L’avventura intellettuale di Louis Gardet, il grande islamologo cattolico del Novecento, cominciò con un articolo dedicato al rapporto tra ragione e fede nella religione musulmana. Stimato da Paolo VI, fu grande amico di Jacques Maritain e collaborò con padre Anawati. 

Questo articolo è pubblicato in Oasis 12. Leggi il sommario

Ultimo aggiornamento: 30/07/2024 12:27:46

È nel 1937 che Louis Gardet fa la sua comparsa nel mondo delle pubblicazioni scientifiche, firmando un articolo su Raison et foi en Islam nella Revue Thomiste dei Padri Domenicani francesi. La sua vera identità è nota solo a Dio, visto che sulla sua pietra tombale nel cimitero di Ramonville, presso Tolosa (Francia), si può leggere solo questo epitaffio: «Frère André, 1904-1986». Colui che dal 1948 al 1986 fu considerato uno dei migliori islamologi cattolici non avrebbe mai previsto un simile destino. Dopo brillanti studi in letteratura e filosofia, il giovane pensatore francese, che era stato sedotto da Gide e Cocteau, si converte a Gesù Cristo durante il Natale del 1926.

Jacques Maritain, attirato da alcuni suoi articoli di filosofia firmati con lo pseudonimo di André Harlaire, l’aveva invitato a frequentare il loro circolo di Meudon, ritrovo di artisti, pensatori e “cercatori di Dio”. Jacques lo iniziò al tomismo e gli fece intravedere le possibilità della “filosofia dell’essere” per l’incontro tra le culture. Maritain fu per Gardet un eccellente “direttore spirituale” nella sua ricerca di una via contemplativa “nel mondo”. Dopo diversi tentativi di rispondere a questa vocazione, André Harlaire si ritrovò giardiniere, poi segretario del Padre Generale alla casa madre dei Padri Bianchi (Missionari d’Africa) alla Maison-Carrée nei pressi d’Algeri. È là che nel 1933 si unì al gruppo di Padre Père René Voillaume, il quale poco dopo fondò un convento-zâwiya dei Piccoli Fratelli di Gesù a El Abiodh Sidi Cheikh, nel sud della provincia algerina di Orano, a imitazione di quanto fatto dal beato Charles de Foucauld a Tamanrasset.

Di spiritualità carmelitana, la vita dei Piccoli Fratelli si svolse fino alla seconda guerra mondiale in uno stile di vita tra i più austeri (funzioni notturne, ore d’adorazione, pasti frugali), avendo come materia di studio la meditazione dei grandi mistici cristiani e la scoperta parallela delle grandi opere della mistica musulmana. È per via di questo approccio spirituale a un’altra tradizione religiosa che Louis Gardet aveva firmato tre articoli apparsi nella Revue Thomiste nel 1937 e 1938.

La guerra disperse i Fratelli dal 1939 al 1940 e dal 1942 al 1945, fino a indurli a considerare altre forme d’imitazione di Charles de Foucauld “nel cuore delle masse” delle grandi città moderne d’Europa, poi del mondo intero, in modo analogo a quanto fecero anche le Piccole Sorelle di Gesù.

Nell’ottobre del 1941 la stessa guerra aveva condotto all’università di Algeri, per degli studi di lingua e letteratura araba, un giovane domenicano egiziano che aveva concluso la sua formazione teologica in Francia, padre Georges Chehata Anawati. Fu l’occasione di un primo contatto con Louis Gardet, poi di un lavoro in comune a El Abiodh per tutta l’estate del 1942 e successivamente di una collaborazione per l’edizione di uno studio comparato di teologia cristiana e musulmana.

