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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:52:46

I termini "maggioranza" e "minoranza" designano due gruppi distinti e complementari, che costituiscono la parte di un tutto. Tra maggioranza e minoranza vi è un nesso reciproco: non esiste una maggioranza, senza che vi sia una minoranza rispetto alla quale la prima prevalga numericamente; simmetricamente non esiste una minoranza, senza una maggioranza rispetto alla quale la prima sia numericamente inferiore. Maggioranza e minoranza si implicano reciprocamente: se vengono meno la identità di ciascuna, la distinzione che le differenzia ed il rapporto che le unisce, viene meno anche l'essere maggioranza e minoranza quali parti di un tutto, ed anche quest'ultimo perde la caratteristica di un insieme che raccoglie in una superiore unità le molte parti che lo compongono. Questo vale, nella dimensione sociale, per le comunità complesse, nelle quali lo Stato assicura la convivenza e favorisce la integrazione di gruppi sociali diversi, che unifica nella casa comune rispettando e garantendo l'identità di ciascuno. Dunque, tutti i gruppi sociali che coesistono nel medesimo Stato, indipendentemente dalla loro consistenza numerica, dovrebbero avere il comune interesse ad una reciproca garanzia di libertà, che assicuri sia la loro identità sia la pacifica convivenza. L'attribuzione a ciascuna delle parti, o dei gruppi sociali, della qualifica di maggioranza o di minoranza dipende solitamente dalla dimensione quantitativa che hanno e quindi dalla loro diversa consistenza numerica, che non si traduce necessariamente in un rapporto di supremazia e di inferiorità tra i gruppi che coesistono. Il rapporto tra maggioranza e minoranza non è più solo quantitativo, ma diviene anche qualitativo, se ad esso corrisponde il predominio di un gruppo, solitamente quello numericamente maggioritario. Ma talvolta questo rapporto di dominio e di subordinazione è capovolto: può accadere che la minoranza numerica sia dominante, a scapito di una maggioranza posta in condizioni di inferiorità. In entrambi i casi si può verificare una situazione di privilegio per un gruppo e di ingiustificata restrizione per un altro. Le differenti situazioni dei gruppi sociali possono richiedere norme diverse da applicare a ciascuno di essi, in modo da rispettarne l'identità e le esigenze. Ma spesso la diversità delle norme, non giustificata razionalmente e non proporzionata rispetto alle diverse situazioni di ciascun gruppo, introduce disparità di trattamento lesive della eguaglianza. La diversità di discipline si traduce facilmente in discriminazione. Decisione Comune La distinzione tra maggioranza e minoranza, in un primo significato, può essere considerata all'interno di un procedimento di decisione collegiale, come strumento idoneo a formare la volontà di un organo che ha una composizione plurale ma si deve esprimere nella sua unità. Una assemblea o un collegio deliberano con la partecipazione dei componenti, che concorrono con le proprie valutazioni, e mediante il voto, a formare la decisione comune. La pluralità si esprime nelle distinte posizioni e nei voti di ciascun componente; l'unità si recupera nella decisione comune, che diviene tale per l'approvazione della maggioranza, ma è riconosciuta ed accettata anche dalla minoranza che vi si era opposta. Se la maggioranza e la minoranza sono occasionali, esse si formano e si dissolvono per ogni singola questione, si manifestano e si estinguono al momento del voto. Spesso tuttavia, particolarmente in assemblee elettive, maggioranza e a minoranze rappresentano orientamenti politici stabili, si costituiscono in gruppi ciascuno dei quali opera in modo tendenzialmente unitario e concorre in maniera organizzata all'attività dell'assemblea. Può anche accadere che alcuno di questi gruppi sia rappresentativo di minoranze sociali permanenti, le quali hanno una propria specifica identità che le caratterizza e le distingue nell'ambito della comunità generale. Si tratta, solitamente, di minoranze etnico-linguistiche, nazionali o religiose. La regola di maggioranza, che caratterizza le democrazie, non è tuttavia la regola della sopraffazione. Maggioranza e minoranza si considerano entrambe legittime, partecipano alla decisione comune e si impegnano reciprocamente a riconoscerla come vincolante per tutti, se approvata dai più. La particolare importanza dell'oggetto sottoposto alla decisione comune, può richiedere che l'approvazione sia espressa da una maggioranza che raccolga un consenso più vasto del semplice prevalere di una unità nei votanti. Le regole che vogliono una maggioranza qualificata, superiore alla maggioranza semplice, ed i sistemi di votazione che assicurano la presenza delle minoranze in organismi elettivi, altrimenti esclusivamente composti per scelta della maggioranza, tendono a limitare il predominio di quest'ultima e a garantire la partecipazione e l'incidenza della minoranza nelle scelte comuni. Il dualismo maggioranza-minoranze si ricompone, anche attraverso questi strumenti di rappresentanza e di voto, in una superiore unità; si rende così manifesto che esse, pur distinte e talvolta contrapposte, sono sempre, ed intendono rimanere, unite come parte di un tutto. Comunità Diversificate Maggioranza e minoranze possono costituire un elemento che si differenzia in modo strutturale e permanente nell'ambito di uno Stato, quando convivono in esso comunità stabili, caratterizzate da una forte e diversificata identità, spesso