“Le Nazioni Unite si collocano necessariamente al difuori di ogni confessione religiosa. Ciò nonostante, sono uno strumento di fede. Come tale, si ispirano a ciò che unisce e non a ciò che divide le grandi religioni del mondo” Dag Hammarskjöld

Ultimo aggiornamento: 28/11/2024 17:24:14

Il fenomeno

 

Il ruolo che le religioni esercitano nel mondo e limpatto che esse hanno su questioni di sviluppo e di pace è emerso con forza negli ultimi dieci anni. Si tratta di un vero e proprio fenomeno che se, da un lato, trova lONU impreparato, dallaltro lo vede sempre più propenso a considerare le religioni e i loro rappresentati come partner potenziali e forse inevitabili per una pace e uno sviluppo duraturi. Inoltre, il sorgere di nuove forme di conflitto (interni agli stati, tra vari gruppi etnici e religiosi) e di nuove forme di violenza (terrorismo a sfondo religioso) ha portato a un modo meno convenzionale di fare diplomazia, in cui attori non ufficiali hanno assunto un ruolo centrale. Tra questi sono emersi anche le Chiese e i vari gruppi religiosi che, in quanto ben radicati nelle realtà locali, vengono sempre più pensati dalle varie agenzie ONU come portatori di un potenziale cambiamento. Di fatto esiste oggi una vasta quantità di gruppi a base religiosa che operano in tutto il mondo, sia nellambito della risoluzione dei conflitti, che in quello dello sviluppo sociale e economico. Benché la religione sia vista da molti come responsabile più dei problemi che emergono sulla scena diplomatica mondiale che della loro risoluzione, essa di fatto occupa uno spazio sempre più importante nel discorso politico e nei dibattiti pubblici in generale. Questa realtà si riflette, allinterno dellONU, attraverso il moltiplicarsi di iniziative e di attori che oggi simpegnano a promuovere il dialogo interreligioso e, per i quali, la religione in generale costituisce una dimensione integrante all'azione diplomatica, educativa e sociale. Linterazione tra questi elementi esterni e interni fa si che, sempre più spesso e in modo sempre più ufficiale, viene richiesto allONU di fare i conti con la dimensione religiosa nei vari aspetti del suo lavoro. In questo senso, la religione sta emergendo come uno strumento diplomatico e di sviluppo potenzialmente utile. Utile diventa anche il dialogo interreligioso, un dialogo poco o non definito, spesso motivato a posteriori, a volte confuso con il semplice dibattere o il puro scambio dopinioni, ma di cui comunque se ne riconosce sempre più, se non il valore, almeno la necessità.


I - Gli attori

 

La questione del ruolo delle religioni per la pace e lo sviluppo internazionale (e, in essa, del dialogo interreligioso), è diventato sempre più centrale negli ultimi dieci anni e, in particolare, dopo i tragici eventi dell11 settembre 2001. Parallelamente, gli attori impegnati su questo tema sono anchessi in aumento. Gli stessi paesi membri dellONU sono oggi a capo delle iniziative più significative dellorganizzazione. Questo costituisce una delle novità più importanti vista la reticenza quasi strutturale dellONU ad affrontare temi che potenzialmente possono incrinare il principio che separa stato e chiesa.


1. Le Organizzazioni Non Governative Religiose (ONGR)

 

La Carta dellONU riconosce apertamente la religione e la sua pratica come un diritto umano inalienabile e come una libertà fondamentale. Esiste, almeno in superficie, un terreno comune tra i principi universali presenti nelle varie religioni e i principi ideali dellONU. Cè in questo senso, una sorta di "attrazione naturale" tra i contenuti dei vari gruppi religiosi e spirituali e la missione dellONU. Così, negli anni, un numero sempre più importante di questi, si è registrato allONU come Organizzazione Non Governativa (ONG) per poter influenzare, informare e usufruire del lavoro e della struttura onusiana. Tuttavia, fino a qualche anno fa, le ONG in generale e quelle religiose in particolare, venivano considerate irrilevanti dai vari paesi membri e dalle agenzie dellONU. Lera della globalizzazione ha fatto emergere, tra le altre cose, la società civile come attore fondamentale tra stato e mercato e in questo senso, le ONG si sono gradualmente imposte sulla scena internazionale e all'interno dellorganizzazione stessa. Inizialmente però, questo non ha garantito uno spazio nuovo anche per le ONGR, in quanto la sfera civile è stata a lungo definita in termini laici e secolari. Così, durante i primi quarantanni, le ONGR allONU hanno avuto un ruolo molto limitato. Oggi, la loro presenza, sia dal punto di vista numerico che della loro capacità ad "esserci", è in netto aumento. Nel 2003, più di 3000 ONG si sono registrate all'ECOSOC e al Dipartimento per la Pubblica Informazione (DPI), tra cui 263 sono ONGR. Esse costituiscono così il 12.6% di tutte le ONG registrate nel DPI e il 8.5% di quelle registrate allECOSOC. Due esempi:

 

a. Il Comitato delle Organizzazioni Non Governative Religiose (CONGR)

Nasce nel 1972 come forum per informare e educare i propri membri sui problemi globali emergenti e sulla maniera in cui lONU intende rispondervi, e come forum dedito alla promozione di valori religiosi e etici comuni nei dibattiti interni allONU. Oggi, questo comitato raccoglie circa 150 ONGR registrate allONU, ed è diventato uno dei punti di riferimento fondamentale in tutte le iniziative dellONU sul tema del dialogo interreligioso o del ruolo delle religioni in generale nel promuovere la pace e lo sviluppo.

