Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:39:13
Il documento, diffuso il 12 giugno 2013 e articolato in sette punti principali, faceva seguito a tre precedenti dichiarazioni sul rapporto tra Islam e ordinamento dello Stato, sulle finalità delle rivoluzioni e sulle libertà fondamentali, prodotti da al-Azhar insieme a una “elite” di intellettuali. [Leggi anche: Nuova mossa di al-Azhar sullo scacchiere egiziano].
Il documento illustra il punto massimo di compromesso raggiunto sul tema della donna tra le componenti islamiste e liberali egiziane, prima che la deposizione di Mursi intervenisse a cambiare totalmente il quadro politico. (M.D.)
1. Il valore umano e sociale della donna
L’Islam stabilisce l’uguaglianza tra la donna e l’uomo, sia in quanto essere umani che come membri della
umma e della società. Si tratta di un principio illustrato dal Creatore Altissimo, sia gloria a Lui: «Non manderò perduta una sola opera di voi che operate, siate maschi o siate femmine» (Corano 3,195).
Il rapporto tra la donna e l’uomo si fonda sulla responsabilità condivisa, il cui fondamento e il cui criterio sta nella stima vicendevole e nella gara a fare il bene secondo la parola di verità dell’Altissimo: «Ma i credenti e le credenti sono l’un l’altro amici e fratelli, invitano ad atti lodevoli e gli atti biasimevoli sconsigliano, e compiono la Preghiera e pagano la Decima e obbediscono a Dio e al Suo Messaggero: di questi Dio avrà misericordia, ché Egli è potente sapiente» (71,9).
l principi di uguaglianza e responsabilità condivisa come fondamento per comprendere e istituire il rapporto tra i due sessi nella
umma sono stabiliti in alcuni versetti chiari che non possono essere sottoposti a spiegazioni restrittive attraverso norme particolari o parziali. Se l’uguaglianza nell’anima, nello spirito e nella dignità umana e la condivisione della responsabilità verso l’universo e l’ecumene sono concetti essenziali nel rapporto uomo-donna nell’Islam, il concetto di custodia [da parte del marito] sottolinea la responsabilità che gli è affidata ed esprime il dovere di provvedere finanziariamente alla famiglia. Il marito deve farsi carico dei bisogni materiali e morali della moglie in modo che siano soddisfatte adeguatamente le necessità di quest’ultima. La moglie deve godere di serenità e tranquillità in modo che si realizzi una responsabilità condivisa tra uomo e donna e non il potere finanziario assoluto del marito o del padre verso la moglie e i figli. La donna gode degli stessi diritti politici ed economici dell’uomo, dal momento che l’evoluzione degli ambiti, delle funzioni, degli ordinamenti e dei ruoli politici ed economici nelle società contemporanee è avvenuta per la maggior nell’ambito dell’interesse generale della Legge (
al-maslaha al-mursala). In questo campo non si possono invocare norme a favore o contro determinati comportamenti e sui punti di divergenza la soluzione è lo sforzo interpretativo degli ulema della
umma in termini di interpretazione della lettera, esegesi del testo e deduzione. Si tratta di un processo storico e culturale continuo alla quale la donna ha il diritto di partecipare quando ne abbia la competenza e la capacità.
2. La personalità giuridica della donna
La donna gode della piena capacità giuridica, è indipendente dal punto di vista finanziario, ha responsabilità giuridica, ha il diritto di gestire in maniera libera e indipendente ciò che possiede secondo un principio stabilito già dal Profeta – la preghiera e la pace siano su di lui – quando disse: «I musulmani sono tutti uguali dal punto di vista del diritto del sangue. L’inferiore cerca protezione e il superiore gliela offre» (
Sunan di Abû Dâwûd, Libro del
Jihâd). Disse l’Altissimo: «Ma i credenti e le credenti sono l’un l’altro amici e fratelli, invitano ad atti lodevoli e gli atti biasimevoli sconsigliano, e compiono la Preghiera e pagano la Decima e obbediscono a Dio e al Suo Messaggero: di questi Dio avrà misericordia, ché Egli è potente sapiente» (71,9). La donna ha il diritto legittimo e indiscutibile di ereditare e lo Stato deve garantirle tale diritto. Gli studiosi, i sapienti della
umma e i leader dell’opinione pubblica devono sforzarsi di mettere fine alle consuetudini e alle tradizioni ingiuste che ostacolano l’applicazione dei testi sciaraitici in merito al diritto successorio della donna, diritto che Dio ha definito una «parte necessaria» e per la quale ha stabilito garanzie legali.
3. La donna e la famiglia
La famiglia è il fondamento della società e il suo primo nucleo. Essa è un’entità contrattuale, materiale e morale, e occorre adottare tutte le misure e le facilitazioni necessarie a sostenerla e preservarla. La famiglia è un’entità contrattuale in quanto è un legame volontario che nasce per un accordo e che giunge al termine in virtù di un accordo o di una sentenza, con o senza un risarcimento.
L’uomo e la donna scelgono entrambi liberamente di creare una famiglia o di porvi termine, direttamente o tramite delegati, secondo quanto stabilisce la Legge nei suoi versetti chiari e secondo quanto previsto dalle condizioni del contratto di matrimonio, il cui fondamento principale è la soddisfazione mutua e l’accettazione reciproca. La questione della registrazione del matrimonio nasce per tutelare le parti e in particolare i diritti della donna. La famiglia si fonda sulla condivisione, sulla consultazione (
shûrà), la giustizia, l’amore e la misericordia. L’Altissimo ha prescritto all’uomo l’obbligo di provvedere al sostentamento della famiglia in vista del ruolo naturale della donna di procreare e accudire i figli. La donna e il bambino hanno perciò diritto a ricevere il sostentamento da parte dell’uomo. Peraltro ciò non significa che l’uomo e la donna debbano essere imprigionati in questi ruoli perché entrambi ne possiedono altri ancora.
