La Legge fondamentale non assicura basi stabili e chiare al nuovo processo istituzionale di cui il Paese ha bisogno. Restano irrisolti i nodi del federalismo e dell'identità nazionale. Le parole che consacrano il ruolo dell'Islam lasciano spazio a pesanti ambiguità, mentre la richiesta delle Chiese cristiane perché venisse applicato il principio di cittadinanza non è stata ascoltata. Riconosciuto lo "statuto della persona".

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:51:52

E' stato un parto molto difficile, ma alla fine, il 28 agosto 2005, il Parlamento iracheno ha finalmente approvato, a forza e senza dibattito, il testo della Costituzione. Ma i punti di contenzioso sono stati decisi al di fuori di esso. E non è finita, poiché si è previsto di emendare la Costituzione dopo le elezioni del 15 dicembre 2005. I disaccordi si erano accumulati, polarizzati intorno ad una ventina di punti di disaccordo (1), che ciascuno considerava strategici, rifiutando sia gli uni che gli altri i compromessi e gli arrangiamenti. La Costituzione è stata approvata con il referendum del 15 ottobre. Ecco una breve presentazione di questa Costituzione: Il preambolo. Fa riferimento all'eredità laica ed insieme religiosa dell'Iraq, erede della Mesopotamia. Si afferma che la Mesopotamia «è la patria degli apostoli e dei profeti, la dimora degli "imam puri"» e dei fondatori di questa civiltà che ha prodotto il primo codice legislativo (2). Il nome ufficiale dello Stato iracheno. Che qualifiche attribuire a questo Stato? Gli sciiti erano favorevoli a uno Stato chiamato islamico, denominazione che i curdi e i laici rifiutano. Quanto agli arabi sunniti, essi chiedono che il nome sia molto semplicemente Repubblica d'Iraq. Alla fine, è questo il nome che ha prevalso (art. 1). Le componenti etniche del popolo iracheno. Si afferma che il popolo iracheno è molteplice per le sue nazionalità, le sue religioni e le sue confessioni (art. 3), mentre il testo precedente specificava che il Paese è formato da due nazionalità «principali» che sono l'araba e la curda e da altre nazionalità «fondamentali»; gli assiri, i caldei, i siriaci, i turcomanni (200.000 circa), gli armeni (30.000), gli yezidi (3), i sabei (o mandei di lingua aramaica orientale, circa 50.000), gli shabak (4), con uguali diritti e doveri. Alcuni avrebbero voluto perfino aggiungere i persiani, termine il cui contenuto rimane tuttavia impreciso (5). Anche i curdi fayli avevano protestato per non esser stati nominati. L'identità nazionale del Paese e il suo ambito. Si afferma che l'Iraq è «parte del mondo islamico» (art. 3) e che solo «il popolo arabo d'Iraq» fa parte della nazione araba (art. 3). Questa formulazione è assurda perché lascerebbe pensare che l'Iraq allo stesso tempo è arabo e non è arabo! È grave anche perché potrebbe essere un preludio alla sua spartizione su basi etniche e confessionali. Ma questa clausola ha suscitato la collera del Segretario generale della Lega degli Stati Arabi 'Amr Mussa e le preoccupazioni del Consiglio di cooperazione dei Paesi del Golfo. Per cercare di accontentare gli ambienti arabi, questo articolo è stato modificato il 14 settembre sopprimendo la clausola che soltanto «il popolo arabo d'Iraq fa parte della nazione araba», sostituendola con: «Lo Stato iracheno è un membro fondatore e attivo della Lega degli Stati arabi e impegnato nei confronti della sua Carta». Le lingue dello Stato iracheno. L'arabo e il curdo saranno le due lingue ufficiali dello Stato (art. 4). L'ambito del termine «lingua ufficiale» comprende: la pubblicazione della gazzetta ufficiale nelle due lingue; discorsi e pronunciamenti in ambiti ufficiali, come l'Assemblea Nazionale, il Consiglio