 

b. World Conference of Religions for Peace (WCRP)

Questa organizzazione nasce alla fine degli anni '60 con lo scopo di promuovere la cooperazione tra le varie religioni per la pace. Si fonda sul principio del rispetto delle differenze tra religioni e si basa su tre principi: niente teologia, proselitismo o sincretismo. Con una struttura che ha ramificazioni sul campo in molte zone a rischio, la WCRP è una tra le organizzazioni più abituate a collaborare con agenzie ONU.

 

2. Agenzie ONU

 

Le agenzie ONU, a livello pratico e normativo, si rivolgono regolarmente a rappresentanti religiosi o a organizzazioni religiose locali e internazionali per limplementazione dei propri programmi e progetti.

 

a. Livello programmatico

Che si tratti di stabilire un ambiente sicuro per popolazioni a rischio esposte a violenza (come per lUNICEF o lagenzia ONU per i profughi), o di progetti che necessitano di un cambiamento di mentalità per essere efficaci (come nel caso di progetti per la lotta contro lAIDS, sui diritti delle donne o sul problema dellambiente di agenzie specializzate ), la collaborazione tra realtà religiose e le agenzie di sviluppo ONU avviene molto più spesso e "naturalmente" di quanto ufficialmente espresso o registrato. Regolarmente, inoltre, le agenzie umanitarie ONU invitano i leader locali e religiosi a collaborare alla distribuzione di beni a popolazioni locali. Un esempio: il Programma delle Nazioni Unite per per lo Sviluppo, nel dicembre del 2005, organizza in Siria in collaborazione con il Ministero degli Affari Religiosi un seminario sul ruolo fondamentale che i leader religiosi hanno nello sviluppo sociale del paese e in particolare nella diffusione del sapere e nella promozione delleducazione.

 

b. Livello dei cessate il fuoco, dei negoziati e della riconciliazione nazionale

Il Dipartimento degli Affari Politici e il Dipartimento per le Operazioni di Pace, riconoscono limportanza del dialogo interreligioso e del coinvolgimento dei rappresentanti religiosi nei negoziati di pace e nelle operazioni di cessate il fuoco. Inoltre, è stato di recente stabilito un centro per lassistenza alla mediazione (la "Mediation Support Unit") e un sito internet a usufrutto degli inviati di pace del Segretario Generale e di tutti coloro che sono implicati in processi di pace nel mondo. Sia nel centro che sul sito, si possono trovare esempi di collaborazione sul campo con leader religiosi. Anche il Programma delle Nazioni Unite per per lo Sviluppo di recente introduce il concetto di "dialogo democratico" in situazioni di post conflitto. Tra le varie strategie per ottenere tale dialogo, c'è anche l'uso di leader locali e religiosi. Se lONU non ha sempre visto positivamente la cooperazione con le varie realtà religiose, è anche vero il contrario. Un ben noto negoziatore dellONU, Giandomenico Picco, specializzato nella liberazione di ostaggi, ha di recente commentato che nel suo lavoro, ogni qual volta avesse cercato lassistenza di leader religiosi, questi "non si sono fatti trovare".

 

c. Livello informativo

Dal 2004, il DPI organizza incontri al fine di capire le radici dellintolleranza e il modo di promuovere, invece, il rispetto tra i popoli. Queste iniziative sono la risposta alla richiesta dellAssemblea Generale di disseminare informazioni pertinenti al "dialogo tra civiltà" e alla "cultura della pace".

 

d. Livello normativo: risoluzioni dellONU, diritti umani e UNESCO

Negli ultimi venticinque anni, molto è stato fatto sulla questione del diritto alla libertà religiosa e della protezione dei luoghi religiosi nel mondo. Sono state anche adottate molteplici risoluzioni in cui più o meno direttamente vi si riconosce il ruolo che il dialogo interreligioso ha per la diffusione di una cultura della pace. Estremamente significativa in questo senso è una recente risoluzione ONU sul tema del dialogo interreligioso e interculturale in cui viene deciso che uno degli anni a venire sarà lanno del dialogo tra religioni e culture. Viene inoltre richiesto che lONU tratti di questo tema in modo più sistemico e strutturato, creando ad esempio ununità di sostegno al lavoro del Segretario Generale. Lagenzia che ha il mandato e la leadership per sostenere e promuovere il dialogo interreligioso, è lUNESCO. Essa più di tutti riconosce, non solo nella prassi come altre agenzie tendono a farlo, ma anche a livello normativo, la centralità del dialogo interreligioso per lo sviluppo e la pace, e lo pone come elemento essenziale del dialogo interculturale. In particolare, lUNESCO organizza campagne di sensibilizzazione su tale tema, tramite conferenze internazionali, in aree geo-strategiche a rischio (come in Asia Centrale e in Africa) e tramite la promozione di attività a livello locale rivolte a popolazioni rese fragili dal contesto politico e sociale. Inoltre, lUNESCO è impegnato a livello della riconciliazione nazionale o dello sviluppo sociale tramite vari progetti a sfondo educativo.