Il 19 agosto del 1944 padre Anawati ritornò al Cairo, dove fondò, qualche anno dopo, l’Istituto Domenicano degli Studi Orientali. Louis Gardet, Fratello André una volta presi i voti, nell’autunno del 1946 si ritrovò a Saint-Maximin, nella regione del Var (Francia), come “direttore di studi” dei Piccoli Fratelli che seguivano i corsi di filosofia e di teologia allo Studium dei Domenicani: nella primavera dello stesso anno, aveva accompagnato padre Voillaume a Roma e aveva reso visita a Jacques Maritain, ambasciatore francese presso la Santa Sede (lo fu soltanto dal 20 aprile 1945 al 4 giugno 1948). Pur accompagnando i suoi “fratelli” nel loro studio, Louis Gardet pubblicò numerosi articoli e nel 1948 compose con Padre Anawati il loro capolavoro, la Introduction à la théologie musulmane (Essai de théologie comparée), che divenne assai presto un grande successo editoriale e rese i suoi autori noti al mondo universitario e orientalista. Con la prefazione di Louis Massignon, il libro parla di tutti i grandi testimoni del ‘ilm al-kalâm islamico e dei migliori teologi della tradizione cristiana. Per realizzare l’opera, i “due compari” avevano tradotto e annotato il manuale di teologia islamica di Bâjûrî , intitolato Glossa (Hâshiya) sulla “Jawharat al-Tawhîd”, poema teologico di al-Lâqânî, che fu pubblicato nel 1951 in forma privata.

Sempre avendo come base Saint-Maximin, presso lo studio domenicano, Louis Gardet moltiplica la sua attività di professore invitato in alcuni istituti cattolici d’insegnamento superiore, così come al Centro Culturale di Dâr al-Salâm al Cairo, fondato da Mary Kahil, amica intima di Louis Massignon.

Riprendendo spesso alcuni articoli pubblicati in diverse riviste di difficile accesso, Gardet pubblica nel 1951 La Pensée religieuse d’Avicenne (Ibn Sînâ), La connaissance mystique chez Ibn Sînâ et ses présupposés philosophiques nel 1952, poi Expériences mystiques en terres non chrétiennes del 1953, e La Cité musulmane, vie sociale et politique nel 1954.

Tiene numerose conferenze in Europa e partecipa a numerosi congressi nei paesi arabi, fino in India, e successivamente in America. All’epoca viene considerato insomma uno dei migliori conoscitori del “pensiero islamico”, ciò che gli valse l’invito a compilare numerose voci (in particolare quella su Allâh) della seconda edizione della prestigiosa Encyclopédie de l’Islam, sia nell’edizione francese, sia nell’edizione inglese.

 

Le baracche di Tolosa

All’epoca viene considerato insomma uno dei migliori conoscitori del “pensiero islamico”. La sua doppia preoccupazione di interrogare, da un lato, le esperienze mistiche e di apprezzarne il valore e, dall’altro lato, di proporre al pubblico cristiano una presentazione scientifica e simpatetica dell’Islam lo indusse a pubblicare nel 1958 Thèmes et textes mystiques: recherches de critères en mystique comparée, e un primo best-seller, Connaître l’Islam, che fu rapidamente tradotto in diverse lingue.

Avendo i Domenicani trasferito il loro studium da Saint-Maximin a Tolosa nell’estate del 1958, Louis Gardet li seguì insieme ai suoi “fratelli di studi”: vi risiedono in umili baracche di legno, nelle dépendance del convento. Il suo tempo è tutto occupato dall’insegnamento, collaborazioni e pubblicazioni, ciò che nel 1960 lo induce a pubblicare, in italiano, Mistica islamica: aspetti e tendenze, esperienze e tecniche, successivamente ripubblicato in francese nel 1961 col titolo di Mystique musulmane: aspects et tendances, expériences et techniques.

Nel marzo dello stesso anno Jacques Maritain, dopo la morte della moglie Raïssa avvenuta a Parigi il 4 novembre 1960, diventa ospite dei Piccoli Fratelli di Tolosa, ciò che permette a Louis Gardet di ritrovare il suo maestro: “amicizia ritrovata” che non manca di nutrire la riflessione di entrambi. Jacques entrerà nella “Fraternità” in modo definitivo nel luglio 1970 per terminare la sua vita “nell’obbedienza religiosa”, non senza aver pubblicato precedentemente Le paysan de la Garonne (1966).