dei Ministri, le corti e le conferenze ufficiali, in una delle due lingue; riconoscimento e pubblicazione di documenti ufficiali e corrispondenza nelle due lingue; apertura di scuole con insegnamento nelle due lingue, in conformità alle direttive educative; uso di entrambe le lingue in altri ambiti compresi nel principio di uguaglianza (come banconote, passaporti e francobolli); uso di entrambe le lingue nelle istituzioni federali ed agenzie della regione del Kurdistan. La Costituzione garantisce il diritto dei parlanti turcomanni, siriaci e armeni nelle istituzioni pubbliche e private (idem). Inoltre le lingue turcomanna e siriaca saranno le due lingue ufficiali nelle unità amministrative dove queste comunità sono la maggioranza (6). L'articolo 122 aggiunge che la Costituzione garantisce i diritti amministrativi, politici, culturali ed educativi di diverse nazionalità come i turcomanni, i caldei, gli assiri e tutte le altre componenti della popolazione (7). Stato e Religione. Quale statuto ha l'Islam nella Legge fondamentale? Oggi la religione ha un ruolo politico importante in Iraq. La Legge amministrativa di transizione dell'8 marzo 2004 l'aveva già sancito e l'Islam vi occupava un buon posto (art. 7). Cosa confermata dalla nuova Costituzione. L'Islam è «la religione ufficiale dello Stato iracheno» e «la fonte principale della legislazione» (art. 2). Inoltre è vietato emanare leggi contrarie alle «costanti (8) dei precetti dell'Islam» (art. 2) e viene aggiunto, quasi per smorzare, «ai principi della democrazia, dei diritti e delle libertà fondamentali contenute in questa Costituzione». Nello stesso modo in cui la Costituzione garantisce «l'identità islamica della maggioranza del popolo iracheno», essa assicura «i diritti religiosi alla libertà di dottrina e delle pratiche religiose di tutti gli individui» (art. 21). I cristiani sono citati per nome, come gli yezidi e i mandei (sabei), e questo è un progresso. Ma si rischia di trovarsi davanti a contraddizioni insormontabili. Tutto dipenderà dalla parte verso cui penderà la maggioranza politica al potere, dal momento che i principi che fondano la democrazia e i diritti dell'uomo hanno un'essenza piuttosto laica. Come si realizzerà questa coabitazione equivoca? (9) Il testo è ambiguo e la coabitazione fra le due regole del diritto, quelle del diritto positivo e quelle del diritto religioso, è di natura problematica. Inoltre la Costituzione sembra colorata di sciismo e questo suscita dei timori. Certo, l'esercizio dei culti religiosi è riconosciuto per tutti senza ambiguità dal testo, ma una menzione specifica viene fatta per i culti hussainiya (art. 41) che sono sciiti, essendo questo il nome sciita della moschea (10). Inoltre, viene affermato che la Corte federale suprema sarà formata da giudici ed esperti in «giurisprudenza islamica» (art. 87) e in diritto. Il suo statuto verrà fissato per legge e sarà adottato dal Parlamento a maggioranza di due terzi. Essa si pronuncerà particolarmente sulla costituzionalità delle leggi e sull'interpretazione delle disposizioni della Costituzione. Sapere quali saranno le sue scelte è un compito difficile, visto il bilanciamento costituzionale fra la shari'a, la democrazia e i diritti dell'uomo. Simili clausole favoriranno, in modo quanto mai evidente, una comunità particolare, accentueranno il confessionalismo e potranno costituire una minaccia per le libertà pubbliche e i diritti dell'uomo. L'islamizzazione dell'Iraq sarebbe una tragedia per il popolo iracheno e una nuova sconfitta per gli Stati Uniti, che pretendevano di portare la democrazia in Iraq e nel Grande Medio Oriente. Un'amara delusione che scalza le loro argomentazioni per