 

Attività UNESCO da segnalare: Nel settembre del 2001, viene lanciato il progetto "Routes of Faith" per promuovere il dialogo interreligioso e interculturale; nel dicembre 2004, lUNESCO organizza una conferenza internazionale su questo stesso tema (la "Regional Summit Conference on Interreligious and Inter ethnic Dialogue"); nel marzo 2006, lUNESCO crea una rete (il network "UNESCO Chairs of Interreligious Dialogue for Cultural Understanding") che raggruppa centri accademici di tutto il mondo al fine di sviluppare una expertise sul tema del dialogo interreligioso e aiutare alla comprensione reciproca tra popoli culturalmente diversi. Inoltre, nel budget approvato per il 2006-2007, viene stabilito un progetto (il "Flagship activity") dedito specificatamente alla promozione del dialogo tra fedi, per la promozione della pace e della tolleranza reciproca. Infine, lUNESCO fa parte del gruppo di lavoro che vede impegnate tutte le parti del sistema ONU nella lotta contro il terrorismo. Per lUNESCO, la possibilità di stabilire la pace e la sicurezza passa innanzitutto tramite leducazione e la scienza, la promozione del dialogo tra culture e civilizzazioni e la salvaguardia delle diversità culturali.

 

3. I paesi membri dell’ONU

 

Negli ultimi anni, un numero sempre crescente di paesi membri si sono adoperati, finanziando progetti, organizzando incontri o promuovendo iniziative, affinché alla religione e al dialogo interreligioso venga data considerazione. Il tentativo sarebbe quello di stabilire un forum per lo scambio di idee, per coinvolgere i responsabili religiosi e le figure spirituali su questioni di pace internazionale e di sviluppo e creare un consenso attorno a certi temi chiave (come la condanna del terrorismo a sfondo religioso). Non è un segreto, tuttavia, che la motivazione principale di alcuni paesi membri non sia politicamente scevra di ambiguità, promuovendo questi, da un lato, la tolleranza religiosa e il dialogo interreligioso, e dallaltro, accumulando al loro interno un record di abusi e di violenze contro minorità religiose. Altri ancora non nascondono il loro interesse a sponsorizzare nuove realtà religiose (come, ad esempio, la setta del Reverendo Moon) allinterno dellONU stesso. Tuttavia, il coinvolgimento dei paesi membri ha permesso di riconoscere il ruolo che la religione ha sulla scena internazionale, conferendo in questo modo uno spazio nuovo al tema della religione e del dialogo interreligioso, così come una certa autorità a chi ne porta la responsabilità. Essendo lONU unorganizzazione tra governi, lappoggio dei paesi membri e la loro partecipazione è in questo senso fondamentale.

 

4. Gli altri attori

 

Tra gli altri attori che influiscono sul modo in cui il tema della religione e del dialogo interreligioso viene trattato allONU, è necessario segnalare la Banca Mondiale. Essa stabilisce di recente un ufficio (il "Development Dialogue on Values and Ethics") dedito a questioni riguardanti il ruolo che le religioni hanno nel portare avanti la sua idea di sviluppo. Viene, inoltre, invitata a partecipare al Forum Tripartito allONU (vedi sotto). Un altro attore da segnalare è lOrganizzazione della Conferenza Islamica (OCI). Con lIslam al centro della sua azione, è stata funzionale nel mettere a tema la questione delle religioni, della loro pratica e salvaguardia. Essendo lIslam diventato oggetto di analisi e spesso di critica, lOCI è un interlocutore chiave nei vari fora interni allONU.

 

II - Le iniziative

 

Il numero degli attori impegnati sul tema del ruolo delle religioni nel mondo e dellimpatto che il dialogo interreligioso può avere su questioni di pace e di sviluppo è in netto aumento. Allo stesso modo, le iniziative che, attraverso lONU vengono regolarmente proposte nel mondo, si sono nel tempo moltiplicate. Dal 2000 in poi, esse sono aumentate in modo sostanziale, coinvolgendo molteplici parti del sistema ONU e figure sempre più autorevoli.