I lavori del Concilio Vaticano II (1962-1965) avevano nutrito la loro comune speranza e li avevano incoraggiati nelle rispettive vocazioni. Nell’aprile del 1965, passando per Roma di ritorno dal Medio Oriente, Gardet ha la gioia d’essere ricevuto in udienza privata da Paolo VI, che lo incoraggia nel suo “tomismo aperto” e nei suoi “lavori d’islamistica”. Lui si congratula per la dichiarazione Nostra Aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, soprattutto a proposito del paragrafo 3, in cui si esprime la “stima per i musulmani”. Per questo viene immediatamente nominato “consulente” presso il Segretariato per i Non Cristiani che Paolo VI creò durante il giorno di Pentecoste del 1964: sarà uno dei suoi più fedeli consiglieri durante quasi quindici anni. Insieme ai professori Roger Arnaldez et Henri Laoust, lavorò alla riedizione, in quattro volumi, della La passion d’al-Hallâj, martyr mystique de l’islam, di Louis Massignon, che il figlio Daniel e la figlia Geneviève, riuscirono infine a pubblicare nel 1975.

Nel 1967 Gardet pubblica il suo secondo best-seller, L’Islam, religion et communauté dopo una prima edizione in olandese. In questo testo l’autore sviluppa il suo precedente Connaître l’Islam del 1958 e il libro ebbe rapidamente numerose traduzioni.

Nello stesso anno propone ciò che aveva già progettato in collaborazione con Padre Anawati: Dieu et la destinée de l’homme, una grossa opera d’antropologia musulmana. Inoltre, viene pubblicata in traduzione araba a Beirut la sua Introduction à la théologie musulmane, ad opera dei suoi amici Padre Farid Jabre e lo shaykh Subhî Sâlih. Louis Gardet partecipa attivamente all’elaborazione e alla pubblicazione nel 1969 del manuale del Segretariato romano di cui era consulente, Orientations pour un dialogue entre chrétiens et musulmans, libro tradotto rapidamente in inglese, spagnolo e italiano.

Nel 1970 Gardet pubblica, per le Presses Universitaires de France, un eccellente libretto intitolato La mystique, prima di pubblicare nel 1972 i suoi Etudes de philosophie et de mystique comparées.

 

Uomini crudeli

Parallelamente alle pubblicazioni, va a insegnare dove i suoi amici del Marocco (Professor Mohamed Aziz Lahbabi), d’Algeria (Professor Abdelmajid Méziane) oppure del Libano (i membri del Cenacolo) lo invitano, sempre continuando a pubblicare studi e articoli in numerose riviste. Quello stesso anno viene infine sollevato da ogni responsabilità nella formazione filosofica e teologica dei Piccoli Fratelli. Ciò lo obbliga, nel 1973, a lasciare Tolosa per ritrovarsi in una “fraternità isolata” a Ollières, vicino a Saint-Maximin, separandosi nuovamente dal suo amico e “fratello” Jacques Maritain. Viene raggiunto dalla notizia della morte di quest’ultimo il 28 aprile: «gli uomini sono crudeli – scrive in quella occasione – ad avermi rubato i suoi ultimi nove mesi». La sua presenza alle esequie a Kolbsheim consuma così “questa rottura d’una amicizia” che gli era così cara.

Ciononostante Louis Gardet non spezza il ritmo dei suoi numerosi viaggi intorno al Mediterraneo. Nel 1977 pubblicò Les hommes de l’Islam, approche des mentalités, poi viene proclamato dottore honoris causa dall’Università di Lovanio, che gli dedica – insieme a Padre Anawati – un libro intitolato Recherches d’islamologie. Recueil d’articles offerts à Georges C. Anawati et Louis Gardet. Non poté recarsi a Lovanio per l’occasione, poiché da molto tempo non controllava più l’uso delle gambe e si spostava con grandi difficoltà. Nel 1978, sempre in vena di pubblicazioni, scrive con Mohamed Arkoun, un intellettuale algerino diventato suo amico da diverso tempo, L’Islam: Hier, Demain.