giustificare la guerra contro la tirannia. Un'altra conseguenza non meno grave dell'islamizzazione costituzionale sarebbe il suo impatto sullo statuto civile delle persone. I luoghi santi. Si afferma che i luoghi santi hanno personalità giuridica in ragione della loro natura religiosa e culturale. Lo Stato iracheno garantisce e protegge questi luoghi e l'esercizio dei culti in tutta libertà (art. 10). Libertà religiosa per i non musulmani. Il testo riconosce e garantisce la libertà e la pratica religiosa e di convinzione. Si afferma che «ogni individuo ha diritto alla propria singolarità personale, senza pregiudizi per i diritti altrui e per la morale pubblica» (art. 17). L'art. 39 sancisce che in materia di statuto personale gli iracheni sono liberi di conformarsi alle regole delle loro rispettive religioni, delle loro confessioni, dei loro credo e delle loro scelte. Ogni individuo beneficia della libertà di pensiero, coscienza e dottrina (art. 40). I fedeli delle religioni sono liberi di praticare i loro culti religiosi, compresi i culti hussainiya, di gestire i loro beni ed istituzioni religiose. Lo Stato iracheno garantisce la libertà di culto e tutela la sicurezza dei luoghi di culto per musulmani, cristiani, yezidi e sabei mandei (art. 41). I cristiani e la Costituzione. Pur essendo a favore della laicità, le Chiese cristiane comprendono con realismo che l'Islam possa essere menzionato come riferimento nella Costituzione, visto che la maggioranza della popolazione è musulmana; ma esse non accettano assolutamente che la shari'a sia l'unica fonte della legislazione perché questa sarebbe una minaccia grave per la libertà religiosa dei non musulmani ai quali il diritto musulmano non deve essere applicato. A questo proposito, i capi spirituali delle Chiese e comunità cristiane d'Iraq hanno indirizzato una lettera (11)alle autorità pubbliche il 24 agosto 2005 nella quale esse insistono sul principio di «cittadinanza» nella Costituzione, sull'uguaglianza delle opportunità e sulla libertà. E se le religioni, le nazionalità e le lingue dovessero essere menzionate, tutte le religioni storiche, le nazionalità e le lingue devono allora sostengono comparire con i loro rispettivi diritti, secondo il principio egalitario e senza nessuna egemonia. Le Chiese irachene hanno pubblicato all'inizio di agosto 2005 una petizione sulla libertà religiosa e i diritti della donna, nella quale difendono la laicità e giudicano «molto grave» una islamizzazione costituzionale del Paese. Dal punto di vista religioso l'Iraq è multiplo affermano e questa molteplicità è stata sempre riconosciuta giuridicamente. Questa petizione era stata preceduta in luglio da un'importante riunione a Bagdad dei responsabili di tutte le Chiese che chiedono che l'insegnamento religioso sia introdotto nelle scuole pubbliche. D'altra parte, il Comitato di redazione della Costituzione ha ascoltato il 13 agosto 2005 i rappresentanti delle religioni non musulmane, i cristiani, i sabei e gli yezidi. In quell'occasione, il vescovo Shlimoun Warduni, ausiliare del patriarca dei caldei Emmanuel III Delly, ha fatto un'importante dichiarazione. Ha innanzitutto difeso uno Stato laico e democratico: «Quello che vogliamo è uno Stato democratico, civile, pluralista, federale, che separi la religione e lo Stato, cioè la non politicizzazione della religione e la non "religionizzazione" della politica. Ciascuno adempia i suoi doveri e ottenga i suoi diritti per soddisfare Dio e servire l'uomo». La Costituzione, egli aggiunge, deve essere basata sulla cittadinanza senza menzionare le nazionalità poiché «noi siamo per la patria e la patria è per noi tutti». Ed «è in questa uguaglianza che risiede e si