 

The Millenium World Peace Summit of Religious and Spiritual Leaders

 

Tra il 28 e il 30 agosto 2000, in un incontro storico, più di mille figure religiose e spirituali si riuniscono allONU. Gli unici assenti di grande rilievo sono il Papa Giovanni Paolo II, lArcivescovo di Canterbury, il Rev. George Carey e il Daila Lama, la cui venuta era stata bloccata dalla Cina. Lo scopo del convegno era, per la quindicina di realtà religiose e spirituali convocate, quello di impegnarsi a promuovere la pace nel mondo. Dallincontro, emersero alcuni risultati tangibili, come la creazione di un gruppo di leader religiosi al World Economic Forum o linizio di un dialogo interreligioso in Iran. Tuttavia, molti oggi concordano nel dire che di storico ci fu più il fatto che per la prima volta nellAssemblea Generale si riunirono un numero impressionante di leader religiosi e spirituali, che non la capacità ad agire del gruppo. Moltissime furono le critiche, in gran parte rivolte allorganizzatore dellevento nominato dal Segretario Generale, che era stato accusato da molti di mancata neutralità, visione e capacità organizzativa.

 

5. 2001, l’Anno per il Dialogo tra Civiltà

 

Nel 1998, lAssemblea Generale decide che lanno 2001 sarà lanno del dialogo tra civilizzazioni. La risoluzione fu proposta dallIran e trovò nellUNESCO un suo partner naturale. Durante quel periodo, a rappresentare Kofi Annan fu Giandomenico Picco il quale, visto il rapporto costruttivo che dalla crisi degli ostaggi in Libano in poi era riuscito a stabilire con lIran, si rivelò essere la figura più consona a tale compito. Questa risoluzione segna uno dei primi riconoscimenti ufficiali da parte del Segretario Generale dellimportanza che la promozione de dialogo tra la varie civilizzazioni del mondo ha per stabilire una pace e uno sviluppo duraturi. Lattacco terroristico alle Torri Gemelle avverrà poco dopo e dal quel momento in poi, si tenderà sempre più ad accostare al termine più "politically correct" di dialogo tra civilizzazioni quello meno "polically correct" di dialogo interreligioso.

 

6. L’Alleanza delle Civilizzazioni

 

E' uniniziativa lanciata dal Segretario Generale nellagosto 2005, co-sponsorizzata dai Primi Ministri spagnoli e turchi e che usufruisce di un finanziamento importante, soprattutto da parte della Spagna. Con essa, viene stabilito un "High Level Group" per individuare quali siano le forze politiche, sociali e religiose che minacciano la pace e la sicurezza internazionale e quali azioni collettive e programmi possono rispondere a tali minacce. Nel suo ultimo rapporto, il gruppo propone di stabilire la figura del rappresentante del Segretario Generale per l’Alleanza tra Civilizzazioni e un ufficio che lo aiuti ad allentare eventuali tensioni a livello religioso e culturale in tempi di crisi. Tuttavia, questiniziativa non è priva di critiche. Tra queste: la mancata integrazione nel sistema ONU e la mancata coerenza con altri sforzi preesistenza (duplicazione e non continuità).

 

7. Il presidente dell’Assemblea Generale (2007)

 

Nel maggio del 2007, il Presidente dellAssemblea Generale organizza un incontro durante il quale viene messa a tema la questione del dialogo tra le civilizzazioni e del dialogo interreligioso. E' la prima volta nel sistema ONU che una figura a questi livelli di autorità, al di fuori del Segretario Generale, decide di trattare apertamente di tale questione. A incorraggiare questa sua iniziativa è la risoluzione dellAssemblea Generale del novembre 2006 in cui era stato deciso di organizzare nel 2007 un dialogo ad alti livelli sulla questione della cooperazione in campo interreligioso e interculturale.

 

8. Il Forum Tripartito per la Cooperazione tra Fedi per la Pace

 

Questiniziativa lanciata nel 2005 è probabilmente liniziativa più significativa emersa negli ultimi anni e che viene a raggruppare, inter alia, più di 50 paesi membri, una quindicina di agenzie ONU e il CONGR. Lo scopo è innanzitutto quello pratico di scambiarsi idee e informazioni sulla questione del dialogo tra fedi al fine di promuovere la pace e lo sviluppo. Dato il mancato coordinamento tra i vari sforzi esistenti nellambito allONU, non è da poco potersi semplicemente ritrovare in un unico luogo. In generale, il Forum vuole dare unopportunità a vari attori di capire assieme come il dialogo e la cooperazione tra fedi possa contribuire a stabilire la pace. Il Pakistan e le Filippine sono tra i paesi che per primi, in modo deciso e sistematico, hanno cercato di fare emergere e promuovere il tema del dialogo interreligioso. Sono stati e continuano ad essere un motore importante del Forum e di altre iniziative allONU. Le loro azioni sono guardate al contempo con sollievo per limpegno che dimostrano di avere su un tema che molti attori non governativi non hanno lautorità di portare avanti e a volte con perplessità per lambiguità delle motivazioni che occasionalmente sembrano guidarli.