Ma quello stesso anno, a Caracas (Venezuela), mentre teneva una conferenza, fu colpito da un grave ictus che cambiò radicalmente la sua vita: riportato d’urgenza in Francia e fortunatamente ben curato, rimase lo stesso affetto dall’impossibilità di comunicare con gli altri, con l’eccezione di qualche rara parola e qualche segno. Si ritrovò così a Tolosa dove, in una delle baracche dei Piccoli Fratelli, fu accompagnato e servito da fratel Michel Nurdin che era stato per lungo tempo suo segretario, e da due Piccole Sorelle di Gesù addette all’amministrazione.

Così, dal 1978 al 1986, Louis Gardet conobbe una vita da “recluso silenzioso” e sperimentò una strana conformità alle sofferenze morali del suo “unico modello” Gesù Cristo. Non mancarono riletture e riedizioni, né le numerose visite di amici vicini e lontani, musulmani e cristiani. È grazie a Michel Nurdin che Gardet poté ancora lavorare intellettualmente e provvedere a qualche pubblicazione supplementare. Il suo vecchio amico Olivier Lacombe, esperto di Induismo, lo aiutò a ripensare e poi a comparare le diverse vie della mistica possibili nel Cristianesimo, nel Giudaismo, nell’Islam, nell’Induismo e nel Buddismo, pubblicando con lui L’expérience du Soi, étude de mystique comparée nel 1981.

Riprendendo numerose conferenze impartite ai Piccoli Fratelli nel corso della loro formazione, pubblicò Ouvrir les frontières de l’esprit nel 1982. Nel 1984 riuscì a pubblicare Panorama de la pensée islamique in collaborazione con un amico algerino, Cheikh Bouamrane, conosciuto quand’era ancora un giovane studente a El Abiodh e ad Algeri. Prima di morire, il 17 luglio 1986, offrì ai suoi amici il suo testamento intellettuale e spirituale pubblicando i suoi Regards chrétiens sur l’Islam.

 

Monoteismo personalista

Alle esequie, tenutesi il 19 luglio 1986, il priore dei Piccoli Fratelli, Padre René Voillaume, sottolineò quanto la “Fraternità” avesse ricevuto da lui, mettendo in risalto i “tre aspetti essenziali del suo messaggio: il suo senso della Verità, fondamento della sua vita contemplativa; una lezione di speranza profonda e dolorosa; infine, la testimonianza d’un dialogo fraterno, nel completo rispetto dell’altro, con numerosi amici musulmani”.

Aggiunse: “di questi tre aspetti essenziali della vita e della vocazione di fratel André, il più essenziale, quello che fonda e anima gli altri due, è proprio la sua fede nella capacità dell’intelligenza di cogliere la verità, verità filosofica o teologica, verità ch’egli sapeva riconoscere e rispettare in ogni uomo. Questa fede nella luce dell’intelligenza, fratel André, l’aveva ricevuta dal suo maestro e amico Jacques Maritain, al quale dovette la conversione e che un giorno si riunì a lui nella stessa consacrazione religiosa”. A conferma di questo “mezzo secolo d’amicizia benedetta”, ci sono due dediche indirizzategli da Jacques Maritain: la prima, nel Carnet de notes del 1965, «Ad André, che ha compreso Meudon meglio di chiunque altro, e ci ha amati tutti e tre. In ricordo dei giorni felici, con la tenerezza del suo vecchio amico. Jacques” e la seconda nel Cantique des Cantiques del 1971 «Al nostro caro vecchio amico di Meudon, diventato con gli anni Fratel André e il famoso islamologo Louis Gardet, con la profonda e fedele affezione del suo strambo Fratel Jacques”.

Questo islamologo ha voluto dimostrare, da un lato, che la filosofia è al servizio non soltanto della teologia, ma anche della mistica e, dall’altro, che musulmani e cristiani possono incontrarsi in un comune monoteismo personalista.

