La natura specifica del Diritto canonico, che considera la persona nelle sue relazioni con gli altri e con Dio, ne fa un sistema che punta a garantire che il fedele possa vivere compiutamente la sua vocazione cristiana. Lo scopo di tale diritto è infatti salvaguardare la comunione nella Chiesa e tutelare i diritti dei singoli in essa.
Ultimo aggiornamento: 24/07/2024 17:00:24
Gli storici del diritto hanno da lungo tempo riconosciuto la rilevante influenza che il diritto canonico della Chiesa cattolica ha esercitato su vari sistemi di diritto secolare. Ciò è comprensibile per i sistemi giuridici la cui origine remota rimonta a quello che in termini generali può essere definito diritto romano e, in particolare, anche se non in modo esclusivo, per i sistemi giuridici del continente europeo. Un’altra ragione è che la Common Law continua a esercitarsi come la base di un numero significativo di sistemi giuridici in molti Paesi extra-europei[1]. L’influenza del diritto canonico non è sempre stata la stessa, benché sia particolarmente evidente in alcune aree. Per esempio, è stato dimostrato che i concetti giuridici fondamentali del diritto alla difesa in un processo e della presunzione di innocenza a esso collegata hanno origine e trovano la loro prima espressione nel diritto canonico medievale e nei suoi commentatori[2]. Il diritto alla difesa e la presunzione d’innocenza sono peraltro considerati diritti umani fondamentali, perché ineriscono all’individuo in quanto persona. In altre parole, il valore intrinseco di questi diritti non dipende dalla loro presenza in un sistema giuridico. Piuttosto, il sistema giuridico, attraverso le sue norme specifiche, definisce e protegge il diritto naturale fondamentale e il modo in cui esso può essere affermato e protetto all’interno della società. In tal senso, il sistema giuridico è al servizio di un bene superiore, cioè i diritti naturali dell’uomo. È interessante notare come sia stato il diritto canonico a esplicitare, comprendere e attuare per la prima volta le implicazioni giuridiche pratiche di tali diritti fondamentali[3]. Il sistema del diritto canonico rimane uno dei più longevi sistemi giuridici tuttora in vigore e l’attuale Codice di Diritto Canonico, promulgato nel 1983 da Papa Giovanni Paolo II, costituisce il diritto universale della Chiesa cattolica. I suoi sette libri e 1.752 canoni coprono un’ampia gamma di questioni che riguardano la vita dei cattolici e le strutture della Chiesa; gli atti giuridici, l’esercizio della potestà di governo, gli uffici ecclesiastici, i diritti e i doveri del fedele laico e dei chierici, la costituzione gerarchica della Chiesa, il romano Pontefice, i Vescovi diocesani, i sacerdoti secolari, gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, i sacramenti, il ministero educativo della Chiesa, i beni ecclesiastici temporali, le sanzioni e il diritto procedurale. Per molti versi esso è erede di una tradizione canonica che risale ai primordi della Chiesa, benché abbia naturalmente subito notevoli cambiamenti e sviluppi nel corso dei secoli. Tale evoluzione è l’esito sia dei cambiamenti storici e degli sviluppi che hanno spinto i legislatori della Chiesa a rielaborare e rimodellare il diritto per andare incontro alle nuove circostanze e assimilare nuove idee, sia di una tanto continua quanto necessaria riflessione sulla natura dello stesso diritto canonico, del suo particolare ruolo nell’autocomprensione della Chiesa, su come debba agire e rispondere al proprio compito fondamentale e distintivo di essere fedele al messaggio di Cristo e di predicare il Vangelo. Ciò è apparso in modo particolarmente evidente al Concilio Vaticano II, che ha rappresentato il contesto entro il quale ha preso forma l’ultimo Codice di Diritto Canonico. Al di là della sua influenza storica sui sistemi giuridici contemporanei, il diritto canonico è stato riconosciuto anche dai poteri secolari come sistema giuridico vincolante, benché la relazione tra i due ordini non sia stata sempre agevole o priva di contrasti e conflitti. La relazione tra i sistemi giuridici secolari, basati su un particolare “Stato”, e il sistema canonico, caratterizzato dalla sua natura “cattolica” sopra-nazionale, si è spesso trovata coinvolta nella più ampia questione, a essa intimamente connessa, dei rapporti tra Stato e Chiesa, e uno sguardo, anche sommario, alla storia sia della Chiesa che