L’incapacità di spiegare la relazione e il suo fondamento è uno dei deficit della concezione moderna del diritto
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:35:44
Recensione di Francesco D'Agostino, Jus quia justum. Lezioni di filosofia del diritto e della religione, Giappichelli, Torino 2012
“Sii mio fratello o ti uccido!” D’Agostino riprende il brillante aforisma di Chamfort, per dipingere, nei suoi tratti essenziali, uno dei tanti deficit della concezione moderna del diritto: l’incapacità di spiegare la relazione e il suo fondamento, laddove tradizioni come quella cristiana hanno saputo offrire all’uomo una prospettiva di gratuità nei rapporti interpersonali, e di servizio nella politica.
È questo uno dei tanti a fondo nei quali l’Autore si impegna, affiancando nell’agile volumetto una serie di quadri, attraverso cui affronta svariate questioni: dal problema politico, a quello identitario dell’Europa, all’idea di libertà e laicità, al ruolo dell’obiezione di coscienza, alla giustificazione e al ruolo del diritto penale, solo per nominarne alcune.
Attraverso brevi passaggi, di estrema erudizione, D’Agostino intende restituire un posto alla filosofia del diritto e della religione. Non lo fa forzando in senso religioso o filosofico questioni che sembrano, storicamente, essere fuoriuscite da un alveo filosofico o teologico. Al contrario, egli sostiene che tali problemi possano realisticamente essere affrontati rispettandone lo statuto e secondo giustizia grazie al contributo della filosofia del diritto e della religione. Questo, pur in un’epoca che egli stesso riconosce pervasa da forti disaccordi e ricomposizioni di natura spirituale ed ideale, aderendo all’immagine del “meticciato” avanzata da Angelo Scola. Quale giustizia? Questo tema percorre il volume, traendo spunto dalla speculazione filosofica quanto da quella teologica, che s’intrecciano nello spiegare e nel dare profondità ai fenomeni su cui D’Agostino getta lo sguardo. Ebbene, il tentativo di risposta cui accenna l’Autore cattura due profili di grande interesse. In primo luogo, il fatto che «il diritto apre e fonda uno spazio di serietà, indicando agli uomini un oltre, nel quale la parola chiave non è più io, ma tu»: ancora una volta, la relazione. Ma D’Agostino si spinge ancora più in profondità, interrogandosi brevemente sulla natura di questo spazio:
il diritto rivela che nell’uomo è presente un’esigenza di eccedenza, non diversamente da quanto rivelano tutte le altre esperienze umane fondamentali (da quella estetica, a quella politica, a quella amicale, a quella economica). Tale eccedenza porta la progettualità umana al di là del fenomenico.
La novità epocale di un mondo nel quale le tradizioni religiose e di pensiero s’intrecciano e si mescolano, alla ricerca di formule di giustizia nuove, esigerebbe, anziché escludere, un ruolo attivo di speculazione filosofica e religiosa. Questo perché la progettualità, che le circostanze contemporanee rendono persino più urgente, esige un ancoraggio. Per D’Agostino, nel momento attuale la teologia ha in questo un ruolo importante: rendere «credibile l’impegno degli uomini che vogliano vivere secondo giustizia». In sostanza, certificare lo scopo della fatica di costruire la giustizia. D’Agostino, dunque, compie un esercizio con il quale sottrae l’intreccio tra diritto, filosofia e religione tanto al dimenticatoio, quanto a operazioni nostalgiche o semplicemente retrò, per mostrare piuttosto come la modernità interpelli la filosofia e la religione.
Il libro non esaurisce gli interrogativi che affronta, né, del resto, ne ha la presunzione. Propone tuttavia dei percorsi. Percorsi che potrebbero portare lontano, intersecandosi con alcune domande che ancora esigono di essere sciolte, innanzitutto per la loro incidenza pratica e culturale. Tra queste, sicuramente il legame tra il Cristianesimo – a cui il volume dedica cospicua attenzione – e il liberalismo moderno, un legame che andrebbe sottratto a quell’ambiguità che talvolta confonde queste due tradizioni, sino a fonderle; la relazione tra verità e libertà, con la quale fanno i conti le rivoluzioni arabe; o il fondamento della solidarietà, in un periodo di crisi.
Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis
Per citare questo articolo
Riferimento al formato cartaceo:
Andrea Pin, L’eccedenza del diritto, «Oasis», anno VIII, n. 16, dicembre 2012, pp. 110.
Riferimento al formato digitale:
Andrea Pin, L’eccedenza del diritto, «Oasis» [online], pubblicato il 1 dicembre 2012, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/l-eccedenza-del-diritto.