In effetti, con la sua Introduction à la théologie musulmane, Gardet ha stimolato i suoi ad una migliore conoscenza dell’islam, “come dall’interno”, ciò che sviluppò chiarendo che cos’è La Cité musulmane, (nella sua) vie sociale et politique, per meglio Connaître l’Islam e comprendere L’Islam, religion et communauté. Poiché si tratta di sapere che cosa ne sarà di Dieu et (de) la destinée de l’homme, e, in seguito, chi sono Les hommes de l’Islam, in tutte le sue dimensioni, L’Islam : Hier, Demain attraverso un corretto Panorama de la pensée islamique. Tutte le ricerche della filosofia contemporanea lo interessano ugualmente ma, da buon tomista qual è, tutto è incentrato sui problemi già posti in La pensée religieuse d’Avicenne e La connaissance mystique chez Ibn Sînâ et ses présupposés philosophiques.

Ebbe dunque bisogno di “approfondire” con degli Etudes de philosophie et de mystique comparées, che lo indussero ad interrogarsi sulle Expériences mystiques en terres non chrétiennes e sui loro Thèmes et termes mystiques. Tutto ciò lo condusse a studiare da vicino e a sforzarsi di comprendere La mystique musulmane (nei suoi) aspects et tendances, expériences et techniques. Viene allora proposta una sintesi d’insieme nel suo piccolo trattato La mystique, prima che tutto ciò venga approfondito in L’expérience du Soi, (comme) étude de mystique comparée. Filosofia, teologia e mistica alimentano anche le culture, da cui l’allargamento della sua riflessione per Ouvrir les frontières de l’esprit e dialogare coi musulmani: gli ultimi capitoli di L’Islam, religion et communauté introducono di già ciò che verrà completato nel successivo Orientations pour un dialogue entre chrétiens et musulmans. Senza voler elaborare una “teologia dell’Islam”, impresa da lui giudicata prematura, Gardet lasciò, per lo meno, a tutti i suoi amici gli Regards chrétiens sur l’Islam, che hanno il valore di un testamento, fatto che ha permesso a molti d’andare più lontano, seguendo il suo cammino, come desiderava. Nell’attesa, è sufficiente applicare il suo messaggio.

Constatando che «l’ignoranza (porta spesso) all’ingiustizia e al disprezzo», Gardet ricorda a tutti che «due tentazioni (devono essere) vinte: la più vecchia, decisamente la più comune, è la tentazione non soltanto di dibattere, ma di combattere dialetticamente, cercando a tutti i costi di svilire le posizioni dell’avversario per meglio convincerlo di essere in errore. E l’altra tentazione è quella di piacere ad ogni costo all’interlocutore, perdendo di vista l’impegno per la verità che si trova in causa e facendo sprofondare il dialogo nei meandri di un sincretismo appiattente» .

Con Louis Gardet, bisogna evitare i rudi dibattiti apologetici e gli pseudo-accordi dogmatici per fare uno sforzo nella direzione di un’autentica conoscenza dell’altro, così com’è e così come vuol essere. «Bisogna augurarsi, ripeteva spesso, che siano numerosi i cristiani che abbiano la preoccupazione di conoscere, in piena giustizia intellettuale, l’Islam per quello che è, nei suoi dogmi e nella sua mentalità religiosa, nella sua storia, e che siano molti i musulmani con lo stesso spirito nei confronti dei dogmi (cristiani) e della visione cristiana del mondo. Conoscere l’altro ab intra. La norma sembra essere: offrire dell’altro un’immagine tale che vi si riconosca lui stesso».

Rifiutando ogni «cristianizzazione indebita del patrimonio spirituale “altrui”», Gardet ci invita ad evitare, da una parte e dall’altra, la polemica combattiva, l’apologetica dell’ “insufficienza” e il sincretismo relativista. In fin dei conti si tratta, per lui, d’interrogarsi sui disegni di Dio per capire “l’altro”, ricordando sempre “perché sono cristiano” e tenendo presenti le esigenze di carità e di verità nel contesto – sempre difficile – delle relazioni tra “temporale e spirituale”. Questi sono i punti fondamentali d’una “imitazione spirituale” di cui i veri credenti sanno che non può che portare alla santità, dove questa è vissuta in verità e carità.

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Tags