Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:07:30
Il movimento islamista negli ultimi anni si è rafforzato nella società algerina, nonostante i tentativi della autorità ad arginarne la diffusione dopo il sanguinoso conflitto degli anni 90. I comportamenti della maggioranza di musulmani e musulmane in Algeria oggi testimoniano il ruolo svolto dalle nuove convinzioni od obblighi religiosi provenienti dal Medio Oriente noti con il nome di “salafismo”. Molte tradizioni del passato, cultuali o etiche, sono tornate a far parte della vita quotidiana, quanto meno come riferimento al quale bisognerebbe sottomettersi se si vuole vivere da veri musulmani anche se, per il momento, questa sottomissione non è ancora totale.
Peraltro la nascita del sedicente califfato in Medio Oriente, con i suoi epigoni in Africa, Asia ed Europa, ha messo in evidenza un “islamismo estremo”.. Per l’uso che fanno del terrorismo queste correnti, in Occidente hanno invaso il campo della stampa e dell’editoria e catalizzato l’attenzione del pubblico. Questi movimenti mascherano lo sviluppo di altre realtà nell’Islam tra cui, soprattutto, l’Islam spirituale, ovvero il sufismo.
Dopo il tentativo del FIS (Fronte Islamico di Salvezza) e del GIA (Gruppo Islamico Armato) di prendere il potere con la violenza dal 1990 al 2000,
la società algerina ha preso coscienza dei pericoli di una lettura politica dell’Islam. In quasi tutte le regioni del Paese, forse in misura maggiore nell’Algeria occidentale, si sono formati gruppi che hanno ridato vita alla vecchie istituzioni dell’Islam sufi. In passato questi movimenti si erano diffusi grazie alla rete delle
zāwiya, i luoghi di assemblea dei sufi. Nei primi anni Trenta dell’indipendenza del Paese (1962-1992), lo Stato e il partito unico hanno quasi cancellato la presenza delle
zāwiya, invidiando loro l’influenza che esercitavano sulla popolazione, soprattutto in ambito rurale. Tuttavia, gli eccessi del FIS e dei suoi movimenti armati e l’avanzare della lettura salafita dell’Islam hanno fatto sì che lo Stato algerino consentisse alle correnti sufi di riprendere il loro posto nella società.
Dagli anni 90, e addirittura durante la guerra civile, questi movimenti si sono sviluppati discretamente nonostante le violenze perpetrate contro di loro dai gruppi armati (distruzione delle tombe -
qubba - dei santi fondatori, assassini…). Nonostante questa opposizione (o forse proprio a causa di questa opposizione), le confraternite religiose presenti nel Paese hanno riacquisito influenza, a volte costruendo nuove strutture nei pressi delle grandi città e guadagnando terreno in ambito urbano perfino tra gli universitari. Si sono sviluppate due federazioni nazionali delle
zāwiya che hanno addirittura candidato il loro presidente a capo di Stato.
Tradizionalmente, la maggior parte di queste
zāwiya (ma non tutte) si ricollega a uno dei grandi movimenti spirituali del sufismo, i Qādiriyya (che si rifanno ad ‘Abd al-Qādir al-Jīlānī di Baghdad), avari gruppi legati alla Shādhiliyya - la Aissawa,confraternita mistico religiosa fondata a Meknes da Muhammad b. ‘Issā, la Darqawiyya, confraternita sufi fondata da Moulay Larbi Derkaoui -, e altri gruppi più recenti (XVIII, XIX secolo), come la Tijaniyya di ‘Ayn Mādī e Tamacine o la Rahmaniya di El-Hamel con le sue importanti ramificazioni in Cabilia, senza dimenticare la Hebriyya/Qaydiyya nell’Algeria occidentale (Tlemcen e Orano).
Alcuni movimenti hanno spostato il centro delle loro attività in Europa, come la ‘Alawiyya dello
shaykh Khaled Bentounes, fondatore, tra l’altro, del movimento scout musulmano diffuso in Francia ed Europa occidentale. Da due anni, lo
shaykh e il suo movimento hanno lanciato una campagna a favore di una giornata internazionale del “Vivere insieme” che vorrebbero far proclamare dalle Nazioni Unite. Recentemente hanno perfino proposto di legare questa iniziativa alla giornata della pace del 21 settembre, che diventerebbe così giornata della Pace e del Vivere insieme.
