Shāh Walī Allāh, intellettuale islamico del XVIII secolo, risponde con i suoi testi alla domanda “che cos’è il sunnismo?”
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:55:40
Che cos’è il sunnismo? Piuttosto che proporre l’ennesimo riassuntino dei manuali d’islamologia, abbiamo scelto di rispondere alla domanda, essenziale per la comprensione di questo numero di Oasis, lasciando la parola a Shāh Walī Allāh, probabilmente il maggiore intellettuale islamico del XVIII secolo.
Nato a Delhi nel 1703 da una nota famiglia di studiosi, Walī Allāh[1] ricevette una formazione rigorosa nelle scienze religiose islamiche e nel diritto hanafita. Dopo essere stato iniziato al sufismo nell’ordine Naqshbandi, si recò in pellegrinaggio alla Mecca nel 1731. Tornato in patria l’anno successivo, si dedicò principalmente all’insegnamento e al rinnovamento dell’Islam indiano. Allarmato dalla decadenza dell’Impero moghul, fu tra i promotori dell’intervento afghano che, con la terza battaglia di Panipat (1761), arrestò l’espansione della confederazione induista Maratha verso nord. Morì poco dopo, nell’agosto del 1762.
L’equanime esposizione delle cause della divergenza, il breve trattato che traduciamo parzialmente nelle pagine che seguono, si propone di spiegare come dall’esperienza unitaria di Muhammad sia derivata, con il passare delle epoche (l’età dei Compagni o prima generazione, quella dei Successori o seconda generazione e via dicendo), una legittima molteplicità di scuole giuridiche (madhhab) e tradizioni, chiamate a riconoscersi a vicenda. Walī Allāh ripercorre così le principali tappe della storia intellettuale musulmana, tratteggiando un quadro che è tanto più prezioso per la prospettiva decentrata, geograficamente e temporalmente, che esso adotta. L’autore infatti scrive in arabo, ma dalla lontana India, e vive sulla sua pelle la decadenza dell’Impero moghul, epoca cerniera che chiude l’età classica dell’Islam e preannuncia l’irrompere della modernità.
Al centro del sistema di pensiero di Walī Allāh c’è, in armonia con l’aspirazione profonda del Sunnismo, la ricerca del compromesso. Compromesso tra le scuole giuridiche in questo trattato, e compromesso tra monismo essenziale del mistico andaluso Ibn ‘Arabī (1165-1240) e monismo esistenziale ortodosso nel suo capolavoro, la Hujjat Allāh al-bāligha (“La divina dimostrazione”). Proprio per questa sua capacità di mediazione, Walī Allāh sarà preso a modello da quasi tutte le correnti dell’Islam indiano: i modernisti come Muhammad Iqbal (1877-1938), affascinati dalle sue prese di posizione politiche e dalla scelta di tradurre il Corano in persiano; ma anche i revivalisti come i movimenti Deoband e Barelvi e addirittura gli Ahlul Hadith, partigiani dello studio esclusivo della tradizione.
Preoccupazione costante di Walī Allāh è determinare nel modo più preciso possibile l’autentica Sunna, cioè il modo di agire del Profeta dell’Islam, che ha valore normativo per tutti i musulmani – tanto sunniti quanto sciiti perché la differenza tra le due confessioni non risiede, come spesso si dice, nell’accettazione o meno del principio della normatività della Sunna, ma nella sua definizione. Per l’autore si arriva alla Sunna attraverso un duplice procedimento, il takhrīj o “derivazione”. Takhrīj degli hadīth, cioè delle brevi narrazioni che hanno per protagonista il Profeta dell’Islam, per distinguere quelle autentiche dai racconti interpolati o inventati. E takhrīj delle norme giuridiche, a partire dalle “radici” testuali e metodologiche (usūl), per approdare alla casistica concreta (i “rami” della Legge o furū‘).
Secondo Walī Allāh, che pure si dedicò attivamente al rinnovamento degli studi di hadīth in India, questi due procedimenti s’integrano a vicenda. Egli si pronuncia perciò contro l’imitazione cieca e unilaterale delle scuole giuridiche, ricordando come esista una varietà legittima di opinioni e prassi all’interno dell’Islam. Ma al tempo stesso e quasi presentendo l’avvento del movimento salafita contemporaneo, l’autore mette in guardia dal pericolo di un testualismo che rimane prigioniero della memorizzazione della lettera, senza cercare di penetrarne il senso intimo. Per lui, come per al-Shaybānī, che fu tra i fondatori della scuola giuridica hanafita nell’Iraq dell’ottavo secolo, «lo hadīth sta in piedi solo con il ragionamento e il ragionamento sta in piedi solo con lo hadīth».
Nella sua narrazione del sorgere del diritto musulmano Walī Allāh tocca così un nodo cruciale, il posto dello hadīth nell’edificio religioso musulmano. Egli infatti, avendo studiato durante il soggiorno alla Mecca il Muwatta’ di Mālik, il più antico manuale di legge islamica, è ben consapevole della differenza tra il diritto basato sulla prassi comunitaria praticato dai primi giuristi e il diritto a base di hadīth impostosi successivamente, principalmente per l’opera di al-Shāfi‘ī. La sua risposta è, ancora una volta, un tentativo di conciliazione tra prassi comunitaria e ancoraggio testuale e questo, come spiega Sohaira Siddiqui nel suo articolo, è il Sunnismo. In alternativa si può sostenere la preminenza assoluta dello hadīth, e questo è il salafismo. O ancora lo si può rimettere in causa come una costruzione artificiale e tardiva e questo è il riformismo nella sua versione progressista. Dal tempo di Walī Allāh il discorso religioso islamico ha oscillato tra i due estremi. È ancora alla ricerca di un suo equilibrio.
Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis
[1] Il nome è talvolta trascritto Walīullāh in omaggio alla pronuncia dell’arabo in uso nel subcontinente indiano.
Per citare questo articolo
Riferimento al formato cartaceo:
Martino Diez, Tra ragione e testo, «Oasis», anno XIV, n. 27, luglio 2018, pp. 98-99.
Riferimento al formato digitale:
Martino Diez, Tra ragione e testo, «Oasis» [online], pubblicato il 4 settembre 2018, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/cosa-e-sunnismo.