Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:44:46
Un dialogo tra le religioni nel quale sia chiaro che lo scopo non può essere solo una strategica e generica ricerca di consenso, ma che miri all'obiettivo ben più significativo di "scoprire la verità". E un dialogo tra le Nazioni che vada oltre il riconoscimento di diritti universali, e tenga in mente che è il valore stesso della persona umana, "soggetto di questi diritti", ad essere universale.
Sono due tra i messaggi più importanti che Benedetto XVI, nel corso del suo viaggio negli Stati Uniti (15-20 aprile), ha voluto mettere agli atti in tappe tra le più significative della visita. Il tema del rapporto interreligioso è emerso nel corso di un incontro con rappresentanti di varie fedi al John Paul II Cultural Center di Washington, ma anche nella visita compiuta dal Papa in una sinagoga di Manhattan e in un momento di preghiera con esponenti del mondo protestante in una chiesa di New York. Per parlare di diritti umani e di come la comunità internazionale li può tutelare, invece, Benedetto XVI ha scelto la platea planetaria per eccellenza: l'Assemblea Generale dell'ONU.
Dovunque è andato a parlare dei temi più 'caldi' del dibattito globale, il Papa ha in pratica esortato leader religiosi e rappresentanti delle Nazioni a non cercare facili scorciatoie che non tengano conto dell'unità della persona umana, del cuore dell'uomo, del suo desiderio di cercare la verità All'ONU ha ricordato che lo Stato esiste per la persona, non l'opposto, e che lo stesso criterio vale per definire i compiti delle istituzioni internazionali e delle loro leggi e convenzioni. Agli esponenti delle altre fedi ha chiesto di non fermarsi a cercare solo una pace generica e di non aver paura "di discutere le nostre differenze, con calma e chiarezza". La chiave del dialogo, per Benedetto XVI, è "ascoltare la voce della verità". "In questo modo - ha detto il Papa nell'incontro al John Paul II - il nostro dialogo non si ferma ad individuare un insieme comune di valori, ma si spinge innanzi a indagare il loro fondamento ultimo. Non abbiamo alcun motivo di temere, perché la verità ci svela il rapporto essenziale tra il mondo e Dio". Alla fine, il dialogo diventa cosi' mirato a "una chiara esposizione delle nostre rispettive dottrine religiose", senza timori o compromessi, perché cio' che unisce è più grande di cio' che divide: la comune volontà di porre l'uomo di fronte al mistero dell'esistenza e alle domande che questo suscita.
La tutela della libertà religiosa è stata una preoccupazione costante alla quale il Papa ha richiamato gli americani - a partire dal presidente George W. Bush, con il quale su questo tema è emersa una chiara sintonia -, i rappresentanti delle Nazioni all'ONU e i leader religiosi incontrati tra Washington e New York. "Il compito di difendere la libertà religiosa - ha detto nel centro culturale dedicato al suo predecessore - non è mai completato. Nuove situazioni e nuove sfide invitano i cittadini e leader a riflettere su come le loro decisioni rispettino questo diritto umano fondamentale. Tutelare la libertà religiosa entro la norma della legge non garantisce che i popoli, in particolare le minoranze, siano risparmiate da ingiuste forme di discriminazione e di pregiudizio. Questo richiede uno sforzo costante da parte di tutti i membri della società al fine di garantire che ai cittadini sia offerta l'opportunità di esercitare il culto pacificamente e di trasmettere il loro patrimonio religioso ai loro figli".
L'America ha offerto al Papa un esempio da indicare in questo senso. Gli ideali su cui si basa la democrazia americana sono stati più volte lodati da Benedetto XVI durante il viaggio, sia pure mettendo in guardia sui rischi che gli Stati Uniti corrono sul piano dell'individualismo o di un materialismo che schiacci i più deboli. L'America, ha sottolineato il Papa, "ha una lunga storia di collaborazione tra le diverse religioni, in molti campi della vita pubblica" e gli americani godono da sempre della "possibilità di render culto liberamente e in conformità con la loro coscienza". Come più volte aveva fatto nei suoi libri quando ancora era il cardinale Joseph Ratzinger, anche stavolta il pontefice è ricorso a citazioni di Alexis de Tocqueville per analizzare l'esperimento americano, ricordando come lo storico francese fosse affascinato dal fatto che l'America sia un paese "in cui la religione e la libertà sono 'intimamente legate' nel contribuire a una democrazia stabile che favorisca le virtu' sociali e la partecipazione alla vita comunitaria di tutti i suoi cittadini".
In tema di libertà religiosa, particolarmente significativo - e delicato - è stato il richiamo che il Papa ha fatto alle Nazioni Unite. Osservatori e analisti erano pronti a interpretare le sue parole in senso politico, in una direzione o nell'altra. E in effetti non è mancato chi ha voluto leggere, nell'intervento del Papa, richiami alla Cina, o alla Russia, o ai paesi musulmani. "I diritti umani - ha detto - debbono includere il diritto di libertà religiosa, compreso come espressione di una dimensione che è al tempo stesso individuale e comunitaria, una visione che manifesta l'unità della persona, pur distinguendo chiaramente tra la dimensione di cittadino e quella di credente". È inconcepibile, per il Papa, che i credenti "debbano sopprimere una parte di se stessi - la loro fede - per essere cittadini attivi: non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti".
Ma Benedetto XVI non è andato all'ONU per promuovere o bocciare nessuno. Il suo intento è stato quello di ricordare al mondo, ispirandosi al 60mo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, la necessità di "porre la persona umana al cuore delle istituzioni, leggi e interventi della società, e di considerare la persona umana essenziale per il mondo della cultura, della religione e della scienza". Se si dimentica che la persona è "il punto più alto del disegno creatore di Dio per il mondo e per la storia", allora a vincere è una generica legalità che torna a far prevalere il potere dello stato o delle istituzioni internazionali sul bene degli individui al cui servizio dovrebbero agire.
La 'provocazione' senza dubbio più forte che Benedetto XVI ha lasciato ai diplomatici dell'ONU, che lo hanno ascoltato con grande attenzione riempiendo la sala dell'Assemblea Generale, è quella di riconoscere che i diritti umani che riempiono pagine di risoluzioni e ore di dibattiti nel Palazzo di Vetro, sono "basati sulla legge naturale iscritta nel cuore dell'uomo e presente nelle diverse culture e civiltà". E questo che i governi e la diplomazia planetaria dovrebbero sempre tenere a mente e cercare di approfondire. Perché rimuovere i diritti da questo contesto, come purtroppo molto spesso avviene all'interno degli Stati e sul palcoscenico internazionale, "significherebbe restringere il loro ambito e cedere ad una concezione relativistica, secondo la quale il significato e l'interpretazione dei diritti potrebbero variare e la loro universalità verrebbe negata in nome di contesti culturali, politici, sociali e persino religiosi differenti".