Questa dimensione internazionale peraltro non impedisce alla ‘Alawiyya di mantenere una certa influenza in Algeria. Nel settembre scorso i responsabili di questo movimento sufi hanno organizzato a Mostaganem – nell’Algeria nordoccidentale - un incontro riunendo oltre tremila persone attorno ad alcune personalità note per il loro impegno a favore della pace. Tra loro, Lakhdar Brahimi, rappresentante delle Nazioni Unite in Siria durante i primi anni della crisi siriana, Federico Major Zaragoza, ex direttore generale dell’Unesco. Altre strutture sono nate dall’iniziativa individuale e attingono al patrimonio spirituale dell’Islam senza però far riferimento a una confraternita specifica. È il caso, per esempio, del gruppo di studi spirituali che si riunisce a Tlemcen nell’antica Khaloua Sidi Sennousi (XVI secolo). A volte si tratta semplicemente di tradizioni locali che perpetuano la memoria di una grande personalità del passato come Si M’barek Ben Allal a Kolea, altre volte si tratta invece di tradizioni popolari diffuse in una regione che attirano ogni anno migliaia di visitatori da tutta l’Algeria, come la settimana del Mawlid al-Nabawi – le celebrazioni per la nascita del Profeta dell’Islam - di Timimoun.
Peraltro, a livello universitario,
questo ritorno del sufismo alimenta molte ricerche sulle fonti di questo movimento. Sidi Boumedienne, venerato a Tlemcen ma di origini andaluse, è appena stato oggetto di un convegno internazionale a Béjaïa, dove aveva insegnato, mentre un altro convegno universitario organizzato nell’ambito delle iniziative annuali della struttura “Le vie della fede” legata al Centro di Ricerca del ministero della Cultura si è focalizzato su Ibn ‘Arabī. Uno dei progressi più significativi in questo ambito è la recente riscoperta da parte della società algerina del
Kitāb al-Mawāqif, manuale di mistica dell’emiro ‘Abd al-Qādir. La Fondazione dell’emiro ha appena pubblicato la prima edizione algerina delle 372 stazioni di ‘Abd al-Qādir, a cura di ‘Abd el-Baqi Meftah. Il trattato di mistica raccoglie gli insegnamenti spirituali che l’emiro offrì in una moschea di Damasco fino al 1882, anno della sua morte. Un secolo dopo, nel 1982, la pubblicazione degli “scritti spirituali” dell’emiro a cura di Michel Chodkiewicz rendeva attuale il suo insegnamento spirituale. L’emiro oggi è diventato l’elemento più importante della riscoperta, in Algeria, dell’immenso patrimonio spirituale lasciato da Ibn ‘Arabī a tutta la comunità musulmana.
Nella corrente dell’Islam spirituale, ma al di fuori dei movimenti propriamente sufi, si iniziano a incontrare iniziative che propongono un messaggio molto forte benché con altri riferimenti. Due esempi sono illustrativi. Quello di Karima Berger, scrittrice di origine algerina che vive in Francia, recentemente nominata a Parigi presidente del movimento degli scrittori spirituali, e autrice di diversi libri in cui propone la sua meditazione spirituale in una formula decisamente nuova per un credente musulmano. Particolarmente toccante è la sua meditazione sul messaggio lasciato da Etty Hillesum – scrittrice olandese di orogine ebraica morta ad Auschwitz - con la quale dialoga, oltre la barriera della morte, sulla sua ricerca di Dio e sul senso della vita in risposta al messaggio che ci ha lasciato questa giovane donna ebrea.
E poi Farida Zerrai, che ha appena pubblicato un bel libro spirituale andando alla ricerca della famiglia di Mohamed, l’uomo che ha dato la vita per proteggere quella di Christian de Chergé durante la guerra d’Algeria.
In questa corrente di pensiero si potrebbero collocare anche le numerose dichiarazioni dell’attuale ministro algerino degli Affari religiosi, Mohamed Aissa. Quest’ultimo ha dichiarato a più riprese che la crisi algerina degli anni 90 è nata dalle letture dell’Islam venute dal Medio Oriente e che l’Algeria dovrebbe tornare alle sue vere fonti, quelle dell’“Islam di Cordoba” – periodo in cui l’Islam ha sviluppato l’apertura del pensiero, la cultura, la filosofia e il rispetto delle altre tradizioni religiose. In questa corrente di pensiero si potrebbero collocare inoltre alcuni nuovi interpreti dell’Islam come Azzedine Gaci, imam di Villeurbanne a Lione, i cui insegnamenti approfondiscono e rinnovano la riflessione sulla spiritualità tradizionale.
La tradizione di discrezione dell’esperienza sufi non consente a queste nuove esperienze di conquistare nella società algerina un posto di rilievo come quello di altre iniziative che ricorrono sistematicamente ai media. È chiaro però che dopo gli eccessi dell’Islam salafita o peggio ancora dell’Islam jihadista, una nuova corrente spirituale musulmana, radicata in maniera autentica nella tradizione, ha ripreso il suo posto nella società algerina e dev’essere considerata un elemento vivo del patrimonio universale, a disposizione di chiunque intenda compiere un percorso di ricerca spirituale.