dello Stato mostra quanto feconda sia stata questa relazione, anche se spesso fonte di tensione. Le ragioni sono molteplici, ma una spicca in modo particolare: entrambi i sistemi giuridici riguardano i rapporti tra persone e la protezione di quelli che vengono compresi come diritti umani o naturali fondamentali. Occasionalmente questi possono essere considerati diversamente, così come possono divergere le relative interpretazioni della natura dei rispettivi sistemi giuridici. Il Proprium del Diritto Canonico È perciò importante capire la particolare natura del diritto canonico, specialmente alla luce del codice in vigore, che definisce la legge universale della Chiesa cattolica. È chiaro che per molti aspetti la legge universale della Chiesa è analoga ad altri sistemi giuridici, con i quali condivide lessico, concetti e istituti giuridici simili. Le norme canoniche che regolano le procedure dei processi giudiziari o amministrativi non dovrebbero suonare estranee a quanti si sono formati nei sistemi europei di civil law. Inoltre, un certo numero di canoni del Codice di Diritto Canonico riconosce esplicitamente la validità giuridica del corrispondente diritto secolare vigente, come avviene in ambiti che riguardano i beni temporali (alienazione, contratti, acquisizione, ecc.) o quando si presentino casi di adozione o nomina di un tutore legale. Tutto ciò non dovrebbe destare particolare meraviglia, viste non solo le origini comuni di molti sistemi giuridici, ma anche la finalità comune di proteggere i diritti degli individui quando essi interagiscano con altri nella società. D’altra parte, la natura unica e particolare del diritto canonico stabilisce una differenza fondamentale rispetto ad altri sistemi di diritto secolare. È importante notare che il diritto canonico non è mai stato percepito come la mera versione ecclesiastica di un sistema giuridico esclusivamente umano, nel senso di un sistema che risponda principalmente a quelle che potrebbero essere definite relazioni orizzontali all’interno della società. Naturalmente, questa rimane una caratteristica del sistema del diritto canonico così come di altri sistemi giuridici. Tuttavia, sin dai suoi primordi, il diritto canonico è sempre stato incentrato su una più profonda comprensione dell’uomo, concepito non solo nella sua relazione con gli altri uomini, ma in particolare, e soprattutto, nella sua relazione con Dio nei termini della sua apertura alla salvezza. Non è forse senza significato che l’ultimo canone (can. 1.752) del Codice di Diritto Canonico parli della «salvezza delle anime, che deve sempre essere nella Chiesa legge suprema» (salute animarum, quae in Ecclesia suprema semper lex esse debet). La Costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges, con la quale è stato promulgato l’attuale Codice, offre una visione fondamentale della natura specifica del diritto canonico. Essa evidenzia il «lontano patrimonio di diritto contenuto nei libri del Vecchio e Nuovo Testamento dal quale, come dalla sua prima sorgente, proviene tutta la tradizione giuridico-legislativa della Chiesa». Il Codice, che eredita tale patrimonio, non intende sostituirsi alla fede, alla grazia, ai carismi e soprattutto alla carità nella vita della Chiesa e dei fedeli che ne fanno parte attraverso il Battesimo. La Costituzione continua affermando che «al contrario, il suo fine è piuttosto di creare tale ordine nella società ecclesiale che, assegnando il primato all’amore, alla grazia e al carisma, rende più agevole contemporaneamente il loro organico sviluppo nella vita sia della società ecclesiale, sia anche delle singole persone che ad essa appartengono». In quanto principale documento legislativo della Chiesa, il Codice si fonda sul patrimonio costituito dalla Rivelazione e dalla Tradizione e, in tal senso, esso riflette il patrimonio giuridico che si trova in esse. Esso contiene perciò gli elementi fondamentali della struttura gerarchica e organica della Chiesa qual è stata voluta da Cristo, così come quegli elementi fondamentali basati sulla Tradizione apostolica e sulle norme e regole di condotta che si sono sviluppate nel corso dei secoli, ma il cui punto di riferimento essenziale è la natura della Chiesa così come essa si trova nella Scrittura e nella Tradizione. Entrambi gli elementi devono «assicurare il debito ordine sia nella vita individuale e sociale, sia nell’attività