Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:37:27
Il progetto di riforma religiosa di Muhammad ʿAbduh si basava su tre pilastri: il primo consisteva nella
liquidazione della tradizione islamica all’epoca prevalente nell'
Azhar, per porre fine alle differenze tra le varie scuole giuridiche, a favore di una rappresentazione unitaria dell’Islam, e specialmente dell'Islam sunnita. Il secondo pilastro richiedeva che quest’Islam unico si fondasse sulla selezione di quanto di buono vi era
nel diritto islamico antico e sull'apertura delle porte dello sforzo interpretativo. Il terzo riguardava la determinazione della direzione della
riforma: quest’Islam unico doveva essere aperto nei confronti dell'Occidente o della civiltà moderna e indirizzato al razionalismo.
Operando tale cambiamento la riforma aprì la via a tre nuove correnti. La prima era costituita dai
rinnovatori (
muǧaddidūn) religiosi, i quali mossero tutti nella stessa direzione, ma a diversi livelli. Si pensi agli esempi dello Šayḫ ʿAbd al-Mutʿāl al-Ṣaʿīdī o dello Šayḫ Amin al-Khuli (Amīn al-Ḫūlī), che propose di leggere il Corano come un testo letterario. La seconda corrente era formata dai
fondamentalisti, la cui risposta alla sfida dell’Occidente consistette nel presentare un Islam unico, ottenuto tramite la mobilitazione e lo scontro sotto la bandiera del
ğihād. La terza corrente comprendeva i
salafiti, i quali cercarono di rendere tale Islam unico fanatico dal punto di vista sociale. In altre parole, dalla riforma di Muhammad ʿAbduh, sono risultate numerose posizioni in conflitto tra loro. Esse, pur basandosi in modo conscio od inconscio sull’approccio di ‘Abduh soprattutto riguardo all'eliminazione della tradizione, non ne hanno abbracciato necessariamente le posizioni circa le varie problematiche della riforma. Ma se la riforma religiosa può essere sviluppata in direzioni divergenti, e a volte in contraddizione, quali sono le condizioni che rendono probabile la vittoria di una precisa corrente sulle altre rivali?
Questo articolo propone la tesi che uno dei più importanti elementi per rispondere a questa domanda risieda nella natura della sfera pubblica, e soprattutto di quella politica, nella quale si muove la riforma religiosa.
La riforma è una risposta intellettuale alla pressione da parte della modernità egemone e ai prestiti che ne conseguono, volti a realizzare un Risorgimento capace di reggere il confronto con essa. Una corrente come quella civile e laica, in quanto risposta alla riforma religiosa, si divise in due direzioni: una democratica e una autoritaria. La prima si orientava verso una riforma interna, per ottenere ciò che i contemporanei consideravano come le caratteristiche proprie della modernità, mentre la seconda si muoveva in direzione della mobilitazione della comunità, come proposto da Ğamāl Al-Dīn al Afġāni (maestro di Muhammad ʿAbduh) al fine di affrontare l'Occidente e allontanarne l’influenza o prevenire la colonizzazione della regione (ma con la presa in prestito dei “mezzi” moderni).
In questa logica, la predominanza di una delle vie della riforma religiosa sulle altre si collega a sviluppi politici ed intellettuali generali, in direzione autoritaria o democratica, come risultato delle lotte di potere interne, e delle pressioni esterne ad esse parallele. Nell’era liberale e democratica predominò la logica del rinnovamento, mentre la logica fondamentalista, nelle sue diverse forme violente, prevalse con l'aumento dell'autoritarismo.
Le idee riformiste (volte al rinnovamento e non alla mobilitazione) ebbero il loro momento di successo in parallelo alla crescita del modernismo liberale egiziano agli inizi del XX secolo. Furono rafforzate dalla rivoluzione del 1919, la quale diede la possibilità alle varie forze politiche del popolo egiziano di partecipare al governo, nonostante la sopravvivenza del colonialismo, e stabilì un clima culturalmente e politicamente aperto, in termini di principio, alle libertà, con il risultato di favorire una vitalità sociale, intellettuale e politica. Questo era il clima generale in cui brillarono il pensiero del rinnovamento, le correnti laiche e i loro grandi scrittori. Il pensiero guida di questa tendenza era la possibilità di elaborare una cultura moderna in modo islamico, o non contrario a esso. Le opere islamiche prodotte da alcuni pensatori e giuristi non volevano ripristinare il passato islamico, ma piuttosto radicare i valori della modernità nella cultura islamica.
