Sotto un'apparente unità d'intenti, il mondo organizza la sua difesa dagli attacchi secondo queste opzioni fondamentali: protezione, prevenzione, "guerra totale" (è in particolare l'approccio americano). Ma a fronte di scarsi risultati e per puntare davvero all'estinzione del terrorismo occorre ragionare di un'altra possibilità. Essa impone cambiamenti di mentalità. Dunque prima di tutto una guerra di percezioni e di idee, secondo la prospettiva qui delineata da un grande esperto francese di strategia militare.
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:51:46
La lotta contro il terrorismo è diventata la preoccupazione principale degli stati occidentali e, più estesamente, di numerosi stati del mondo. Tuttavia, malgrado le apparenze di unità d'azione contro la minaccia terrorista, l'idea stessa di lotta contro il terrorismo comprende concetti molto diversi. Attualmente si possono identificare tre grandi opzioni di lotta contro il terrorismo. La prima consiste nell'organizzare la protezione contro il terrorismo. La seconda si spinge più lontano perché tende ad istituire una prevenzione collettiva contro gli atti terroristici e in particolare il terrorismo islamico. La terza opzione è quella americana: la guerra totale contro il terrorismo, esplicitata nel documento del febbraio 2003 intitolato National Strategy for Combating Terrorism. Ma la guerra totale al terrorismo non ha prodotto i risultati previsti. È possibile avanzare una quarta opzione, complessa e lunga. Essa impone dei cambiamenti di mentalità a tutti, cioè sia ai terroristi e ai loro simpatizzanti attivi o passivi che a coloro che lottano contro il terrorismo e ancora a coloro che sperano di rimanere estranei al conflitto.
Essa presuppone che ci si interroghi sulla situazione futura perseguita nella lotta contro il terrorismo. Come progettare la situazione che permetterà di affermare che la lotta contro il terrorismo islamico non ha più ragione d'essere perché questo non esisterà più o esisterà soltanto in maniera marginale? Questa situazione può essere definita da alcuni punti importanti: innanzitutto, l'estinzione della rete Al-Qaida, non attraverso l'eliminazione dei membri che continuano a rinnovarsi, ma facendo sì che essa perda di legittimità agli occhi dei suoi simpatizzanti e non sia più in grado di reclutare nuovi adepti; in seguito, un rinnovamento dell'Islam, con buona pace degli islamofobi, fondato su una riforma interna, cioè su una maturazione spirituale dei credenti stessi verso una maggiore realizzazione personale nella fede; ancora, la stabilizzazione della situazione politica ed economica nei paesi musulmani, molti dei quali fanno fatica a riformarsi dai mali che li abitano: povertà, disuguaglianza nella ripartizione delle ricchezze, autocrazia mascherata da democrazia, ecc.; infine, la regolarizzazione della situazione dei cittadini o dei lavoratori immigrati di fede musulmana nei paesi occidentali.
Questi quattro punti esigono uno spirito di riforma sia da parte dei dirigenti dei paesi islamici e delle popolazioni che si richiamano all'Islam che da parte dei dirigenti occidentali nel loro modo di affrontare i problemi di politica internazionale nei confronti del mondo musulmano e del comunitarismo in seno alla loro propria nazione. Naturalmente non possiamo sviluppare l'insieme degli ambiti e degli elementi di una strategia di estinzione del terrorismo. Alcuni sono già applicati a livello internazionale o europeo o ancora in alcuni paesi. Ci limiteremo quindi ad evidenziare un asse di azione ignorato e tuttavia estremamente importante. Esso dipende dalle percezioni di entrambe le parti, dagli atteggiamenti e dai comportamenti che ne derivano. In breve, come arrivare ad un cambiamento delle rappresentazioni sociali indotte dal terrorismo attuale e dalla situazione che ne deriva psicologicamente? Dato che questo aspetto non è mai stato indicato chiaramente, sembra importante analizzarlo più profondamente. Il terrorismo islamico si appoggia su parte dell'opinione pubblica araba e musulmana che ritiene che l'Occidente imponga il suo modo di vivere al resto del mondo e mantenga il mondo musulmano alle dipendenze delle sue decisioni, schiacciando la sua identità specifica. Questa constatazione, che contiene una parte di verità, è il punto di partenza del credito di cui gode Bin Laden presso le popolazioni di fede islamica. Egli restituisce loro una certa fierezza di fronte all'arroganza americana e occidentale in generale.