su base etnico-linguistica o religiosa. In questi casi si possono verificare situazioni molto diverse. Solitamente si distinguono e si classificano: a) le "minoranze volontarie", che non intendono essere assimilate, difendono la propria identità e talvolta si contrappongono al gruppo maggioritario per conservare e valorizzare le proprie caratteristiche, sino a propugnare in casi estremi la secessione; b) le "minoranze loro malgrado", quando è la maggioranza a impedire l'integrazione, che la minoranza rivendica, e a discriminare gli appartenenti al gruppo minoritario, sino ai casi estremi della segregazione. La presenza di minoranze, in particolare etnico-linguistiche, insediate in territori di confine, può generare conflitti tra Stati, quando un gruppo di minoranza che appartiene allo Stato nel cui territorio risiede è legato alla comunità di un altro Stato, che considera propria patria per appartenenza etnica, per cultura e lingua ed intende ricongiungersi a questo, o anche solo intende affermare un legame nazionale che supera il rapporto di cittadinanza, innescando conflitti di lealtà. Nella condizione delle minoranze, nella loro protezione, si intrecciano problemi di diritto interno agli Stati e di diritto internazionale. I due tipi di norme, interne ed internazionali, concorrono nel garantire il diritto di un gruppo sociale di minoranza a preservare, mantenere e trasmettere ciò che lo identifica e caratterizza come comunità distinta dalle altre, e di godere della libertà comune, senza subire discriminazioni. Il diritto di una minoranza, considerata nell'unitaria dimensione collettiva, si combina e si integra con il diritto alla libertà ed all'eguaglianza di ciascuno dei suoi componenti. Dal punto di vista collettivo le garanzie da assicurare potranno riguardare l'uso ufficiale della propria lingua, la riserva di posti in rappresentanza della minoranza negli organi elettivi e nei pubblici apparati, un ambito di autonomia territoriale o personale da riconoscere alla comunità di minoranza. Talvolta la tutela delle minoranze può essere effettiva solo mediante l'adozione di misure positive, di protezione o di promozione, che attribuiscono un particolare sostegno, necessarie per garantire la permanenza del gruppo sociale minoritario con la sua specifica identità: queste comunità hanno il diritto di preservare ed esprimere la propria cultura, la propria fede religiosa, tutto ciò che le identifica e caratterizza. La tutela delle minoranze è solitamente assicurata, negli stati democratici, sulla base di norme costituzionali, che garantiscono sia i diritti individuali e collettivi sia l'eguaglianza senza distinzioni etniche, di religione, di lingua, di condizione sociale. A volte le costituzioni considerano i gruppi sociali di minoranza nella loro unità, riconoscendo ad essi una più o meno ampia autonomia. La protezione delle minoranze è assicurata anche da norme di diritto internazionale. Alcuni trattati riguardano la protezione di specifiche minoranze linguistiche o etniche, insediate in zone di confine, per le quali vi è coinvolgimento degli Stati confinanti. Ma esistono anche convenzioni di portata generale, che proteggono le minoranze imponendo, ad esempio, l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale. Altre convenzioni garantiscono i diritti delle minoranze nel quadro dei diritti umani. Il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (approvato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1996) prevede che negli stati nei quali esistono minoranze etniche, religiose o linguistiche, gli individui appartenenti a tali minoranze non possono essere privati del diritto di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione o di usare la propria lingua, in comune con gli altri membri del proprio gruppo (cfr. art. 27). Con una formulazione più generica, la Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali prevede che il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Convenzione stessa deve essere assicurato senza distinzione di alcuna specie, compresa l'appartenenza ad una minoranza nazionale (cfr. art. 14). Per quanto riguarda le minoranze religiose, ad esse devono essere assicurate tutte le facoltà comprese nella libertà religiosa: il diritto di praticare in privato e in pubblico il culto, individualmente e collettivamente; il diritto di costruire, mantenere ed usare edifici di culto; il diritto delle Chiese e delle comunità religiose di organizzarsi secondo la propria struttura istituzionale, di formare, scegliere e nominare ministri di culto, di raccogliere e usare liberamente contributi finanziari necessari per la propria attività. Naturalmente deve essere garantita a tutti la libertà religiosa individuale, che comprende il diritto di ciascuna persona di avere e professare una religione o di non averne alcuna, di cambiare fede o convinzioni e appartenenza religiosa, senza subire per questo conseguenze dannose. È dunque evidente che la condizione delle minoranze rende manifesto se sono rispettati i diritti fondamentali dell'uomo, nella sua dimensione sociale e comunitaria. Sono coinvolti la libertà e la eguaglianza degli individui, il diritto alla identità dei gruppi sociali in un contesto di pacifica convivenza, l'integrazione che non rifiuta le legittime diversità, il rispetto dei diritti fondamentali, non pretesi ma praticati, tanto da parte della maggioranza quanto da parte delle minoranze, come pure nell'ambito interno di ciascuna di esse.

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