Iraq. Najaf, capitale dello sciismo, ha generato e genera uomini di scienza e lettere preoccupati di garantire la convivenza tra le diverse componenti dell’Iraq, nel quadro di uno stato civico. E di circondare con la tolleranza la violenza cieca degli estremisti religiosi
Ultimo aggiornamento: 02/07/2024 12:03:48
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La sapienza divina ha voluto che i figli dell’uomo fossero diversi tra loro per colore, lingua, cultura e religione, nonostante essi discendano dagli stessi genitori, Adamo ed Eva (su di loro la pace). Dice infatti il Corano:
«E uno dei Suoi Segni è la creazione dei cieli e della terra e la varietà delle lingue vostre e dei vostri colori» (30,22)
Se tutti avessero lo stesso pensiero, la vita s’interromperebbe. È infatti la diversità nell’intelligenza, nelle opinioni e nelle idee a infondere dinamismo alla vita e darle varietà, permettendo di scoprire tutto ciò che è nuovo. La diversità apre uno spazio in cui ogni essere umano può fare le scelte che più gli convengono. E tuttavia, se guardiamo alla regione mediorientale, vediamo che in essa, a causa dei regimi politici tirannici, tribali, familiari o confessionali, è comparso tra alcuni seguaci della religione islamica un pensiero estremista.
Gli adepti di questo pensiero rifiutano il dialogo con l’altro e accusano di miscredenza le altre religioni e confessioni: versano il sangue degli altri fedeli e proibiscono ai loro seguaci d’interessarsi alle altre religioni e confessioni, mettendoli in guardia dal mescolarsi con quanti hanno idee differenti. Emettono fatwe che incitano all’odio e all’assassinio. Ma «la religione è innocente rispetto al comportamento di questa banda» perché essi si allontanano dai valori celesti insegnati dall’Altissimo:
«Ha prescritto a voi quel culto che già raccomandò a Noè e che rivelammo a te, e che raccomandammo ancora ad Abramo e a Mosè e a Gesù, dicendo: “Osservate la religione e non dividetevi in sette”» (42,13)
È per questo che si è creata una situazione di confusione e conflitto a causa della quale l’ignoranza predomina e lascia tracce di sé in tutta la regione.
Un mosaico antico come la Bibbia
L’Iraq è conosciuto da tempo immemorabile per la sua varietà etnica e religiosa e forma un mosaico che ha pochi analoghi al mondo. La Bibbia racconta le storie relative ai popoli e alle religioni irachene che hanno lasciato un’impronta nella composizione del mondo antico. Da qui è partito Abramo padre delle religioni monoteistiche e questa terra è stata la porta per la diffusione del Cristianesimo verso l’Oriente. Qui sono nate centinaia di scuole giuridiche, filosofiche e teologiche, in cui si sono mescolati il patrimonio dell’Oriente e quello dell’Occidente. L’Iraq ha saputo conservare la maggior parte della sua eredità antica fino agli inizi del secolo appena trascorso: basterà pensare ai sabei mandei che con la loro lingua e singolare cultura affondano le radici nella storia più remota, agli ebrei che a Babilonia sono presenti da 2600 anni, ai caldei e agli assiri uniti dalla religione cristiana dopo millenni di lotte e uccisioni, per non parlare degli armeni e di altre confessioni cristiane, degli yazidi che rappresentano l’ultimo superstite delle antiche religioni dualistiche unitosi con il passare del tempo al misticismo islamico e alla tradizione curda e di Bâbî e Bahâ’î, che sono sorti e si sono sviluppati in Iraq prima di diffondersi nel resto del mondo. E ancora si potrebbero aggiungere le diverse scuole sciite, quella shaykhiyya e quella akhbâriyya, e un notevole numero di scuole mistiche sunnite come la Qâdiriyya o la Nashqbandiyya.
Paese che affonda le sue radici in oltre 6000 anni di storia, l’Iraq fu la patria dei profeti e dei santi che hanno compiuto meraviglie per tutta l’umanità. E noi musulmani crediamo in tutto ciò che i profeti hanno rivelato nel corso della storia; il nostro Signore infatti ci ha ordinato di non operare distinzioni tra loro:
«Il Messaggero di Dio crede in ciò che gli è stato rivelato dal suo Signore e così tutti i credenti credono ciascuno in Dio e nei Suoi Angeli, nei Suoi Libri, nei Suoi Messaggeri. “Non facciamo distinzione alcuna, essi professano, fra i Messaggeri tutti che Dio ha inviato”. E dicono: “Abbiamo udito e obbediamo: perdono, o Signore! Ché tutti a Te ritorniamo!”» (2,285)
Il nostro Profeta Muhammad ha predicato un mondo guidato dall’amore, dalla pace e dal bene comune, come afferma un suo nobile detto: «I migliori tra gli uomini sono quelli che a tutti rendono servizio»; mentre il Comandante dei credenti ‘Alî (su di Lui la pace) consegnò queste parole al suo luogotenente Malik al-Ash tar inviandolo in Egitto: «Gli uomini [che troverai] sono di due categorie: o fratelli con te nella religione o simili a te nel fatto di essere creati».
La città santa di Najaf conserva il corpo dell’imam ‘Alî che i musulmani sciiti considerano come un modello nella religione, nella morale e nella vita. Najaf è diventata nel tempo la capitale dello sciismo e ha generato una serie ininterrotta di uomini di pensiero, scienza e lettere che hanno avuto come costante preoccupazione la riforma e il radicamento dei valori dell’Islam in un regime di convivenza pacifica, nel quadro di uno stato civico fondato sui principi di cittadinanza, tolleranza, armonia e giustizia e senza discriminare tra le religioni, le confessioni o le etnie. Anzi gli ‘ulamâ’ di Najaf si sono spinti oltre. La maggior parte di loro infatti si è trovata concorde circa il parere giuridico secondo cui «il governante giusto non musulmano è migliore del governante musulmano ingiusto», ponendo in tal modo la giustizia a fondamento del governo anche nel caso in cui chi lo esercita sia non musulmano.
