Un dibattito che riflette la difficoltà di gestire nella società un numero sempre più alto di musulmani
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:34:20
La polemica nata recentemente in Francia attorno all’Islam risulta strana sotto più punti di vista. Prima di tutto, perché soltanto una minoranza dei protagonisti della discussione è musulmana, e sono presi in considerazione aspetti molto superficiali dell’Islam. È strana inoltre perché il dibattito è stato innescato da una serie di dichiarazioni di responsabili di movimenti associativi. Queste prese di posizione non hanno attirato subito l’attenzione, ma sono state riprese dai social media, suscitando in quello stesso ambito una catena di reazioni.
È allora che alcuni media nazionali (in particolare Le Figaro Magazine) hanno fatto da megafono, senza tuttavia appassionare il grande pubblico, che fa fatica a prendere una posizione. La perplessità che produce l’indifferenza nasce soprattutto dal fatto – e questo è il terzo elemento sconcertante – che i due campi opposti sono ancora poco definiti e appartengono entrambi a componenti di quella che si continua a chiamare “la gauche”, la sinistra, anche se non è più così chiaro cosa questo significhi politicamente e anche filosoficamente.
L’obiettivo non era l’Islam, ma le religioni in generale
Nessuna delle due fazioni, inoltre, si è data un nome, che riceve dalle critiche dei rivali. Da una parte, dunque, l’“islamofobia”. È da questa corrente che sono partiti i primi attacchi. L’obiettivo non era esplicitamente l’Islam, ma le religioni in generale, prese di mira in ragione della minaccia che rappresenterebbero per la laicità.
In questa corrente si trovano organizzazioni come il Printemps républicain (con il sociologo Laurent Bouvet, il filosofo Marcel Gauchet, il politologo e islamologo Gilles Kepel), il Grande Oriente di Francia (la principale obbedienza massonica, ferocemente anticlericale da 150 anni), la LICRA (Lega Internazionale contro il Razzismo e l’Antisemitismo, che avrà presto 100 anni e si oppone, in nome dell’uguaglianza e dei diritti dell’uomo, alle espressioni pubbliche delle specificità culturali), personalità come l’ex primo ministro Manuel Valls o l’accademico Alain Finkielkraut (che sembra considerare l’Islam intrinsecamente repressivo), e partigiani del movimento politico La France insoumise di Jean-Luc Mélenchon. La maggior parte di queste persone chiede che “la religione resti confinata tra le mura di casa o dei luoghi di culto” e si renda il più discreta possibile nella società, nell’attesa, pensano, della sua ineluttabile scomparsa, come vorrebbe “il senso della storia”.
Siccome il Cristianesimo tende oggi a riconoscersi minoritario, L’Ebraismo è tale, per così dire, costitutivamente, e, malgrado i progressi, rimane minoritario anche il Buddhismo, questo discorso anti-religioso ha come tacito obiettivo l’Islam, sospettato di ambizioni di conquista. L’accusa diventa diretta quando si tratta della condizione delle donne e del “conservatorismo morale” della tradizione musulmana.
Questo pregiudizio anti-religioso che si concentra sull’Islam è accusato di “islamofobia” da quelli che l’“islamofobia” definisce “islamosfera”. All’interno di questa corrente ci sono associazioni che operano sul campo come il CCIF (Comitato contro l’islamofobia in Francia), Coexister (che cerca di promuovere il dialogo interreligioso), ma anche l’Observatoire de la laïcité, pensato dai presidenti Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy e istituito soltanto da François Hollande. Presieduto da Jean-Louis Bianco (segretario generale dell’Eliseo sotto François Mitterrand, poi deputato e ministro socialista), anche questo organismo ufficiale si sforza di dare e far riconoscere all’Islam uno spazio in Francia, incoraggiandolo a rispettare le leggi repubblicane, partendo dal presupposto che questo sia possibile, che non c’è incompatibilità, e che non si deve confondere la religione pacifica della grande maggioranza dei musulmani con il fanatismo islamista, spettacolare ma marginale.
Una frangia più radicale e meno strutturata dell’“islamosfera” ritiene che i musulmani siano vittime del colonialismo e del razzismo e che abbiano dunque il diritto, se non il dovere, di affermarsi e rifiutare il liberalismo, il capitalismo e in generale la dominazione dell’Occidente. Tra questi, ci sono altri sostenitori di Jean-Luc Mélenchon. Questo ha fatto dire al filosofo Pascal Bruckner (che si è così ritrovato cucita addosso l’etichetta di “islamofobo”) sul settimanale Valeurs actuelles che questa sinistra “odia la Francia non perché opprime i musulmani, ma perché li libera”, offrendo loro i “valori” del motto “libertà, uguaglianza, fratellanza”. Bruckner ha anche sottolineato l’incoerenza che c’è nel condannare al silenzio i parroci dando la parola agli imam.
Un islamismo culturale che favorisce il comunitarismo
In questa diatriba, si trovano dei musulmani da entrambe le parti. Il presidente del Printemps républicain è Amine el-Khatmi. Lo scrittore Kamel Daoud è stato tacciato di “islamofobia” per aver deplorato la “miseria sessuale” nel mondo arabo-musulmano. Dall’altra parte, l’UOIF (Union des Organisations islamiques de France, creata nel 1983, vicina ai Fratelli musulmani e che tenta di soppiantare le associazioni più antiche e considerate moderate, legate sia all’Algeria sia al Marocco) non appartiene al campo dell’“islamosfera” nel senso stretto del termine. Ma le libertà che questa rivendica in favore di un islamismo culturale favoriscono il comunitarismo, che essa mette in atto attraverso opere sociali, tra cui le scuole.
La querelle tra “islamofobia” et “islamosfera” è così una crisi in più tra quelle che già spaccano e stanno per annientare la “gauche” francese. Le polemiche riflettono essenzialmente le difficoltà a riconoscere e gestire nella società un numero di musulmani stimato tra i cinque e gli otto milioni, la metà dei quali forse secolarizzata, gli altri molto divisi tra loro.
Questi dibattiti tra intellettuali tipicamente francesi hanno poche possibilità di aiutare l’Islam a trovare in se stesso, e come forse soltanto lui potrà fare, le risorse che gli consentiranno di esistere serenamente in una situazione che non è né quella di una maggioranza oppressiva né quella di una minoranza oppressa.
Testo tradotto dal francese
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