Importato durante la conquista ottomana, l’Islam bosniaco è sempre stato centrato sugli ulema e sulle madrase. L’intervista al capo della Comunità Islamica di Bosnia ed Erzegovina
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 08:56:13
Intervista a Husein Kavazović* tenuta a giugno 2014, durante la due giorni del Comitato Scientifico di Oasis a Sarajevo
Quali sono le caratteristiche più importanti dell’Islam bosniaco?
L’Islam in Bosnia si è diffuso attraverso i turchi ottomani e le istituzioni che hanno fondato. Non sono stati i predicatori itineranti a diffondere l’Islam, com’è avvenuto in altre regioni del mondo, né i commercianti, che pure hanno avuto un ruolo importante altrove (venendo da Venezia, lo sapete bene!). Il nostro è dunque stato fin dall’inizio un Islam istituzionale, centrato sugli ulema e le madrase. Anche dopo la fine del controllo ottomano, sotto la monarchia austro-ungarica, i musulmani si sono impegnati nella creazione di un’istituzione centrale, la mashîkha islâmiyya, mentre erano avviati progetti di riforma delle madrase e delle facoltà islamiche, che portarono all’adozione di un programma misto, in cui accanto alle discipline tradizionali erano insegnate anche le scienze moderne. Al tempo stesso è stato fondamentale il sufismo, che veniva praticato da molti ulema. L’Islam in Bosnia Erzegovina dunque ha sempre trovato la propria radice nei libri degli ulema e il proprio centro nelle moschee e nelle confraternite mistiche.
Qual è il contributo dei musulmani, inteso come i musulmani praticanti, nella vita della società civile oggi?
Musulmani e cristiani hanno oggi un ruolo importante nella nostra società. Molti credenti però sono persone comuni, non appartengono alle classi colte e sono facilmente influenzabili. C’è anche da dire che l’influsso dei musulmani praticanti è limitato, anche se in crescita. La corrente laica ha un forte impatto sui musulmani. Prenda le leggi promulgate in Parlamento: non hanno alcuna impronta religiosa. Le leggi dello Statuto personale sono totalmente laiche, ad esempio, perfino per quanto riguarda la celebrazione del matrimonio.
E invece lei auspicherebbe un ruolo più significativo per le religioni?
Sì. Siamo dell’idea che ad esempio sulle questioni che riguardano la famiglia, come musulmani o cristiani abbiamo una parola da dire.
Questa parola da dire porterebbe anche all’applicazione della sharî‘a per quanto riguarda il codice dello statuto personale?
La sharî‘a in Bosnia è stata applicata, per quanto riguarda gli statuti personali, fino al 1946; anche i cristiani avevano le loro norme specifiche in quell’ambito. Se vogliamo davvero la libertà, a nostro avviso sarebbe bene che fossero introdotti alcuni elementi religiosi nelle leggi che regolano la famiglia.
Quanti sono circa i musulmani praticanti sul totale dei musulmani “culturali”? E come si definisce un praticante? Ad esempio è una persona che prega cinque volte al giorno?
Come uomini di religione diciamo che è musulmano chi testimonia che vi è un solo Dio e che Muhammad è il suo inviato. Ma se parliamo di credenti impegnati, che pregano, digiunano, fanno il pellegrinaggio etc., è difficile definirne il numero. A giudicare dalla presenza alla preghiera del venerdì, stimerei tra un 20 e un 25 per cento di praticanti, in senso pieno. Ma naturalmente ci sono poi tutti i musulmani che appartengono al “cerchio” più ampio dell’Islam, pur non praticando regolarmente.
La biblioteca della moschea di Gazi Husrev Beg, riaperta al pubblico nel gennaio scorso [2014, ndr] è uno spettacolo. I soldi per restaurarla sono venuti dal Qatar e questo non è l’unico caso in cui gli Stati del Golfo finanziano attività a Sarajevo. Non teme che possano intromettersi anche nelle questioni interne, nella comunità islamica locale?
La biblioteca di Gazi Huserv Beg è fondamentale, conserva testi importanti in arabo, persiano, turco e nelle lingue locali, bosniaco, serbo e croato. Era andata bruciata durante l’aggressione, insieme all’Istituto di Orientalistica di Sarajevo, in cui si conservavano libri e documenti preziosi. Questa biblioteca è ormai l’unica cosa che ci resta in fatto di memoria storica del nostro passato e siamo molto felici di averla potuta ricostruire. Il Qatar ci ha molto aiutato, per la verità avevamo chiesto aiuto anche ad alcuni Stati europei ma non ci hanno fatto sapere nulla. A nostro avviso quello della biblioteca è un progetto culturale di importanza mondiale, non limitato ai soli musulmani, come dimostra la provenienza dei ricercatori. Poi c’è da dire che in Bosnia gli stati cattolici aiutano i cattolici, quelli ortodossi gli ortodossi e mi sembra logico che gli Stati musulmani aiutino i musulmani. Ai nostri fratelli degli Stati islamici d’Oriente diciamo sempre che abbiamo la nostra cultura, che siamo molto diversi da turchi, arabi o indonesiani. Questo è molto importante. Rifiuteremmo ogni tentativo di esercitare una pressione su di noi.
Prima di essere Reis-ul-ulema di Bosnia Erzegovina Lei è stato mufti a Tuzla. Ha vissuto lì anche gli anni della guerra e che esperienza ne ha tratto?
Sì, durante la guerra ero a Tuzla, sono stato anche in un campo di prigionia per sei mesi. Nonostante questo, dico che tutti noi, musulmani, cattolici e ortodossi, abbiamo sofferto per la guerra, le distruzioni e le stragi. Nella città, a Sarajevo e Tuzla, musulmani e cristiani si aiutavano reciprocamente. Poi certo c’erano quelli che non rispettavano l’umanità e violavano le leggi divine. Questo è successo in ogni comunità. Ma penso che i malvagi siano una minoranza e che la maggioranza sia composta da persone buone. Ho fiducia nelle persone.