realizza la forza e l'unità dell'Iraq». Tuttavia, se fosse necessario citare le nazionalità, allora devono essere citate tutte: gli arabi, i curdi, i caldei, gli assiri, i siriaci, i turcomanni Per quanto riguarda i diritti religiosi, ha invocato la libertà di credo e di culto, fondata sulla Carta dei Diritti dell'Uomo. In riferimento alla shari'a islamica e alla sua eventuale incorporazione nella Legge fondamentale come una delle fonti della legislazione, egli l'ha condizionata al fatto che non limiti i cittadini alle «costanti» affinché la Costituzione, egli afferma, sia un modello di apertura a tutti e rispetti le legislazioni delle altre religioni. Devono essere adottate leggi proprie a ciascuna religione, per organizzare i credo religiosi di tutti gli iracheni in modo da garantire i diritti della donna e delle persone handicappate in virtù delle loro rispettive religioni. Immediatamente dopo l'adozione della Costituzione, alcuni dignitari caldei hanno formulato le loro riserve sull'articolo 2 della Costituzione, sottolineando le sue ambiguità e esprimendo la loro preoccupazione a riguardo (12). E, aspetto importante, in data 6 settembre il Consiglio dei Vescovi cattolici d'Iraq, presieduto dal Patriarca della Chiesa Caldea Emmanuel III Delly ha pubblicato un comunicato nel quale riafferma i suoi timori sulle molteplici letture che possono contrapporsi circa l'articolo 2 della Costituzione irachena. Così è possibile affermare che le Chiese d'Iraq sono fra i più strenui difensori dell'unità del Paese, molto attaccate al principio di cittadinanza e di laicità. È grazie alla loro perseveranza che i cristiani sono menzionati nella Costituzione. D'altra parte, alcuni cristiani assiro-caldei, divisi sul loro nome (assiri, caldei, siriaci, armeni) e inquieti per il moltiplicarsi di attentati contro le loro persone (minacce, rapimenti, omicidi) (13) e i luoghi di culto, in particolare a partire dal 1 agosto 2004, sono arrivati a chiedere la concessione di una regione amministrativa autonoma nella provincia di Ninive (intorno a Mossul). Altri rivendicano un nome identitario che sia comune nella Costituzione, di preferenza assiro-caldei, invece della inutile dispersione in tre appellativi. Ma queste richieste sono lontane dal raggiungere l'unanimità. Nell'agosto 2005, alla vigilia dell'adozione della Costituzione, la battaglia sul nome infuriava poiché ciascuna delle tre componenti, forte dei suoi partiti e movimenti politici (14), conduceva una campagna presso i poteri politici per far figurare il proprio nome, senza preoccuparsi troppo delle altre. Anche le Chiese erano divise, la Chiesa Caldea aveva optato alla fine per il nome caldea, mentre le due Chiese antiche d'Oriente aveva optato per il termine assira. Si è avuta una guerra di comunicati e controversie su Internet, sui giornali e sui canali televisivi. Eppure avevamo creduto che questa crisi d'identità si fosse placata il 23-25 ottobre 2003 in occasione del primo congresso tenuto a Bagdad durante il quale era stato stipulato un accordo sul termine unificatore assiro-caldeo. In seguito, le conferenze si sono moltiplicate senza risultato e le posizioni si sono irrigidite. Il 20 agosto le comunità caldeo-assiro-siriache stabilite all'estero si sono rivolte alle autorità irachene chiedendo il riconoscimento degli assiri come popolo autoctono, con i diritti culturali, religiosi, linguistici e amministrativi che ne derivano. Il documento è firmato da sedici organizzazioni. La nuova Costituzione consacra i termini assiri e caldei separatamente, misura vivamente contestata dal Movimento democratico assiro il 19 settembre 2005 (art. 122). Federalismo e autonomia regionale. Il federalismo