflessione, ma anche di svariate esperienze sul campo e come strumento per chi si dovesse affacciare alla questione più o meno per la prima volta. Il ventaglio delle tematiche, tutte affidate a persone di provata esperienza, è davvero ampio: alcuni paragrafi sono finalizzati a conoscere meglio la variegata comunità musulmana del nostro Paese, altri ne forniscono profili quantitativi e giurisprudenziali, ma la maggior parte riflettono situazioni concrete di contatto e di scambio, dagli oratori alle carceri, dagli ospedali alle scuole, senza indulgere ad alcun allarmismo, ma anche senza tacere criticità e cautele. Insomma, un primo vademecum per chi da una parte avverte che non si può restare con le mani in mano e dall’altra non intende gettarsi istintivamente a fare la prima cosa che capita. Un segnale di maturità, di qualcosa che sta crescendo e che dunque non cessa di interrogarsi e pertanto si dota finalmente di uno strumento di riflessione comune.