Da questo fatto deriva che, se la legittimità ricercata dalle reti terroristiche s'appoggia su alcuni elementi di dottrina islamica e sulla «giusta lotta contro l'imperialismo americano», la loro credibilità dipende dalle rappresentazioni sociali che esse hanno risvegliato, amplificato e sfruttato. Una rappresentazione sociale è «un sistema di interpretazione che regola la nostra relazione con il mondo e con gli altri [che] orientano e organizzano i comportamenti e le comunicazioni sociali». Si tratta di un sapere di senso comune, a volte ingenuo, che costituisce una maniera di interpretare e di pensare la nostra realtà quotidiana, che organizza l'esperienza e regola i comportamenti. «Questa forma di conoscenza comprende degli elementi informativi, cognitivi, ideologici, normativi, credo, valori, atteggiamenti, opinioni, immagini, ecc.». La rappresentazione sociale costituisce quindi una "visione del mondo". Il nucleo centrale di parte dell'opinione pubblica musulmana insiste sull'idea soggiacente di un dominio del mondo occidentale sugli altri popoli. «Da sempre l'Uomo esercita una volontà di dominio sul suo prossimo, l'esempio di Abele e Caino, padri dell'umanità, ne è la perfetta rappresentazione. [] Dai complotti più semplici alle potenti gerarchie, tutto è stato compiuto per un semplice fatto: prendere il potere e conservarlo sottomettendo i poveri e altre classi "inferiori". L'Europa in particolare produce e continua a produrre queste lotte.
Non dimentichiamo mai che quest'ultima fu costruita su un'idea di classificazione delle razze nella quale ebrei e musulmani erano considerati caste inferiori. In questo modo venivano imposte ai popoli una cultura ed una visione del mondo che permettevano ad una minoranza di controllare la maggioranza». Queste rappresentazioni sociali evolvono in funzione degli avvenimenti e del modo in cui sono vissuti. Il terrorismo islamico e le reazioni che genera all'interno dei diversi gruppi culturali sono all'origine di numerosi fenomeni conflittuali come il razzismo, l'antisemitismo, l'islamofobia, l'esclusione in generale. A partire dal 2001, assistiamo ad un crescendo ideologico sia da parte degli islamisti che da parte dei loro oppositori, estremisti ebrei o islamofobi. Esso rinforza pregiudizi e stereotipi che comportano rappresentazioni sociali sempre più semplicistiche tanto da parte delle popolazioni musulmane che da parte degli islamofobi. Non dimentichiamo tuttavia che un buon numero dei dirigenti dei paesi musulmani porta avanti la guerra al terrorismo ed essi sono seguiti in questo da una parte della loro opinione pubblica. È il caso ad esempio dell'Egitto che lotta contro l'influenza dei Fratelli Musulmani. La guerra contro il terrorismo è quindi prima di tutto una guerra di percezioni ed idee. Le tappe che conducono alla sua estinzione sono di ordine psicologico: modificare le rappresentazioni sociali delle parti in causa. In questo difficile cammino verso la situazione di estinzione del terrorismo, è possibile individuare tre soglie o situazioni intermedie da raggiungere: una soglia di dissonanza che comporta cambiamenti di comportamento, di atteggiamento; una soglia di risonanza con gli obiettivi della comunità internazionale da parte di una porzione dell'opinione pubblica in precedenza favorevole al terrorismo; una soglia di consonanza, cioè di adesione alla lotta contro il terrorismo e di rifiuto dell'ideologia dell'azione violenta.
La prima tappa consisterà quindi nell'instaurare delle situazioni di dissonanza. Una situazione di dissonanza rappresenta il momento in cui viene messo in dubbio il sistema di rappresentazione del conflitto che ogni parte impone ai suoi sostenitori attivi o passivi, introducendo uno stato di malessere e di inquietudine, cioè una dissonanza da risolvere. Il concetto di dissonanza cognitiva è stato sviluppato da un ricercatore americano, Léon Festinger, negli anni '50. Il postulato di base è che ogni essere umano in generale aspira ad eliminare i pensieri o i comportamenti presenti in lui e contraddittori. L'apparire di situazioni di dissonanza crea momenti privilegiati nei quali le maschere della propaganda cadono e s'introduce una nuova percezione dei fatti. Nella maggioranza dei casi esse sono scatenate da un avvenimento insolito che fa dire all'opinione pubblica direttamente e poi ai suoi capi indirettamente: «Quel che è troppo è troppo, dubitiamo della credibilità di quello che vogliono farci credere e dell'efficacia della politica che viene messa in atto». Facciamo un esempio. Al-Qaida ha adottato una strategia che può pregiudicare fortemente il suo futuro: prendersela con i paesi musulmani il cui potere pratica una politica di laicità o che semplicemente rifiuta di basare i fondamenti della sua legittimità sulla shari´a. La scelta di Al-Qaida o di uno dei gruppi estremisti più o meno affiliati di commettere un grave attentato come quello perpetrato ad Amman il 9 novembre, colpendo la popolazione senza distinzione nei bersagli fra cittadini occidentali o musulmani, può portare ad una dissonanza cognitiva nelle popolazioni che fino ad ora sono state più o meno favorevoli agli obiettivi perseguiti da Al-Qaida, anche se questi non sono molto chiari. Ma se è possibile accontentarsi delle misure di sicurezza e non si desidera optare per una guerra totale, come creare situazioni di dissonanza cognitiva che conducano una parte dell'opinione pubblica a interrogarsi sulla sua visione del problema, sia essa favorevole o contraria ad Al-Qaida? Innanzitutto è possibile agire sui comportamenti.