4. La donna e l’istruzione
L’istruzione è uno dei diritti della donna e perciò lo Stato e la società devono agire per garantirle l’accesso all’istruzione senza discriminazioni. Questo diritto impedisce alle famiglie di operare una discriminazione tra figli e figlie per quanto riguarda l’istruzione necessaria alla crescita materiale e morale.
5. La donna e il lavoro
La realtà contemporanea con i suoi imperativi economici o come risultato dell’istruzione [impartita] impone alle donne di lavorare, oltre a svolgere il loro compito, umano e naturale, di protezione della specie. Il lavoro è una nobile via per conseguire il sostentamento (
rizq). La religione non vi si oppone purché si addica alle condizioni degli sposi e dei figli, e sempre nel rispetto delle norme e delle consuetudini islamiche. In questo senso il lavoro delle donne impone una serie di obblighi ai governanti: in primo luogo esso deve fondarsi sulla norma delle pari opportunità e della giustizia, in particolare a favore delle donne in necessità, povere e con prole numerosa, in attuazione del principio della cura e della discriminazione positiva – e non soltanto della semplice uguaglianza – per proteggere le famiglie dalla rovina. Per questo occorre che il diritto del lavoro sia orientato a favore delle donne lavoratrici. Si deve realizzare la concordia familiare, fondata sulla collaborazione e l’aiuto reciproco nel portare i pesi materiali e immateriali come la cura dei figli e dei genitori.
Lo Stato ha il dovere di intervenire a favore della donna e del bambino, esattamente come per l’uomo, in caso di disoccupazione o incapacità a conseguire un reddito sufficiente o a fornire un’istruzione adeguata, una vita dignitosa e un’abitazione. Si tratta di un dovere uguale e necessario, fondato sulla logica dei diritti di cittadinanza e non semplicemente sull’assistenzialismo.
6. La donna e la sicurezza personale
L’Islam adotta una visione complementare del corpo umano (e delle sue varie facoltà) affermando che di esso l’uomo è responsabile come di un pegno davanti a Dio Onnipotente: «L’udito, la vista e il cuore, di tutto questo sarà chiesto conto» (17,36). Lo sfruttamento e la violenza in tutte le sue forme, tra cui le molestie e le violenze sessuali soprattutto ai danni delle donne, sono stati e purtroppo continuano a essere una delle maggiori tragedie della storia. Se agire responsabilmente e preservare il corpo umano dall’impurità è responsabilità del singolo, lo è anche della collettività, in particolare nelle nuove circostanze che si sono create, ed è anzi una delle necessità sciaraitiche (preservare la vita e la religione, l’onore, la ragione e i beni). La questione dell’abbigliamento della donna nell’Islam è un argomento definito dalla
sharî‘a e su cui si sono espressi centinaia di giurisperiti e ulema musulmani. In estrema sintesi, la Legge impone la modestia nel vestire, ma mostrare il viso e le mani è lecito e nessun costume o pratica culturale può impedirlo.
7. La donna e la vita pubblica
Le donne hanno il diritto di ricoprire le cariche pubbliche qualora abbiano acquisito le qualifiche necessarie ed è compito dello Stato tutelare le pari opportunità tra la donna e l’uomo. È ben noto che agli esordi dell’Islam le donne qualificate ricoprirono cariche pubbliche nell’ambito dell’insegnamento, dei mercati, delle cure etc. Inoltre la donna ha il diritto di svolgere attività di volontariato e operare nella vita pubblica nella misura in cui la predispongono a ciò le sue condizioni personali, le potenzialità, i talenti e gli interessi personali. Il volontariato e il servizio pubblico è tanto un diritto quanto un dovere dell’essere umano, sia esso uomo o donna, in relazione ai beni di cui dispone in sovrappiù, alla scienza che possiede e alle sue azioni. Esso è un obbligo religioso per la società nel suo complesso. Infine la donna gode di un diritto fondamentale all’interno della nazione, il diritto e il dovere di consigliare ed essere consultata e di contribuire al perseguimento dell’equità. Riceve da Dio il Pegno e il Vicariato [il riferimento è al concetto dell’uomo come vicario di Dio, in forza del Patto preeterno,
N.d.T.] esattamente come l’uomo, alla pari. Tutto questo le impone di partecipare alla vita pubblica come elettrice e come eletta per portare opinioni, diritti e interessi generali che ritiene corretti, all’attenzione dei
decision makers nell’ambito di una comunità nazionale che deve essere fondata sul consenso reciproco.
Nel documento si menzionano tra i presenti alla riunione dei grandi ulema dell’Azhar, sotto la presidenza dello Shaykh al-Azhar Ahmad at-Tayyeb: Yûsuf Qaradâwî, presidente dell’unione mondiale degli ulema musulmani; ‘Alî Gum‘a, già Mufti della Repubblica: Ahmad ‘Umar Hâshim; Mahmûd Hamdî Zaqzûq, già ministro degli affari religiosi; Nasr Farîd Wâsil; Hasan al-Shâfi‘î, consigliere dello Shaykh al-Azhar; Muhammad ‘Imâra. La preparazione del documento sui diritti della donna ha richiesto più di un anno e numerosi incontri e riunioni all’interno della direzione dell’Azhar. Vi hanno partecipato esperti di questioni femminili e di difesa dei diritti della donna, intellettuali e politici.
(Fonte: «al-Masrî al-Yôm», 13 giugno 2013, trad.
Chiara Pellegrino e
Martino Diez)