È probabilmente la band araba più conosciuta all’estero, e questa fama è stata accompagnata da una serie di stereotipi. Per capire i Mashrou‘ Leila bisogna partire dalla loro libanesità
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 11:58:41
Il “progetto di una notte” o “progetto (di) Leila” è uno dei pochi gruppi arabi che non ha bisogno di presentazioni a un pubblico italofono, benché la loro ultima visita italiana risalga a qualche anno fa.
Quella che oggi è probabilmente la band araba contemporanea più famosa all’estero nasce nel 2008 da una delle tante jam session estemporanee al campus dell’Università Americana di Beirut. Tredici anni dopo, quel “progetto di una notte” conta quattro album in studio, un EP e ammiratori in tutto il mondo.
Sin dai loro primi concerti, dagli scantinati di Bourj Hammoud (quartiere a maggioranza armena di Beirut) ai palchi internazionali, i Mashrou’ Leila hanno fatto parlare di loro: per i loro testi satirici, dal linguaggio politico e sessuale esplicito; per il coming out del cantante; per la diversità che rappresenterebbero, un piccolo spaccato della complessità libanese (libanesi, ma con origini armene, giordane, venezuelane); per le loro carriere laterali, da architetti, registi, scrittori, designer; per i concerti sold-out e per quelli che non sono mai stati autorizzati o sono stati annullati per ragioni di “ordine pubblico e morale”; per qualche persona del loro pubblico, arrestata per aver sventolato bandiere arcobaleno; per le copertine, i loro video, le loro interviste, e tanto altro.
Una band che non lascia indifferenti e che piace tanto, troppo, all’estero. A tal punto che il gruppo stesso passa sovente in secondo piano, sovrastato dalle esotiche valenze che gli si vuole a tutti i costi appioppare. Eccoli trasformati nella «band delle primavere arabe» o, il cantante, nel «Freddie Mercury del Medio Oriente». Su questo punto, le sorti del gruppo non distano molto da quelle dello stereotipato Libano e della sua capitale.
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Se qualcosa si può davvero evidenziare della band, è la sua “libanesità”. Più precisamente, soprattutto i primi album sono particolarmente “beirutini”. La città è onnipresente nelle loro canzoni, e il Paese intero è spesso lo sfondo implicito dei loro testi.
Nella canzone di oggi, lo sfondo libanese è più che esplicito. Sì, è vero. Li-l-watan è una scelta un po’ scontata: dici Mashrou’ Leila e politica, e il pensiero corre direttamente a questo brano satirico. Eppure proprio il suo messaggio un po’ descrittivo, un po’ profetico è risuonato molto nelle proteste libanesi dell’ottobre 2019 e, nonostante i recenti successi, è la loro seconda canzone più cliccata su YouTube (la prima, Fasateen fu quella che li rese celebri al grande pubblico).
Li-l-watan (“Per la Patria”) rimanda all’inno nazionale libanese (Kullunā li-l-watan “Tutti noi per la Patria”), ed è un attacco alla sordità della classe politica libanese, che respinge, «per il bene della Patria» le richieste di riforma e progresso, invitando piuttosto a distrarsi («smettila, e vieni a ballare»), ma anche a un certo edonismo che non si preoccupa dei problemi reali del Paese.
Molto efficace il pluripremiato (e più che verosimile) videoclip diretto da Areej Mahmoud, in ripresa continua (one-take), che riproduce la dinamica tra gli elettori libanesi e i loro politici: una sensuale danzatrice del ventre tenta di catturare (riuscendoci!) tutta l’attenzione del pubblico, lasciando in secondo piano la band e il decennale malfunzionamento della politica libanese.
Buon tarab!
Canzone: Li-l-watan
Artista: Mashrou‘ Leila
Anno: 2013
Nazionalità: Libano
Scorri verso il basso per leggere il testo tradotto in italiano e l'originale arabo.
Qui tutte le precedenti puntate.
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Per la Patria
Altri hanno domato uragani, per controllare il [loro] destino
Mentre noi siamo spazzati via da una brezza e retrocediamo verso la distruzione
Ma se appena t’azzardi a chieder conto del deteriorarsi della situazione
Ti mettono a tacere con tutti i loro slogan sulle cospirazioni
Il gregge ti accusa di tradimento ogni volta che chiedi cambiamenti per la Patria
Ti esasperano fino a farti vendere le tue libertà pur di salvare la Patria.
Te l’han detto! Basta predicare, vieni a farmi ballare un po’
Perché stai lì, tutto corrucciato, vieni a farmi ballare un po’
Ti hanno insegnato l'inno,[1] ti han detto che i tuoi sacrifici[2] sono utili per la Patria
Ti han sedato per endovena; ti han detto che la tua letargia è utile per la Patria
Te l’han detto! Basta predicare, vieni a farmi ballare un po’
Perché stai lì, tutto corrucciato, vieni a farmi ballare un po’
للوطن
غيرنا روّض أعاصير ليتحكّم بالمصير
نحن من نسيم منطير ومنرتدّ على التدمير
بسّ تتجرّأ بسؤال عن تدهور الأحوال
بيسكتوك بشعارات عن كلّ المؤامرات
خوّنوك القطيع كلّ ما طالبت بتغيير الوطن
يأسوك حتّى تبيع حرّياتك لما يضيع الوطن
قالولك حاج تبشّر تعا رقّصني شويّ
ليش مكشّر تعا رقّصني شويّ
علّموك النشيد قالوا صراعك مفيد للوطن
خدّروك بالوريد قالوا خمولك مفيد للوطن
قالولك حاج تبشّر تعا رقّصني شويّ
ليش مكشّر تعا رقّصني شويّ
[1] L’inno nazionale libanese, l’omonimo Kullunā li-l-watan.
[2] Sirā‘ può indicare, più letteralmente, la “lotta”, lo “sforzo”, le “fatiche”.