Il tema della dignità e dei diritti fondamentali della persona umana sta attraversando una stagione di rinnovato approfondimento
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:35:43
Recensione di Seyla Benhabib, Dignity in Adversity. Human Rights in Turbulent Times, Polity Press, Cambridge 2011
Il tema della dignità e dei diritti fondamentali della persona umana sta attraversando una stagione di rinnovato approfondimento, secondo chiavi di analisi che cercano di sottrarlo all’ambito della mera retorica politica per riportarlo al centro della riflessione filosofica e metterlo appropriatamente in rapporto coi mutamenti culturali e sociali più recenti.
Seyla Benhabib è indubbiamente fra le protagoniste di questo dibattito, a cui contribuisce ora con questa raccolta di saggi scritti fra il 2006 e il 2010, nei quali i temi cari all’autrice, come quello della molteplicità delle appartenenze, della cittadinanza globale o dell’etica del discorso, vengono variamente intrecciati con la questione dei diritti e con gli scenari di conflitto più recenti. La tematica prevalente del testo risiede nel tentativo di articolare una prospettiva universalistica in tema di diritti umani tramite una riforma della tradizione del cosmopolitismo kantiano, argomentando a favore di una giustificazione del diritto sulla base del riconoscimento di ciascun essere umano come persona morale, a prescindere dalle appartenenze nazionali, etniche o religiose.
Benhabib è consapevole delle critiche di diverso segno rivolte nel tempo alla linea cosmopolita all’interno della quale intende inserirsi. Ne riconosce pertanto diversi limiti e sviluppa la sua riflessione nel tentativo di superarli, affrontando al contempo le prospettive antagoniste. Nel confronto con le posizioni di matrice comunitarista, l’universalismo dei diritti viene declinato dall’autrice in termini negativi, non intendendolo dunque come configurazione positiva di un insieme di norme da applicare su scala globale, quanto piuttosto come richiamo critico all’impossibilità di totalizzare la pretesa normativa di una parte a discapito della considerazione delle altre. Parallelamente, la necessità di confrontarsi con le posizioni di carattere scettico e postmoderno spinge Benhabib sul terreno dell’epistemologia morale e giuridica. In quest’ambito, ella rifiuta il ricorso a strategie fondative di tipo minimalista, che ridurrebbero il respiro del discorso sui diritti senza comunque rispondere adeguatamente alla esigenze di giustificazione presenti sul campo.
Viene sviluppata in alternativa un’interessante versione dell’universalismo morale di matrice kantiana, considerato quale premessa necessaria a ogni tipo di universalismo giuridico internazionale. Sulla base di questa prospettiva di fondo, l’autrice assume anche una posizione critica rispetto al liberalismo rawlsiano, che tratta del diritto dei popoli a partire dall’assunzione delle comunità nazionali come entità di base del discorso politico. Benhabib valorizza al contrario il ruolo dell’individuo come portatore di diritti fondamentali a prescindere dalla propria cittadinanza nazionale, membro di una società civile globale in virtù della propria stessa umanità. I contesti e le appartenenze, per altro verso, non vengono considerati in opposizione con la strategia cosmopolita, quanto piuttosto assunti come elementi costitutivi di una dialettica democratica indispensabile alla concreta articolazione e specificazione dei diritti da parte delle entità politiche particolari, a partire dal riconoscimento della dignità della persona.
È proprio riguardo al rapporto fra dimensione morale e dimensione giuridica che la riflessione di Benhabib risulta qui particolarmente stimolante. Riprendendo il concetto di “iurisgenerativity”, l’argomentazione cerca infatti costantemente di rendere conto della reciprocità che lega i significati morali e la loro evoluzione nella società civile con le forme della normatività giuridica e della costruzione democratica. L’orizzonte dell’etica del discorso viene così messo pienamente in gioco in rapporto all’urgenza dei conflitti storici e alla specificità delle forme del diritto, sottraendolo al rischio di rimanere confinato entro il perimetro di un’astrattezza puramente regolativa.
Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis
Per citare questo articolo
Riferimento al formato cartaceo:
Paolo Monti, Per un nuovo universalismo dei diritti, «Oasis», anno VIII, n. 16, dicembre 2012, pp. 109..
Riferimento al formato digitale:
Paolo Monti, Per un nuovo universalismo dei diritti, «Oasis» [online], pubblicato il 1 dicembre 2012, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/per-un-nuovo-universalismo-dei-diritti.