incontra molti ostacoli e i suoi contorni non sono definiti, nonostante la sua menzione nella Costituzione (art. 1). È lungi dall'essere chiaro, anche all'interno delle diverse componenti del popolo iracheno, in particolare gli sciiti e i sunniti. I curdi si richiamano ad uno Stato federale, consacrato già nei testi precedenti (15), ma lo vorrebbero di tipo etnico, in modo da consolidare la loro autonomia che potrebbe essere una tappa verso una eventuale separazione. I sunniti, da parte loro, pur riconoscendo le particolarità regionali e l'autonomia del Kurdistan come un dato di fatto (dal 1991), vi si oppongono, temendo che l'estensione delle competenze regionali e la connessa ripartizione delle ricchezze comporti la spartizione del Paese. Allo stato attuale essi preferiscono che il Paese sia governato dal centro e non dalle periferie. Accetterebbero al limite una decentralizzazione dello Stato, ma con uno sfruttamento delle ricchezze naturali da parte del potere centrale. Gli sciiti infine sarebbero disposti ad accettare il sistema federale a condizione di estendere il federalismo regionale curdo (16)alle nove province sciite del centro e del sud (Babilonia, Karbala, Najaf, Qadisiya, al-Muthana, Wasit, Maisan, Dhi-Qar, Bassora) che diventerebbero una regione sul modello del Kurdistan (ma l'idea è lontana dal ricevere l'unanimità dagli stessi sciiti), ma su basi confessionali e religiose. E che cosa succederà alle regioni a predominanza sunnita come Diyala, Anbar, Salah al-Din, al-Ta'amim? Queste questioni non sono state risolte dalla Costituzione. Il diritto internazionale. Viene sancito che gli iracheni beneficiano dei diritti riconosciuti dai trattati internazionali relativi ai diritti dell'uomo, ratificati dall'Iraq, «che non siano contrari ai principi e ai precetti di questa Costituzione» (art. 44) (17). Le tribù riconosciute. Si specifica che lo Stato tiene alla promozione delle tribù e a trarre profitto dai loro valori e costumi positivi che non siano contrari ai principi della religione, della legge e dei valori umani. Lo Stato vieta i costumi tribali contrari ai diritti dell'uomo (art. 43). In un clima eccezionale di violenza e paura, di crescente criminalità, di confusione e d'insicurezza, di traffico di droga, in breve di deficit enorme di sicurezza, di crisi economica e di disoccupazione (più del 50% della popolazione), di penuria di alloggi, di esodo massiccio, di assenza dello Stato e d'incapacità di governo, di mancanza di cultura democratica, di occupazione straniera, di assenza di acqua potabile, elettricità e gas (18), sarebbe stato più ragionevole rimandare il dibattito costituzionale a un domani più sereno. Viste le poste in gioco e le sfide costituzionali rappresentate dall'identità nazionale del Paese, dal rapporto religione/Stato, dalla natura e dalle strutture dello Stato (federale, unitario, decentralizzato), dalla forma del regime politico (parlamentare, federale), dall'equilibrio fra le sue componenti religiose, etniche e tribali, dallo statuto della donna, dalla spartizione dei posti di governo e delle funzioni amministrative, dalla ripartizione delle ricchezze, sarebbe stato preferibile aspettare. Sei mesi non sono certo sufficienti (febbraio-agosto). Non è realista. Dopo tutto, la storia costituzionale dell'Iraq non è costellata d'altro che dal provvisorio e dal temporaneo (Costituzione del 1958, del 1964 e del 1970)! Questa Costituzione non cambierà nulla nella vita degli iracheni, tanto il suo contenuto è incerto. La strada per la "cantonalizzazione" del Paese è aperta. Qualunque siano le opzioni adottate, le priorità irachene non sono di ordine costituzionale e il domani è pieno di incertezza e rischio.


