Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:09:27
Segretezza sulla salute del presidente, lotte mediatiche tra ex vertici dell’esercito, mistero su chi realmente prenda le decisioni nel Paese. La stabilità dell’Algeria, una delle poche nazioni arabe che ha attraversato indenne la stagione delle rivolte del 2011, diventa sempre più importante in un contesto regionale di incertezza e tensione. I dubbi e le domande sui destini dell’Algeria si rincorrono dall’aprile 2013, quando una lieve ischemia costrinse il presidente
Abdelaziz Bouteflika a un lungo ricovero circondato dal segreto di Stato: deciso fino a pochi mesi prima a fare un passo indietro per lasciare posto alle “nuove generazioni”, il presidente aveva invece annunciato la sua candidatura, riuscendo, dopo una campagna elettorale per procura, a farsi rieleggere per la quarta volta.
Il legame energetico
L’interesse dell’Italia perché vi sia stabilità nella più grande nazione africana è senza dubbio e prima di tutto legato al tradizionale legame nel campo dell’energia:
l’Algeria è, infatti, assieme alla Russia, la principale fonte di gas per il nostro Paese. Non soltanto internamente, quindi, ma anche dall’esterno dell’Algeria si assiste con apprensione alla precarietà e all’incertezza che circondano la figura del capo dello Stato. Assente dall’attività istituzionale e dalla scena pubblica in generale, Bouteflika si mostra davanti alle telecamere soltanto in occasione di rari colloqui (con un filo di voce) con presidenti o uomini di governo stranieri.
Una singolare richiesta di appuntamento è arrivata a inizio novembre da
diciannove figure del mondo politico e militare molto conosciute in Algeria. Il loro obiettivo è quello di informare il presidente della grave situazione socio-economica in cui versa il Paese, quasi completamente dipendente dal prezzo del greggio, oggi ai minimi storici. Non oppositori come si potrebbe pensare, ma persone che conoscono da vicino Bouteflika e che si dichiarano convinte esistano poteri occulti, “cortigiani” che fanno barriera attorno a lui, manovrandolo e manovrando a sua insaputa. Il gruppo dei 19 (di cui quattro si sono, però, già ritirati a seguito, secondo gli altri, di pesanti pressioni) è guidato da Louisa Hanoune – leader del partito dei lavoratori, candidata più volte alla presidenza ma anche sostenitrice di Bouteflika, che l’ha sempre apprezzata e ascoltata – ed è composto, fra gli altri, da Zohra Difr Bitat, nota protagonista della guerra d’indipendenza e oggi senatrice, Khalida Toumi, ex-ministro della Cultura, Lakhdar Bouregaa, altra figura-faro dell’Algeria, ex-comandante dell’Armata di liberazione nazionale.
Le “purghe” ai vertici dell’’esercito
Nella lettera si menziona il pericolo della perdita di sovranità – la “sacra” sovranità nazionale conquistata con il sangue e difesa a spada tratta contro tutto e tutti – in riferimento all’imminente approvazione del piano finanziario per il 2016. Una proposta nel documento in lavorazione toglie allo Stato il diritto di prelazione, ovvero la possibilità di riappropriarsi di una concessione precedentemente rilasciata a un investitore straniero in caso di interruzione del progetto (“il Bouteflika che conosco non potrebbe mai approvare una cosa del genere”, dichiara Zohra Difr Bitat).
La legge finanziaria è un argomento che crea forti tensioni in queste settimane in Algeria: potrebbe portare all’aumento dei prezzi di quei generi di prima necessità, tenuti al ribasso dal governo dal 2011 in poi per mantenere la pace e l’equilibrio sociale.
L’altra pesante lamentela riguarda “l’abbandono dei dirigenti algerini, lasciati a sanzioni arbitrarie e di parte”: non sono stati fatti nomi, ma il riferimento è chiaro per la popolazione. Si tratta delle
“purghe” di tre generali d’alto rango, considerati “eroi” della guerra al terrorismo degli anni Novanta e incarcerati in questi mesi. Sono purghe eccellenti seguite a quella più clamorosa del settembre di quest’anno: il pensionamento del generale Mohamed Mediène, detto Toufik, “l’uomo più misterioso d’Algeria”, rimasto a capo dei potentissimi servizi segreti per 25 anni senza mai apparire in pubblico. In 50 anni di carriera non ha mai rilasciato dichiarazioni.
Ancora secondo i firmatari della lettera, tutto questo non può essere stato pensato da Bouteflika,
legato a uno in particolare dei generali arrestati, Djamel Kehal Medjdoub.
A fine novembre, un’altra lettera è arrivata a sconvolgere le redazioni dei principali quotidiani d’Algeria: quella del generale Toufik che ha deciso, dopo tanto tempo passato dietro le quinte, di prendere la parola per condannare gli arresti dei “suoi” generali. Si vocifera che lo stesso gruppo dei 19 sia pilotato da Toufik, viste le amicizie di lunga data tra Louisa Hanoune e il generale. Il fatto che il Segretario del Fronte di liberazione nazionale, partito al potere praticamente ininterrottamente dall’indipendenza del 1962, abbia risposto stizzito alla richiesta dei 19 di poter incontrare il presidente – addirittura, quasi deridendoli, consigliando loro di chiedere al leader francese François Hollande notizie sul suo stato mentale e le sue capacità di prendere decisioni – ha alimentato ancora di più
il mistero attorno al cordone che circonda il presidente e che, secondo questo gruppo di pressione appartenente anch’esso a tutti gli effetti alla “vecchia guardia”, non ha neppure consegnato la missiva al destinatario.
L’ultima battaglia
Chi c’è realmente oggi intorno a Bouteflika? Certamente
i fedelissimi, come il fratello minore, Saïd Bouteflika, che, secondo alcuni, ha un’influenza talmente forte sul fratello malato da firmare lui stesso decreti presidenziali e nomine di ministri;
il premier Abdelmalek Sellal, uomo di assoluta fiducia, che ha condotto la campagna elettorale e si fa portavoce del presidente (è lui che ha incontrato il presidente del Consiglio Matteo Renzi a maggio in Italia) e il direttore del gabinetto presidenziale, Ahmed Ouyahia. Chi altro sta lavorando nell’ombra della
residenza-casa di cura ipersorvegliata di Bouteflika, dove secondo voci non confermate qualcuno ha cercato di entrare una notte di metà luglio? Un tentato colpo di Stato che ha convinto i fedelissimi a dare avvio alle “purghe”? Su questi avvenimenti resta il mistero. Forse siamo di fronte a una resa dei conti finale tutta interna al “sistema” politico-militare che governa il Paese, un’ultima battaglia per aggiudicarsi la successione dell’anziano e malato presidente.