Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 08:55:17
Il
Lal Shahbaz Qalandar, a Sehwan, in
Pakistan, è uno dei santuari sufi più visitati dai fedeli musulmani. A febbraio, un attentato rivendicato dallo Stato islamico ha ucciso oltre 80 pellegrini mentre pregavano. L’Islam nel subcontinente indiano è arrivato attraverso la
predicazione sufi, e in Pakistan sono decine i luoghi di culto, i mausolei, le tombe legati a mistici. L’attacco a
Sehwan è l’ultimo di una lunga serie di fatti di sangue che, dal
Pakistan passando per la
Tunisia, la
Libia, il
Mali, hanno avuto come obiettivo santuari sufi. All’origine della distruzione programmatica di questi luoghi di culto ci sono le posizioni oltranziste di gruppi jihadisti militanti che vedono nella mistica sufi e nella spiritualità dei suoi insegnamenti una corruzione della purezza della fede e del rigido puritanesimo con cui gli estremisti aderiscono alla legge islamica. Qui di seguito abbiamo raccolto per Paese una serie di attacchi portati a termine da diversi movimenti fondamentalisti contro conosciuti santuari sufi, spesso antichi secoli, sparpagliati attraverso il mondo islamico.
Pakistan
Prima del sanguinoso attentato del 2017, che ha spinto le autorità locali a una capillare campagna di repressione contro elementi legati allo Stato Islamico, il Pakistan è stato oggetto di simili attacchi. Nel 2010, un altro importantissimo santuario sufi, del XII secolo d.C.,
Hazrat Data Ganj Baksh, a Lahore, è stato teatro di un’esplosione che ha ucciso 42 pellegrini. Sempre nella stessa regione del Punjab, un anno dopo, i talebani locali hanno rivendicato un attentato al santuario di
Sakhi Sarwar. Anche in questo caso, il bilancio delle vittime è stato altissimo: 40 i morti.
Libia
In seguito alla rivoluzione che nel 2011 ha messo fine al regime del colonnello Muammar Gheddafi, in Libia è cresciuta l’azione di diversi gruppi estremisti, fino alla comparsa nel 2014 dello Stato Islamico, la cui roccaforte, Sirte, è caduta soltanto pochi mesi fa. Nel 2012, milizie islamiste hanno preso di mira il santuario del XV secolo di Abdel Salam al-Asmar, a
Zlintan, nell’Ovest del Paese, e pochi mesi dopo, ad agosto, la moschea storica di
Tripoli Sha‘ab, in cui si trovavano le tombe di alcuni teologi sufi.
Mali
Nel luglio 2012, il Nord del Mali è caduto nelle mani di gruppi jihadisti, e soltanto dopo l’intervento di forze speciali francesi il governo ha potuto riprendere il controllo di parte del territorio. La storica città di
Timbuktu, sito dell’Unesco celebre per le sue antiche costruzioni di argilla, le sue secolari biblioteche e i suoi luoghi di culto è stata oggetto della furia iconoclasta degli estremisti, che hanno distrutto a picconate anche la tomba del maestro sufi Sidi Mahmoud, morto nel 955 d.C.
Tunisia
In Tunisia, la rivoluzione non ha portato né a scontri né a una guerra civile. Tuttavia, la transizione politica è stata accidentata, con assassinii politici e violenze sporadiche, e l’azione destabilizzante di gruppi salafiti. In otto mesi, tra il 2012 e il 2013, secondo Mohamed el-Heri, a capo dell’associazione nazionale sufi tunisina, 40 santuari sufi nel Paese sono finiti sotto attacco. Tra questi, il santuario di Sidi Abdel Qader a Nabel, quello di Sidi Yaacoub a Gabes, quello di Sidi Bouchoucha a Tunisi. Incidenti simili sono avvenuti nella città costiera di Sousse, a Bizerte, e nel centro rurale di Kasserine. Spesso, i luoghi di culto sono stati bruciati.
Egitto
In Egitto, un tentativo di distruggere un santuario sufi a Qalyoub, poco lontano dal Cairo, è stato fermato da residenti locali, che si sono messi tra l’edificio e un gruppo di estremisti, armati di spranghe e martelli.