 

9. The Asia-Pacific Regional Dialogue

 

E' uniniziativa parallela a quelle che vengono promosse dallONU e allONU, ma che tuttavia riconosce e fa propria i principi della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e gli "Obiettivi di Sviluppo del Millennio" stabiliti sotto Kofi Annan. E', inoltre, appoggiata da alcuni degli stessi paesi membri che s'impegnano oggi su temi simili allinterno dellONU. Il "Dialogue" consiste nel riunire leader religiosi, esperti e rappresentanti della società civile provenienti da quindici paesi della regione del sudest asiatico e del sud pacifico, per promuovere la tolleranza, il rispetto e la coesistenza pacifica. Gli sponsor di questl’iniziativa sono la Nuova Zelanda, lAustralia, lIndonesia e le Filippine.

 

10. The Partnership Committee

 

Creato nel 2004, riunisce gruppi di varia natura e fede fuori e dentro lONU (musulmani, cristiani/cattolici/episcopali, ebrei, indù, buddisti, sikh). I membri di questo comitato portano avanti due grandi progetti: listituzione allONU di una "Decade per il dialogo interreligioso e la cooperazione per la pace", tentativamente dal 2008 al 2017 e, a sostegno del lavoro che emergerebbe durante il suddetto periodo, la creazione di un "Forum interreligioso per la pace nel mondo". Il comitato si consulta regolarmente con vari gruppi e agenzie delll’ONU, tra cui lAlleanza delle Civilizzazioni e il Forum Tripartito per la Cooperazione tra Fedi per la Pace.

 

III - I problemi

 

Gli attori e le iniziative che allONU cercano di promuove il dialogo interreligioso e di coinvolgere i leader religiosi in progetti educativi e sociali, sono sempre più importanti e numerosi. E' essenziale riconoscere che ciò che avviene all'interno dellONU è un indicatore delle problematiche che preoccupano il mondo e che richiedono di essere capite e affrontate. Con più di 190 paesi membri, lONU per sua natura è al contempo, il luogo in cui si riflettono questioni internazionali che lo precedono e il luogo leggitimo in cui soluzioni vengono generate e adottate in modo consensuale. Davanti allinteresse crescente per limpatto che religioni hanno su questioni di sviluppo e di pace, esistono oggi tentativi di organizzare e unificare le varie idee e voci che allinterno dellorganizzazione si esprimono sul tema. Esistono, tuttavia, seri problemi e ostacoli. Essi sono, in parte, il risultato di complessità che arrivano allONU dalll’esterno, ma sono anche segni chiari di una mancanza di visione e di capacità di gestione interna dell'organizzazione stessa.

 

1. Quali criteri?

 

Tra la varie problematiche, emerge inanzitutto la questione della partecipazione ufficiale delle varie realtà religiose nei dibattiti organizzati allONU o nellimplementazione dei progetti ONU nel mondo. Di fatto, non sono stati stabiliti criteri oggettivi per determinare chi, tra i numerosi gruppi religiosi e spirituali nel mondo, abbia i requisiti per ottenere lo statuto di interlocutore e chi, al suo interno, ne sia un degno rappresentante. Gli unici criteri oggi in uso sono quelli applicati da ECOSOC e DPI per le ONG in generale. Questo è particolarmente problematico nel caso, ad esempio, dellIslam Sunnita, allinterno del quale non esiste una gerarchia religiosa che possa dirsi voce ufficiale, o nel caso delle molteplici realtà indù nel mondo. Le stesse difficoltà si incontrano rispetto al sorgere di nuove sette religiose, come nel caso della setta Moon o della Scientology. Per questa mancanza di criteri, esse hanno di fatto lo stesso peso, ad esempio, delle religioni monoteiste nei vari dibattiti ONU. Spesso, per evitare di entrare in questioni politicamente sensibili e dunque di prendersi la responsabilità della "membership", lONU tende ad appoggiarsi alle ONGR per decidere chi legittimamente può "esserci" o no. Queste, daltro canto, non hanno saputo o potuto stabilire un criterio che sia universalmente valido. Una delle conseguenze più preoccupanti è che vige "la legge del più forte" per cui chiunque sa imporsi (sia perchè riceve un finanziamento importante, sia perchè ha "padrini" prominenti che sanno sponsorizzarli allinterno dellONU), viene ascoltato. Unaltra conseguenza è la soggettività che vige nel decidere quali gruppi religiosi sia giusto coinvolgere nella messa in atto di progetti educativi o di sviluppo in generale. Sul campo, avviene regolarmente che i rappresentanti ONU, di loro propria iniziativa, decidano di fare appello a figure religiose incontrate a livello locale. Si aggiunge così alla soggettività della scelta anche la poca trasparenza in quanto, non essendoci direttive né criteri, non viene chiesto loro di rispondere delle scelte fatte. Avviene così che a incontri organizzati allONU partecipino soprattutto realtà minori, intaccando in questo modo il livello di credibilità e di efficiacia del lavoro svolto.