stessa della Chiesa». Tra Diritto Divino e Diritto Ecclesiastico In altri termini, il sistema del diritto canonico è incentrato sulla relazione tra diritto divino, sia in quanto diritto naturale che rivelato, e diritto ecclesiastico positivo quale emerge dall’intenzione specifica e dalla promulgazione attiva di un legislatore legittimo, per esempio il Papa, un Concilio ecumenico o un Vescovo diocesano. Entrambi gli aspetti, il diritto divino e il diritto ecclesiastico puramente positivo, costituiscono gli elementi materiali del diritto canonico. Essi sono intimamente connessi e fanno parte entrambi del diritto canonico benché vi sia una differenza essenziale tra i due. La struttura fondamentale della Chiesa e gran parte della sua vita sono definite dal diritto divino rivelato. Benché esposte nel Codice di Diritto Canonico, le istituzioni fondamentali ed essenziali della Chiesa - i sacramenti, il primato romano, il sacerdozio ministeriale, il collegio dei Vescovi, ecc. - non sono definiti dalla scelta specifica dei singoli, ma trovano piuttosto origine nella volontà del Fondatore, Cristo, espressa nelle Scritture e nella Tradizione vivente della Chiesa. In altre parole tali strutture fondamentali e le istituzioni canoniche che le esprimono non sono il frutto di accordi costituzionali o di particolari compromessi storici, come comprensibilmente accade nella società civile. Piuttosto, essi dipendono da una realtà dogmatica che rimane sempre vincolante. Detto altrimenti, il diritto canonico, che esprime tali realtà divinamente rivelate, ha una natura obbligatoria intrinseca che precede anche la loro traduzione giuridica positiva. Alcuni esempi aiuteranno a illustrare questo aspetto essenziale del diritto canonico. La fonte principale dei diritti e dei doveri di ogni fedele nella Chiesa, sia esso chierico o laico, è il Battesimo, attraverso il quale una persona è incorporata alla vita di Cristo e della Chiesa (can. 204). In questo atto sacramentale, basato sul Nuovo Testamento, il singolo viene costituito persona nella Chiesa e perciò nel sistema canonico che stabilisce diritti e doveri specifici del cristiano (can. 96)[4]. In realtà anche gli altri Sacramenti, che a loro volta traggono origine dalle parole e dalle azioni di Cristo, sono ulteriori fonti di diritti e doveri. L’ordine sacro ne è un esempio. Troviamo un numero consistente di canoni dedicati ai diritti e ai doveri dei chierici in generale (cann. 273-289), e altri diritti e doveri specifici legati agli uffici ecclesiastici che essi potrebbero ricoprire, per esempio quello di parroco. Il matrimonio è un esempio ulteriore. Il diritto canonico relativo al matrimonio include quei canoni che esprimono e riflettono la natura intrinseca e divinamente rivelata del matrimonio: stabilità, indissolubilità, fedeltà e apertura alla vita (cann. 1055-1056)[5]. Vi sono inoltre canoni di diritto ecclesiastico positivo che definiscono vari aspetti legati al matrimonio e che, in ultima analisi, mirano a sostenerne e preservarne gli elementi essenziali: la preparazione al matrimonio, la sua forma canonica, questioni legate al matrimonio con membri di Chiese cristiane e comunità cristiane non cattoliche o di religioni non cristiane. La funzione propria del diritto canonico è perciò garantire che il fedele viva la sua vocazione cristiana, che è simultaneamente personale e comunitaria. In questo senso, il fine del diritto canonico è duplice: salvaguardare la comunione ecclesiastica e proteggere i diritti dei singoli entro tale comunione. I due obiettivi dipendono l’uno dall’altro nella misura in cui solo la promozione e la salvaguardia del bene comune della comunione ecclesiale permette al singolo fedele di realizzare pienamente la sua vocazione. Il diritto canonico è perciò al servizio della Parola di Dio, dei Sacramenti, della liturgia e della santità della vita cristiana. Esso non può essere compreso semplicemente come un sistema di ragionamento giuridico umano, benché sia chiaramente anche questo. Piuttosto si tratta di un sistema di ragionamento umano illuminato e definito dalla fede e, in ultima analisi, informato dalla carità. Ciò spiega perché, in definitiva, tutte le norme che si trovano nel diritto canonico, siano esse di origine rivelata o riflesso dello sforzo umano e storico per stabilire delle norme che traducano e proteggano la Rivelazione, devono tenere conto della