In una vecchia casa di Najaf
In Iraq dunque abbiamo vissuto per centinaia d’anni in fratellanza, amore e convivenza, finché hanno fatto irruzione ideologie estranee alla nostra cultura, storia e religione. Allora si è cominciata a plasmare un’identità unilaterale fondata sul settarismo nazionalista o sull’estremismo religioso perpetrato da gruppi e partiti politici. Le componenti della variegata società irachena sono state prese alla sprovvista e sono state poste di fronte a sfide pericolose che ne minacciavano la stessa esistenza. In quei delicati frangenti si è levata la figura dell’attuale guida suprema dei musulmani sciiti, l’imam al-Sîstânî, svolgendo un ruolo preminente in difesa di tutte le componenti della società, senza distinzioni. Quest’uomo, modello e guida di amore e di pace, che vive in un umile casa nella città vecchia di Najaf, ha messo fine al turbine di violenza e arrestato la corsa verso l’abisso. Nel pieno delle azioni terroristiche perpetrate indiscriminatamente contro musulmani, cristiani e fedeli di altre religioni, egli non ha avuto altra preoccupazione che una vita degna e libera per tutti, lontano dagli abominevoli conflitti nazionali, settari ed etnici che alimentano giorno dopo giorno le più grandi catastrofi del mondo attuale. Sin dall’arrivo del rappresentante delle Nazioni Unite in Iraq Sergio De Mello, l’assillo dell’imam al-Sîstânî è stato la redazione di una Costituzione civile (madanî) che garantisse i diritti di tutte le componenti del Paese. E quando parlava dei sunniti diceva: «Noi e loro siamo un’unica cosa».
Muovendo dalla sostanza delle religioni e dalla realtà della vita umana, la scuola di Najaf non auspica un governo religioso, ma domandava e continua a domandare un governo civile. L’imam al-Sîstânî non ha mai consentito agli uomini di religione che si rifanno ai suoi insegnamenti di assumere cariche nello Stato, essendo convinto che la religione è un atteggiamento paterno e spirituale verso tutti. Egli sostiene il principio della wilâya (“tutela”) dell’uomo su sé stesso in contrasto con la teoria della wilayât al-faqîh (“tutela del giurisperito”) di Khomeini. Allo stesso tempo egli invita ad accogliere le teorie moderne, le leggi positive dello Stato e la democrazia. È stato il primo a domandare le elezioni generali e quelle dei rappresentanti del popolo e del potere esecutivo. Ha richiesto che fossero gli iracheni a scrivere la Costituzione e la approvassero tramite referendum e ha raccomandato l’alternanza pacifica al governo, la separazione dei poteri e la loro indipendenza.
Non più “occhio per occhio”
Tutti noi sappiamo che le stragi e le distruzioni che si sono verificate in Iraq per mano di gruppi takfiristi[1] non hanno alcun rapporto con i valori umani né con la fede portata dal profeta della misericordia Muhammad figlio di ‘Abdallah (Dio lo benedica e gli dia eterna salute) a conferma dei profeti e degli inviati che lo hanno preceduto, Gesù, Mosè, Abramo, Noè e Adamo padre dell’umanità, su di Lui la pace. Quei takfiristi sono ostili per principio a chiunque si discosti dalla loro visione ristretta e disumana. Insegnano con le loro fatwe a considerare miscredenti i musulmani sciiti e ne dichiarano lecita l’uccisione, come pure quella dei cristiani, dei sabei e delle altre religioni
L’Iraq ha vissuto i momenti più difficili quando i gruppi takfiristi hanno fatto esplodere i sacri mausolei di Samarra e i luoghi di culto uccidendo persone innocenti e indifese. Nonostante la gravità e la delicatezza della situazione, Najaf ha risposto con la tolleranza, l’amore e la convivenza, grazie alla posizione assunta dall’Autorità religiosa. Essa infatti ha rifiutato di imputare la responsabilità dei crimini a una componente precisa e ha proibito di rispondere all’odio con l’odio, al sangue con il sangue.
Sulla base di una visione teologica aperta, sono stati avviati sforzi in varie direzioni per preservare dalle tante minacce la varietà nazionale e religiosa presente in Iraq. La fondazione benefica dell’imam al-Khoei promuove la collaborazione con altre fondazioni, personalità religiose e accademie attraverso la partecipazione attiva a seminari e conferenze internazionali e locali, e la produzione di film e documentari che evidenziano la necessità di proteggere la pluralità irachena.
Questi sforzi hanno portato da ultimo all’annuncio della fondazione di un consiglio iracheno per il dialogo tra le religioni il 14 marzo 2013. Il Consiglio ha cercato di superare lo stile dei complimenti reciproci e delle dichiarazioni fumose, andando direttamente al cuore dei problemi che esistono tra i seguaci delle diverse religioni. Ha adottato come punto di partenza i diritti dell’uomo universali e l’uguaglianza assoluta nella cittadinanza. Le vie che conducono a Dio sono tante quante le anime delle creature. Non c’è altra soluzione che vivere la vita dell’amore, rinunciando al nostro egoismo e ai nostri interessi ristretti per una vita migliore per tutti. Dobbiamo assumere la nostra comune identità umana come nostro scopo nella vita; tutte le altre identità vengono dopo. In tal modo le religioni potranno restare un faro di amore e civiltà per ogni popolo e nazione.