 

2. Quali definizioni?

 

Così come non esistono criteri per stabilire linclusione o lesclusione delle varie realtà religiose allinterno dei dibattiti e progetti ONU, non esiste neanche una vera e propria definizione di dialogo o di dialogo interreligioso. Termini come "interreligious" o "interfaith" vengono utilizzati in modo equivalente e interscambiabile da molti, anche dallUNESCO, lunica agenzia che grazie al suo mandato sarebbe invece autorizzata a fornire delle definizioni-guida. Emerge così unambiguità concettutale che impoverisce strutturalmente la possibilità di un dialogo reale e non permette di sviluppare un pensiero teorico che faccia da fondamento allazione. Esiste un approssimatismo più o meno voluto, che offre il vantaggio di evitare di dover prendere posizione e di rischiare di alterare la natura "neutrale" dellONU. Cè chi oggi considera la questione delle definizioni dei contenuti come un ostacolo al dialogo interreligioso o al raggiungimento dei risultati a cui il dialogo dovrebbe portare (come la cooperazione, la coesistenza pacifica, la promozione di una certa idea di sviluppo ecc.). Emerge così lidea che, attraverso la continua creazione di occasioni di dialogo interreligioso sul campo e il coinvolgimento ad hoc di rappresentanti religiosi in vari progetti, si possa evitare di dover definire e teorizzare. In questo senso, la teoria è considerata come ciò che inibisce la prassi, non ciò che le da valore e contenuto. Allo stesso modo, le definizioni vengono viste come limitanti e non come ciò che rende possible un'apertura degli uni verso gli altri.

 

3. Quali problemi e quale dialogo?

 

Nei documenti e allinterno delle varie iniziative presenti allONU, la questione del dialogo interreligioso e del ruolo delle religioni in generale appare a volte come una questione culturale e di educazione, a volte come una questione politico-diplomatica, e altre volte come una questione di diritti, di sicurezza internazionale e di sviluppo economico e sociale. Di quale questione si tratta? Perchè bisogna dialogare? Non ponendosi le domande in modo chiaro, queste rimangono senza risposta. Così, non esiste una vera ipotesi di lavoro e una strategia per ciascuno di questi aspetti che caratterizzano spesso ununica realtà. Inoltre, i vari gruppi e attori che si accostano al tema lo fanno spesso per motivi diversi, più o meno dichiarati. Questo crea confusione e ll’impressione spesso falsa che si stia parlando della stessa realtà. Così vengono organizzati molteplici incontri sull'importanza del dialogo interreligioso per la risoluzione di conflitti o la prevenzione di nuovi. Si vuole anche coinvolgere i rappresentanti religiosi nei vari dibattiti interni allONU o nella messa in pratica di progetti. Tuttavia, non essendoci un contenuto chiaro, una partecipazione strutturata basata su criteri stabiliti né uno scopo dichiarato, è spesso difficile andare aldilà della buona volontà dei partecipanti, della reazione immediata a problemi emergenti o dell'iniziativa soggettiva del singolo.

 

4. Quale coordinamento e quali informazioni?

 

Si moltiplicano le iniziative e i progetti che coinvolgono in modo più spontaneo che organizzato i rappresentanti e le realtà religiose con lONU. Tra le varie agenzie, la leadership spetta allUNESCO che, tuttavia, non ha ancora assunto il suo ruolo di coordinatore, né è stato ancora capace di suggerire criteri. A livello locale sono molte le collaborazioni con i leader religiosi che però, non vengono motivate a priori, né vengono documentate in modo sistematico. In questo senso, la mancanza di coordinamento viene rinforzata dalla mancanza di informazione e viceversa. Di fatto, non esiste una documentazione organizzata di ciò che avviene all'interno del sistema ONU e attraverso lONU, sia rispetto al crescente fenomeno del ruolo che le religioni hanno nel mondo, sia dei modi in cui lONU tenta di rispondervi ai vari livelli nel suo lavoro. Questa mancanza di informazione e di sapere si ritrova nei vari dipartimenti ONU. Ad esempio, la grande maggioranza dei specialisti sul Medio Oriente che lavorano nel Dipartimento di Affari Politici non ha saputo sviluppare una comprensione adeguata dellIslam politico o del rapporto tra lo Stato dIsraele e la religione ebraica, né viene richiesto loro dallistituzione. In realtà, numerose sono le agenzie e dipartimenti ONU che cercano di includere o di affrontare largomento nei loro programmi o progetti. Tuttavia, non essendoci né un'agenzia leader ufficiale, né una visione unitaria, la risposta onusiana spesso perde di efficacia e coerenza. Malgrado ciò, bisogna riconoscere che le ultime iniziative emerse sono un segno di cambiamento. Si pongono con unesigenza di maggior chiarezza e coordinamento. Daltro canto, sempre più sono le voci ufficiali che richiedono allONU di strutturare, organizzare, gestire istituzionalmente le iniziative di rilievo che emergono al suo interno e di diventare più propositivo al riguardo e meno reattivo.