relazione fondamentale dell’uomo con Dio e della sua apertura alla salvezza. Coloro le cui responsabilità sono definite nel diritto canonico – il legislatore, il giudice ecclesiastico, il parroco o il Vescovo diocesano, l’insegnante di scuola o di università, l’amministratore dei beni ecclesiastici – devono tenere conto di ciò quando applicano e interpretano la legge. Questo spiega un’ulteriore qualità, specifica e sui generis, del diritto canonico. Sopra di Tutto la Carità Ci sono diversi istituti canonici che riflettono quella che potrebbe essere adeguatamente descritta come la caratteristica intrinsecamente “sovrannaturale” e “teologica” del sistema canonico, non reperibili in altri sistemi giuridici secolari. Date le circostanze pratiche nelle quali il battezzato inevitabilmente si trova a vivere, il sistema canonico include un certo numero di norme giuridiche che tengono conto di tali situazioni e fungono da correttivo a quello che altrimenti sarebbe il pieno rigore della legge. Tale caratteristica trova fondamento nel bene sovrannaturale dell’individuo, o nella sua relazione con Dio alla luce della salvezza. Il fondamento teologico di queste norme è la carità, unita alla natura essenzialmente pastorale del diritto canonico. Per questo, le norme della Chiesa devono essere applicate con un’equità canonica che ricorda la grazia della giustizia divina e non il mero rigore della giustizia umana. È il caso dell’istituzione canonica, unica nel suo genere, della dispensa, cioè dell’attenuazione di una legge meramente ecclesiastica alla luce del bene sovrannaturale del fedele, per esempio la dispensa dal digiuno o dall’astinenza. Chiaramente, come è stabilito dalla norma, solo le leggi puramente ecclesiastiche possono essere dispensate e non quelle che si trovano nella rivelazione o nella legge divina. Il fatto è che l’esercizio di governo nella Chiesa avviene alla luce del bene comune e viene sempre attuato come forma di servizio. Da qui deriva l’ampia discrezione che il diritto canonico accorda al giudice in un processo canonico o il fatto che molte sanzioni ecclesiastiche siano di natura “medicinale”, mirando cioè al bene dell’individuo che viene incoraggiato a correggere la propria condotta. Il diritto canonico ha ancora molto da offrire ai sistemi giuridici contemporanei perché è ultimamente basato sulla comprensione dell’individuo nella sua relazione fondamentale con Dio e con i fratelli uomini. Esso rimane uno strumento efficace per il bene della Chiesa nel suo compito di svolgere nel mondo la propria missione salvifica, e un mezzo altrettanto efficace per garantire che il fedele viva compiutamente la sua vocazione cristiana.
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[1] Sulla questione complessiva dell’influenza del diritto canonico si veda Orazio Condorelli, Franck Roumy, Mathias Schmoeckel (a cura di), Der Einfluss der Kanonistic auf die europäische Rechtskultur, Bd. 2: Offentliches Recht, Bohlau, Köln 2011, che raccoglie i contributi di un recente convegno. Per l’Inghilterra si veda Richard H. Helmholz, The ius commune in England. Four studies, Oxford University Press, NYC 2001.
[2] Si veda Kenneth Pennington, Innocent Until Proven Guilty. The Origins of a Legal Maxim, in Domenico Cortese et alii (a cura di), A Ennio Cortese, vol. 3, Il Cigno, Roma 2001, 59-73 e Id., The History of Rights in Western Thought, «Emory Law Journal» 47 (1998), 237-252.
[3] Per il contributo dei canonisti medievali alla comprensione dei diritti naturali si veda Brian Tierney, The idea of Natural Rights. Studies on Natural Rights, Natural Law and Church Law 1150-1625, Scholars Press, Atlanta 1997; Trad. It.: L’idea dei diritti naturali. Diritti naturali, legge naturale e diritto canonico 1150-1625, Il Mulino, Bologna 2002.
[4] «Mediante il battesimo l'uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo e in essa è costituito persona, con i doveri e i diritti che ai cristiani, tenuta presente la loro condizione, sono propri, in quanto sono nella comunione ecclesiastica e purché non si frapponga una sanzione legittimamente inflitta».
[5] Can. 1055, §1: «Il patto matrimoniale con cui l'uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento». Can. 1056: «Le proprietà essenziali del matrimonio sono l'unità e l'indissolubilità, che nel matrimonio cristiano conseguono una peculiare stabilità in ragione del sacramento».