Oltre le letture patriarcali dell’Islam: una rilettura olistica e storico-critica del Corano
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 10:00:50
Recensione di Nayla Tabbara, L’Islam pensé par une femme, Bayard, Montrouge 2018
Il mondo arabo-islamico, negli ultimi decenni, ha assistito al proliferare di opere e analisi che tentano di gettare una nuova luce sulle questioni di genere nell’Islam, a partire dalla reinterpretazione del Corano e della tradizione musulmana. Non è questo il caso, o almeno non totalmente, de L’Islam pensé par un femme (L’Islam pensato da una donna), di Nayla Tabbara. La tematica dell’opera non è confinata al ruolo e ai diritti della donna nell’Islam. Quello della teologa musulmana libanese è, piuttosto, un tentativo di guardare alla religione e al Corano, nel loro complesso, da una prospettiva femminile, un punto di vista per lo più escluso dalla formulazione tradizionale dei principi religiosi.
Il femminile e il maschile diventano, nell’opera di Tabbara, simboli di caratteristiche culturalmente determinate, rispettivamente quelle dell’accoglienza e dell’apertura da una parte e quelle dell’operatività e della tendenza al cambiamento dall’altra. L’esclusione del femminile dall’interpretazione coranica e la prevalenza di una lettura patriarcale hanno portato, secondo l’autrice, alla rappresentazione di una religione basata sulla forza e sulla potenza, dominata da un Dio autoritario declinato al maschile; un Islam suprematista e legalista che ha marginalizzato le donne e ha messo da parte i valori dell’inclusione e della misericordia, predominanti nel Corano.
Il libro nasce da un dialogo prolungato con la giornalista de La Croix Marie Malzac, che ha trascritto le risposte date dalla teologa musulmana nel corso di interviste e scambi telematici. L’esposizione non accademica di argomenti complessi e i riferimenti a esperienze personali lo rendono particolarmente coinvolgente e fruibile anche per i non specialisti. Il risultato è un’opera che offre una panoramica utile e chiara dei fondamenti della fede islamica e della complessità delle correnti da cui questa è attraversata, dando particolare spazio ai cambiamenti in atto a livello esegetico e sociale:
«Gli sviluppi sono diversi da un Paese all’altro ma il risveglio è crescente» (p. 113)
Il tutto è costantemente accompagnato da citazioni tratte dal Corano e dagli hadīth. A chi vede il Corano come un dettagliato manuale di istruzioni per la vita, Tabbara contrappone una visione del Testo come parola divina che entra in relazione con l’uomo e il suo contesto. La sua metodologia interpretativa si ispira da un lato all’analisi storico-critica utilizzata negli studi biblici, dall’altro all’approccio olistico adottato dalle femministe musulmane:
«Non possiamo capire il Corano senza considerarlo nel suo insieme e senza far riferimento al suo contesto» (p. 57)
In merito all’utilizzo degli hadīth, l’autrice raccomanda «precauzione» (p. 63) perché si tratta di testi scritti almeno un secolo dopo la morte di Muhammad che possono aver subito le influenze di un determinato contesto storico. Il criterio impiegato dall’autrice è quello di considerare «ciò che è in linea con il Corano e i valori di base dell’Islam e rifiutare ciò che non è in linea con questi» (p. 64).
Tabbara, inoltre, attribuisce al Corano una funzione pedagogica, che ha come scopo la «decostruzione delle concezioni umane di Dio» (p. 24), della religione e del rapporto con gli altri. In questo contesto, l’autrice affronta anche il tema del genere di Dio, ventilando la possibilità di parlarne al femminile, contrariamente all’uso consolidatosi nella tradizione musulmana. Secondo la teologa libanese, infatti, conseguenza della visione maschile di Dio è stata la predilezione, nella storia islamica, per gli attributi divini culturalmente afferenti all’universo maschile, come quelli della potenza e del dominio, rispetto a quelli più femminili, riguardanti la misericordia, l’amore, la bontà, ben più numerosi. È attraverso i suoi nomi – ricorda Tabbara – che il credente può conoscere Dio: essi indicano i valori alla base dell’Islam.