 

Conclusione

 

Il mondo post undici settembre ripone al centro della vita pubblica e diplomatica la religione come fenomeno universale non più relegabile alla semplice dimensione privata, ma che coinvolge e riguarda, invece, miliardi di persone. Spesso rappresentata nei media come fonte di divisione e conflitto, la religione preoccupa. Viene così discussa in modo negativo, come una dimensione da contenere e i cui contenuti sono da "neutralizzare". Altri, invece, vedono in essa una realtà inevitabile, che riguarda tutti, credenti o non credenti e con cui bisogna fare i conti. Altri ancora vedono in essa una possibilità unica di contribuire alla soluzione di conflitti e di inserire un punto di vista essenziale nei vari programmi e progetti di sviluppo. Il fenomeno costituito dal ruolo che le religioni hanno aquisito negli ultimi anni e limpatto che hanno su questioni inerenti alla pace e lo sviluppo è particolarmente evidente allinterno dellONU, ai vari livelli delle sue attività. Tuttavia, per anni, il contributo offerto dalle varie religioni, è stato essenzialmente relegato a questioni particolari come, ad esempio, la questione dellaborto, del controllo delle nascite, della libertà della pratica religiosa, ecc. In questo senso, ieri come oggi, la storia del rapporto tra le religioni e le varie politiche ONU non è fatta solo di collaborazioni, ma anche di forte confronto e contrasto. Ma è lorizzonte che oggi è cambiato. Inoltre, non tutto ciò che accade allONU sul tema della religione è dialogo: la religione in generale è sempre più vista come uno strumento di sviluppo. Il dialogo allora è una delle questioni che interessa al mondo diplomatico e che lONU tende sempre di più a promuovere. Il fatto che il dialogo interreligioso venga considerato allONU come uno strumento potenziamente utile per ottenere successi a livello diplomatico e nei vari progetti di sviluppo, costituisce una vera e propria novità. Nuove opportunità di collaborazione emergono e, con esse, anche un certo numero di problemi. Primo fra questi, è la tendenza a ridurre la religione e il dialogo interreligioso nel loro aspetto immediatamente utilizzabile. In questo senso, manca una comprensione adeguata di ciò che costituisce la dimensione religiosa, la sua ragion dessere. Essa non è trattabile con lo stesso metodo utilizzato per affrontare le altri dimensioni presenti nel mondo dello sviluppo (come la dimensione economica, politica, sociale, ecc.), in quanto contiene per natura degli aspetti non misurabili che trascendono qualsiasi risvolto funzionale. E questo perchè la religione e il dialogo interreligioso hanno a che fare con il problema della verità. Daltro canto, questa tendenza a ridurre a elementi pratici si ritrova in altri aspetti della vita diplomatica e delle politiche di sviluppo. Il concetto di sicurezza, ad esempio, è diventato uno dei criteri chiave per misurare il successo delle politiche in corso, e il concetto di stabilità, uno dei parametri utilizzati per determinare lefficacia dei vari progetti in atto. In questo senso, la pace e lo sviluppo vengono spesso ridotti, rispettivamente, allidea di sicurezza e di stabilità. Allo stesso modo, il dialogo interreligioso e il coinvolgimento di rappresentanti religiosi vengono spesso considerati in funzione di tali scopi: per garantire, cioè, un certo livello di sicurezza attraverso, ad esempio, la condanna ufficiale di atti di terrorismo in nome della religione, o ancora per ottenere il sostegno a progetti come quelli per la lotta contro lAIDS, anche se questi possono contenere idee contrarie al loro credo. LONU può, deve occuparsi di questo tema? Entro quali limiti? Vista la dimensione del fenomeno, non è più possibile evitare di affrontare anche in modo istituzionale la questione. Eppure, in quanto organizzazione tra governi, come può assumersi questa responsabilità rispettando la propria natura? Daltro canto, le religioni stesse, fino a che punto possono e devono coinvolgersi con il lavoro dellONU? Queste sono tutte domande a cui è necessario rispondere. Il fenomeno costituito dal ruolo e dall'impatto che le religioni hanno su questioni di sviluppo e di pace è rilevabile nelle numerose iniziative che allONU oggi promuovono il dialogo tra religioni e la partecipazione di leader religiosi nei suoi vari dibattiti e progetti. Malgrado i rischi e i problemi che continuano a sorgere, rimane un fatto estremamente positivo e importante che un tema di rilievo come questo venga discusso all'interno di unorganizzazione internazionale come lONU. La responsabilità collettiva che questo implica, per tutti gli attori in gioco, è innegabile. Esiste unopportunità reale di lavoro comune, attraverso la comprensione del ruolo e del compito di ognuno. E, con essa, lopportunità di ripensare anche a un dialogo tra lONU e le grandi religioni del mondo.

