Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:42:04
L'incarico affidato a Najib Mikati per la formazione di un nuovo governo segna una svolta nella vita politica del Libano. Il premier incaricato, infatti, ha raccolto i voti dell'opposizione che comprende – tra altri partiti – anche l'Hezbollah, mentre i partiti riuniti nella “Coalizione del 14 marzo” avevano riproposto il nome di Saad Hariri. Il risultato delle consultazioni, determinanti per la scelta del premier, è stato di 68 a favore di Mikati contro 60 per il suo rivale.
Il conseguente capovolgimento maggioranza-opposizione non sarebbe stato possibile senza i 7 voti del gruppo parlamentare di Walid Jumblat. Il leader druso aveva infatti abbandonato, pochi giorni prima, la posizione centrista da lui assunta negli ultimi mesi per tornare a schierarsi “fermamente a fianco della Siria e della resistenza”. Jumblat ha motivato la sua nuova (ed ennesima) sterzata con il desiderio di scongiurare gli effetti negativi dell'atto d'accusa che il Tribunale internazionale sul Libano (Tsl), incaricato di far luce sull'assassinio di Rafiq Hariri e altre personalità, si appresta a pubblicare nelle prossime settimane e che riguarderà, secondo molte indiscrezioni, alcuni membri dell'Hezbollah. In altre parole, il leader druso, posto davanti all'alternativa pace civile o giustizia, ha optato per la prima.
Antefatti
Negli ultimi mesi i libanesi hanno seguito con ansia gli sviluppi di una segreta mediazione tra Siria e Arabia Saudita (S.S. la chiamano i libanesi) volta a ricomporre la crisi. Da mesi, infatti, le due anime del governo di “unità nazionale” guidato da Hariri si scontravano circa la questione dei “falsi testimoni” che avrebbero deviato le indagini del Tsl, portandole in direzione della Siria. Le due potenze regionali più influenti sulla scena libanese avrebbero raggiunto un accordo che prevedeva il ritiro del Libano dal Tsl. Pare che Hariri abbia dato il suo consenso a tale soluzione in cambio di alcuni vantaggi politici, prima di sconfessarla in occasione della sua visita negli Stati Uniti. Per tutta risposta, 11 ministri che fanno capo all'opposizione hanno presentato le loro dimissioni provocando la caduta del governo e l'avvio di nuove consultazioni parlamentari.
Manovre e passi falsi
Hezbollah è convinto che gli americani stanno cercando di screditarlo attraverso il Tsl e cerca di difendersi al meglio. Anche con “l'arma istituzionale” dei numeri. I sunniti libanesi, orfani di Hariri, rivendicano invece il diritto di scoprire e portare alla giustizia i colpevoli. Quelle che sembrano due posizioni inconciliabili hanno creato forti sospetti reciproci, alimentati da diversi passi falsi.
A creare un forte disagio tra i sunniti libanesi è stato il fatto che la candidatura di Mikati alla carica di premier, tradizionalmente riservata a un membro della loro comunità, sia stata avanzata proprio da Hassan Nasrallah, segretario di Hezbollah. Al Parlamento si contano 27 deputati sunniti, 20 dei quali si trovano proprio nel gruppo di Hariri. Candidare altri nomi suona così come un “affronto” alle preferenze della comunità. Per Hezbollah, invece, l'ipotesi Mikati voleva essere una soluzione di compromesso dopo il ritiro di Omar Karame dalla competizione. Mikati, infatti, aveva dato prova di moderazione alla guida del governo che indisse le elezioni legislative del 2005. In esse la vittoria era andata proprio a Hariri e al campo anti-siriano.
Libano sotto Hezbollah?
Hezbollah disponeva di 2 ministri su 30 nel vecchio governo e nella migliore delle ipotesi ne potrà avere tre nel prossimo. Pretendere che il Libano sarà “governato” da Hassan Nasrallah e che diventerà una seconda Gaza è fuori luogo. Certamente il Partito di Dio potrà contare sul sostegno dei suoi alleati, in primo luogo di Amal, il movimento sciita guidato dal presidente della Camera Nabih Berri, poi della Corrente nazionale libera (cristiani) di Michel Aoun. Mikati si sforzerà sicuramente di mantenere il suo profilo di moderato includendo nel suo governo diversi tecnocrati in grado di guidare il Paese nella difficile situazione che lo sta aspettando. Quale che sia la forma del nuovo governo, si tratta di vedere se (e soprattutto in che modo) esso accoglierà le richieste di Hezbollah volte a sconfessare il Tsl: ritrattare il Protocollo d'intesa con l'Onu, tagliare i fondi al Tribunale e ritirare i giudici libanesi che vi operano.
Ciò non significa, rassicurano i filo-Hezbollah, che il Tsl dovrà interrompere il suo lavoro, ma che il Libano si riserva di accettare o meno le sue conclusioni. Sull'altro versante, invece, la “Coalizione del 14 marzo” prepara manifestazioni e sit-in per impedire che possa vincere l'impunità. Azioni, queste, che possono culminare il 14 febbraio, sesto anniversario dell'assassinio di Hariri. Alcuni temono che, attorno a quella data, venga reso noto l'atto d'accusa del Tsl.
Basteranno i pochi giorni che ci separano da quella data per ricucire le divisioni, oppure il Libano si confermerà ancora come il terreno preferito di scontro tra le potenze regionali e internazionali?