1) Questi punti di contenzioso sono: il nome ufficiale dello Stato iracheno, le sue componenti etniche, il riconoscimento delle tribù, l'identità nazionale del Paese e il suo ambito, le lingue dello Stato iracheno, il rapporto fra Islam e Stato, i luoghi santi,le garanzie di libertà religiosa, il federalismo e le sue modalità,l'autonomia regionale,i rapporti fra Parlamento e Presidente della Repubblica, lo statuto delle 18 province irachene, le condizioni di concessione della nazionalità irachena e la detenzione della doppia nazionalità, lo statuto di Kirkuk e la ripartizione delle risorse petrolifere, la rappresentanza curda all'estero, le milizie etniche e religiose e la loro incorporazione nell'esercito iracheno, lo statuto della donna, la sua rappresentanza parlamentare e il codice familiare, la sorte del partito Baath, l'ambiente regionale e il diritto internazionale. (2) Si fa riferimento qui al codice di Hammurabi. (3) Sarebbero 150.000. Gli yezidi beneficiano di un deputato nel Parlamento iracheno. (4) Gli shabak hanno manifestato a Bartella (situata a 20 chilometri a nord est di Mossul) il 15 agosto 2005, per chiedere di essere citati nella Costituzione come etnia irachena che pur essendo musulmana non è né curda né araba. Il Raggruppamento democratico shabak ha protestato il 25 agosto 2005 perché la Costituzione non ha menzionato gli shabak come nazionalità. (5) Si tratta degli iracheni di origine persiana, stimati in circa 70.000 membri. (6) Il Ministero dell'Educazione nazionale ha deciso nel 2005 di aprire nella provincia di Mossul un dipartimento per l'insegnamento delle lingue curda, siriaca e turcomanna nelle scuole di formazione per i docenti. (7) Il raggruppamento indipendente dei siriaci ha protestato il 1 settembre 2005 per la mancata menzione dei siriaci come comunità etnica come avvenuto per i caldei e gli assiri(art. 122), riducendoli a semplici parlanti di una lingua, il siriaco (art. 4). (8) Il significato del termine "costanti" islamiche non viene precisato. (9) Cfr. J. Yacoub, Inquiétante islamisation?, in «Le Figaro», 2 settembre 2005. (10) Il progetto iniziale della Costituzione era nettamente marcato di sciismo duodecimano al pari della Costituzione iraniana. Si voleva istituire la Welayet al-Faqih. Gli sciiti iracheni appartengono alla stessa scuola giuridica dell'Iran, i giafariti, seguaci di dodici imam, che si distinguono nettamente dagli sciiti settimani (gli ismaeliani), dagli zaiditi (dello Yemen) e dagli ibaditi (dell'Oman). Essi chiedono il riconoscimento della Marjayia, il loro organo decisionale canonico: «La Marjayia religiosa beneficia della sua indipendenza e del suo ruolo di orientamento per il fatto di essere un simbolo sublime, nazionale e religioso» (art. 15). Ma questa clausola non è stata accolta. (11) Questa lettera è firmata dalle seguenti Chiese e Comunità Cristiane: caldea, siriaca cattolica, siriaca ortodossa, greca ortodossa, Chiesa d'Oriente,Chiesa d'Oriente dell'antico calendario, latina, armena cattolica, armena ortodossa e protestante. (12) Vedi la dichiarazione di Mons. Paul Faraj Rahlo, Arcivescovo di Mossul, all'Agenzia cattolica di informazione italiana, Asia News, 30 agosto 2005. (13) Molti omicidi sono stati commessi a Mossul, Bartella, Kirkuk e Bagdad nell'agosto 2005 e minacce di morte sono state rivolte agli abitanti cristiani del quartiere Dora a Bagdad ingiungendo loro di lasciare le loro abitazioni. (14) Ne sono stati contati più di una decina in Iraq. (15) Articolo 4 della Legge amministrativa di transizione dell'8 marzo 2004 e il preambolo della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU del 7 giugno 2004. (16) Si tratta di tre province molto autonome dal 1991, Dehok, Arsela, Sulaymania, dalle quali le autorità irachene si erano ritirate. (17) Il testo precedente precisava «a condizione di non essere contrari ai precetti dell'Islam». Questo articolo è stato nuovamente emendato eliminando ogni riferimento ai trattati internazionali e facendo della Costituzione la legge suprema. (18) Il quotidiano iracheno Azzaman il 15 agosto scriveva che «la crisi di combustibile eclissa la crisi costituzionale».

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