 

Risoluzioni e documenti ONU rilevanti (in ordine cronologico)

Assemblea Generale - A/RES/53/22 United Nations Year of Dialogue among Civilizations (1998) - A/RES/53/25 International Decade for a Culture of Peace ad Non-Violence for the Children of the World (1998) - A/RES/53/243 Declaration and Programme of Action on a Culture of Peace (1999) - A/RES/54/113- United Nations Year of Dialogue among Civilizations (2000) - A/RES/55/23 United Nations Year of Dialogue among Cilivizations (2001) - A/RES/55/97 Elimination of all forms of religious intollerance (2001) - A/RES/55/254 Protection of Religious Sites (2001) - A/RES/55/282 International Day of Peace (2001) - A/RES/56/6 Global Agenda for Dialogue among Civilizations (2001) - A/RES/58/128 Promotion of religious and cultural understanding, harmony and cooperation (2004) - A/59/201 Promotion of religious and cultural understanding, harmony and cooperation, Note by the Secretary-General (2004) - A/RES/59/23 Promotion of interreligious dialogue (2004) - A/RES/59/142 Promotion of religious and cultural understanding, harmony and cooperation (2005) - A/RES/60/1 2005 World Summit Outcome - A/RES/60/3 International Decade for a Culture of Peace and Non-Violence for the Children of the World, 2001-2010 (2005) - A/RES/60/4 Global Agenda for Dialogue among Civilizations (2005) - A/RES/60/10 Promotion of interreligious dialogue and cooperation for peace (2006) - A/RES/60/11 Promotion of religious and cultural understanding, harmony and cooperation (2006) - A/RES/60/150 Combating defamation of religions (2006) - A/RES/60/160 Effective Promotion of the Declaration on the Rights of Persons Belonging to National or Ethnic, Religious and Linguistic Minorities (2006) - A/RES/60/166 Elimination of all forms of intollerante and of discrimination based on religion or belief (2006) - A/60/825 Uniting against terrorism: recommendations for a global counter-terrorism strategy, Report of the Secretary-General (2006) - A/61/L.11/Rev.2 e Rev.2/Add.1 Promotion of interreligious and intercultural dialogue, understanding and cooperation for peace (2006) Consiglio di Sicurezza - Resolution 1624 (2005)

 

Siti internet ONU:

- UNDP & UNDP Arab Bureau - UNFPA - UNESCO - UNIFEM - UNICEF - OCHA - UN Counter Terrorism Task Force - The Millenium World Peace Summit of Religious and Spiritual Leaders - UN Dialogue among Civilizations - Alliance of Civilizations - Office of the Special Representative for Children and Armed Conflict - UNEP - UNDESA - Department of Political Affairs & un.org/peacemaker - Department of Peacekeeping Operations - DPI - WHO - ILO - WHO - FAO Altri: - World Bank - IMF - The Tripartite Forum on Interfaith Cooperation for Peace - Committee of Religious NGOs at the United Nations - World Conference of Religions for Peace

 

Bibliografia

Crossing the Divide, a cura di Giandomenico Picco, published by the School of Diplomacy and International Relations, Seton Hall University, South Orange, New Jersey, 2001.

The interfaith movement: an incomplete assessment, Kusumita P. Pedersen, Journal of Ecumenical Studies, 41:1, Winter 2004.

Faith-based NGOs and International Peacebuilding, David Smock United States Institute of Peace Special Report 76, 2001; Divine intervention: religious reconcilitation through faith, Harvard International Review 25, Winter 2004.

Mapping the Terrain: The Role of Religion in Peacemaking, Kristian Berg Harpviken and Hanne Eggen Rislien, for the Norwegian Ministry of Foreign Affairs, July 2005.

Religion, World Order, and Peace, Proposal for the Millenium World Peace Summit of Religious and Spiritual Leaders, David Little, Harvard Divinity School, unpublished, 2000.

Project "Towards the creation of a spiritual forum for world peace at the United Nations" and Draft Proposal for a "Decade of Interreligious Dialogue and Cooperation for Peace", The Partnership Committee, last version (unpublished) 2007.

From Resolution to Transformation: The Role of Dialogue Projects, Norbert Ropers, Berghof Research Centre for Constructive Conflict Management, in Wimmer et al., 2003.

Plan of Action: The Ecumenical Response to HIV/AIDS in Africa, Global Consultation on the Ecumenical Response to the Challenge of HIV/AIDS in Africa, Nairobi, Kenya, 25-28 November 2001.

Religion and Public Policy at the United Nations, A Religion Counts Report, April 2002.

Religious Nongovernmental Organizations: An Exploratory Analysis, Julia Berger, Voluntas: International Journal of Voluntary and Nonprofit Organizations, Vol. 14, No. 1, March 2003.

Thoughts on Religious NGOs at the UN: A Component of Civil Society, Benjamin Rivlin, Ashgate, 2002.

Religion and the United Nations, Azza Karam & Matthew Weiner, International Herald Tribune, Oct. 23, 2006.

Religious Faith and Development: Explorations and Experience, Katherine Marshall, the World Bank, April 2007.