È per questo che Tony Blair, in seguito agli attacchi che hanno gettato Londra nel lutto nel luglio 2005, ha deciso di vietare gli appelli alla guerra santa e all'odio. Questa decisione, contraria alla politica di tolleranza osservata fino a quel momento nei confronti degli islamisti e seguita molto probabilmente dalla sorveglianza sulle attività dei predicatori, tende ad introdurre una situazione di dissonanza fra coloro che fino a quel momento avevano l'abitudine di considerare normali gli incitamenti al jihad. Un'altra situazione di dissonanza avrebbe potuto essere creata dalla costituzione del Consiglio francese del Culto Musulmano. Dopo tre anni di dialogo, esso è stato formato da Nicolas Sarkozy. Anche se numerose difficoltà restano da appianare, questo nuovo organismo è un riconoscimento della realtà musulmana in Francia e della necessità di dare la parola ad una maggioranza fino a quel momento silenziosa. Sfortunatamente i dissensi sollevati dall'UOIF e dai candidati alla presidenza non permettono di instaurare un consenso che avrebbe potuto avere una notevole influenza sull'opinione pubblica dei musulmani di Francia. Infine, quando Ariel Sharon ha scelto il ritiro israeliano dalla striscia di Gaza, si prefiggeva di creare una dissonanza cognitiva sia presso i notabili palestinesi che presso la loro opinione pubblica. La seconda tappa mirerà a raggiungere soglie di risonanza. Una soglia di risonanza viene realizzata quando all'interno di una delle parti che alimenta direttamente il conflitto o è favorevole al suo proseguimento o almeno agli scopi perseguiti da coloro che lo alimentano, una parte dell'opinione pubblica e dei leader entra in risonanza con la politica di risoluzione, cioè considera necessario mettere fine al conflitto, anche se non sono stati raggiunti gli obiettivi di coloro che lo alimentano.
Per chiarire e dare un esempio preciso nel caso del terrorismo islamico, questo significa ad esempio che una parte della popolazione irachena cominci a manifestare contro gli atti di terrorismo che insanguinano ogni giorno il paese, o ancora che alcuni paesi che fino a quel momento rifiutavano di cooperare alla lotta contro il terrorismo islamico prendano delle misure in questo senso, o, per finire, che i cittadini musulmani dei paesi occidentali che frequentano le moschee integraliste le disertino, rifiutino i discorsi contro l'Occidente e non approvvigionino più le casse delle reti terroristiche. Ci potrebbe essere anche una maggioranza di americani che ritenga che la politica del suo presidente porta ad una impasse e manifesti apertamente contro di essa sull'esempio di quanto avvenuto alla fine dell'intervento americano in Vietnam. La terza tappa infine sarà il conseguimento di una soglia di consonanza. La soglia di consonanza viene raggiunta quando molte parti in causa coinvolte nel conflitto entrano in consonanza con la politica di risoluzione proposta, vi aderiscono e si adoperano perché essa abbia buon esito. Questo momento non significa la fine della violenza e delle azioni terroristiche, ma queste sono ormai condannate da una maggioranza nell'insieme delle parti. La soglia di consonanza è il prodotto di una correlazione di cambiamenti di atteggiamenti e di comportamenti: il rifiuto della violenza diventa un atteggiamento attrattivo, anche per i responsabili e i leader d'opinione che in precedenza sostenevano le azioni terroriste; una parte delle popolazioni che sostengono una delle parti coinvolte entra in dissonanza con gli atteggiamenti imposti e fornisce informazioni che permettono di neutralizzare reti di protagonisti della violenza; una parte dei leader di opinione in precedenza più o meno favorevoli agli obiettivi perseguiti dall'azione violenta esprime la propria disapprovazione per le attività di prosecuzione del terrorismo; i protagonisti della violenza non trovano più sostegni attivi e passivi da parte della popolazione favorevole ai loro argomenti; le azioni di violenza non provocano altro che reazioni di opposizione e sono controproducenti per gli obiettivi perseguiti dai protagonisti della violenza. In conclusione, la guerra al terrorismo centrata sull'intervento poliziesco e militare non è sufficiente e non produce le soluzioni attese. Essa non permette di costruire le condizioni per la fine del terrorismo. È indispensabile creare in parallelo le condizioni del ritorno alla sicurezza. Esse passano attraverso un cambiamento delle rappresentazioni sociali dell'insieme delle parti in causa. Il problema è complesso, le soluzioni locali, ma il concetto non può che essere globale.