Il filone del rinnovamento pose tra i suoi principali obbiettivi il cambiamento della consapevolezza del mondo e dell'Islam, la diffusione dello spirito di responsabilità per la riforma e lo sviluppo e vide il ritardo culturale e la comprensione tradizionale dell'Islam come elementi di debolezza, che avevano reso il paese vulnerabile di fronte al colonialismo.
Dall'altra parte,
la corrente fondamentalista cominciò a svilupparsi negli anni trenta, cristallizzandosi attorno ai Fratelli Musulmani, oltre ad altre organizzazioni. Questo avvenne nel contesto dello sviluppo di un clima autoritario favorevole alle sue tesi, a livello globale (il fascismo) e localmente. Apparvero nuove forze politiche che affermavano che la liberazione dal colonialismo e la realizzazione del Risorgimento e del potere ecc. erano legate al recupero di una identità perduta (nazionale, araba o islamica) e che pertanto la questione principale non era la riforma, ma la liberazione dagli “intrusi” stranieri. Dopo di che la rinascita sarebbe arrivata automaticamente, a condizione che il popolo si lasciasse guidare da un unico leader, difensore dell'identità. Solo elementi estranei alla nazione avrebbero potuto rifiutarsi di seguirlo. Esempi di queste forze furono Il Giovane Egitto e altri gruppi arabisti, oltre naturalmente ai Fratelli Musulmani. Si registrava inoltre un'alleanza tra questi movimenti ed il palazzo reale, uniti da un comune obiettivo: l'eliminazione del pluripartitismo democratico, che secondo loro era la causa della frammentazione della nazione.
Con l'ascesa al potere dei Liberi Ufficiali e il consolidamento della loro autorità, la situazione cambiò radicalmente. Prevalse l'ideologia nazionalista autoritaria, chiudendo del tutto le porte dello spazio politico. Fu assunto il controllo delle organizzazioni della società civile, dei sindacati, delle associazioni, dei club ecc.
In questo clima autoritario emerse il discorso islamico radicale jihadista, per opera di alcuni pensatori tra cui spicca in particolare Sayyid Quṭb, il quale propose alla fine degli anni cinquanta la sua idea di "lega di credenti" o "avanguardia di credenti" (la stessa espressione correntemente usata nei testi del potere e nella sua retorica).
Quṭb abbracciava l'idea che la parola di Dio indicasse un sistema di governo e che il governo spettasse a Dio, nel senso che questa avanguardia di credenti si doveva impadronire del potere per applicare la šarīʿa (con sviluppi e aggiornamenti a seconda della situazione); e che quindi il diritto fosse l'essenza dell'Islam. E per quanto riguarda il momento del conflitto, la “teologia politica islamica”, che tratta delle modalità con cui la lega di credenti debba assumere il potere e monopolizzarlo, sarebbe il cuore dell'Islam. Sayyid Quṭb, in risposta al “Patto” varato dal governo nel 1962 come documento orientativo per il paese, presentò un libro più o meno della stessa dimensione, intitolato
Le pietre miliari, come una sorta di dichiarazione parallela e concorrente dei principi dell'Islam jihadista.
Il sistema di Luglio [1952] durò quasi sessant'anni come regime autoritario, senza essere cambiato da questo punto di vista dall’apertura economica né da un multipartitismo puramente formale. In aggiunta al fallimento del sistema ideologico e al restringimento della base sociale, questo fatto creò la condizione necessaria per l’emergere del discorso fondamentalista e delle sue forze, a scapito del discorso sul rinnovamento, finché non divenne un luogo comune che il rinnovamento in sé era una forma di miscredenza, ciò che portò ad una serie di persecuzioni.
Questo non solo condusse alla crescita delle correnti takfiriste, ma anche a cambiamenti significativi nella struttura organizzativa dei Fratelli Musulmani. Essi non avevano previsto nella riorganizzazione degli anni settanta, né in quelle successive, l'utilizzo delle armi, ma adottarono i principi di Quṭb per realizzare un sistema paramilitare (ma senza armi) sul modello proposto da Quṭb, basato sull'educazione ideologica intensiva e con obbiettivi autoritari espliciti.
La conclusione del ragionamento è dunque che esiste un legame tra la crescita del pensiero rinnovatore o fondamentalista, all’interno della riforma religiosa, e la situazione politica del paese; ciò significa che il contrasto del fondamentalismo si lega necessariamente alla misura della vitalità, del rinnovamento e della libertà della sfera pubblica, culturalmente e politicamente, mentre la dittatura, anche quando è ostile agli islamisti (come per esempio lo fu Nasser), di fatto sostiene la corrente fondamentalista poiché, tra le altre cose, plasma la sfera pubblica in modo tale da favorire le idee autoritarie.
Articolo pubblicato su
Al-Ahram, traduzione di Monica Tawfilas e
Martino Diez