In contrapposizione a un Islam identitario e legalista, simbolo di «un’immaturità spirituale» (p. 45), l’autrice propone l’immagine di un Islam dei valori, in cui più importante del velo esteriore, è quello interiore. Pertanto, se generalmente sono i cinque pilastri a farla da protagonisti quando si definisce l’Islam, Nayla Tabbara afferma che questa spiegazione è riduttiva e perde di vista l’essenza della religione. La teologa libanese individua, invece, tre aspetti fondamentali della religione coranica: il rapporto con Dio (o spiritualità), l’importanza della riflessione costante e l’impegno verso l’altro. Non può esserci infatti vera fede senza relazione con Dio ma anche senza il dubbio, altrimenti «non si tratterebbe di un cammino di fede ma di un atteggiamento identitario, che si rifugia nell’intransigenza, se non addirittura nell’estremismo» (p. 42). Allo stesso modo, come ricorda il Corano, se la religione è rapporto con l’unico Dio, essa è vuota senza la relazione con l’altro e l’attenzione all’emarginato. Nelle parole di Tabbara c’è un invito rivolto all’essere umano a superare se stesso e la sua povertà interiore, cercando di sviluppare la versione migliore di sé.
Dopo aver spiegato le basi della religione e le coordinate del suo approccio interpretativo, la teologa si addentra nelle questioni specifiche, dando priorità a quelle più spinose, tra cui il ruolo della donna nell’Islam e i femminismi islamici, il dialogo con le altre religioni, il rapporto con la fragilità e la relazione tra Islam e politica. In tutti questi casi, mostra come l’interpretazione patriarcale abbia portato all’elaborazione di una religione escludente nei confronti delle donne, della diversità e della fragilità, una religione utilizzata come strumento politico. La sua analisi linguistica e storica del testo sacro e la sua sintesi delle recenti tendenze interpretative permettono di guardare a ognuno di questi argomenti da una prospettiva nuova, mostrando come gli approcci esclusivisti e legalisti, che affermano la necessità di uno Stato islamico, non trovino corrispondenza nel Corano.
Un posto particolare viene riservato al rapporto con i non-musulmani e alla teologia del dialogo. È un argomento che ritroviamo nel corso di tutto il libro e a cui l’autrice dedica un intero capitolo. Nessuno stupore, considerato il suo impegno per il dialogo sia a livello accademico che all’interno dell’associazione Adyan (“religioni”), di cui è cofondatrice. È uno dei capitoli più personali del libro, in cui racconta la forte comunione spirituale percepita nei momenti di preghiera condivisa o di partecipazione alle messe cristiane. È stata proprio l’intensa commozione provata in quei momenti a convincerla che Dio voleva che si mettesse «al servizio della comunione tra cristiani e musulmani, oltre che con i credenti di altre religioni» (p. 138). “L’altro” diventa allora per Tabbara una «parola di Dio» (p. 74), una grazia che, con la sua diversità, può permettere a ogni essere umano di progredire nel cammino spirituale.
Nell’analisi proposta dall’autrice, non vengono taciute le questioni più problematiche, come il fatto che Muhammad abbia avuto più mogli e abbia condotto delle guerre o come l’esistenza di versetti contraddittori o più violenti. Tabbara le affronta analizzandole alla luce del contesto storico, dell’analisi linguistica del testo e dell’idea di una pedagogia coranica. L’immagine che ne emerge è quella di un Islam liberante, che dà spazio alla coscienza interiore, spronando alla misericordia, alla compassione e al rispetto della diversità. Il messaggio di Dio, infatti, «libera l’intelligenza, spingendo i credenti e le credenti a ripensare con coraggio alle questioni della religione alla luce del loro secolo e del loro contesto» (p. 44). È un’interpretazione della religione incentrata sull’importanza dei diritti e che vede l’uguaglianza come un pilastro, perché tutti hanno pari dignità agli occhi di Dio. Una visione, quella di Nayla Tabbara, che non pretende di essere assoluta ed esaustiva, ma stimola alla costante riflessione e al miglioramento di sé, in vista del bene personale e comunitario.
Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis
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Per citare questo articolo
Riferimento al formato cartaceo:
Viviana Schiavo, Un invito a scoprire il femminile che è in Dio, «Oasis», anno XV, n. 30, dicembre 2019, pp. 130-133.
Riferimento al formato digitale:
Viviana Schiavo, Un invito a scoprire il femminile che è in Dio, «Oasis» [online], pubblicato il 10 dicembre 2019, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/corano-islam-femminismo.