Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:41:03

Si è concluso il secondo anno del corso “Nuove presenze religiose: un percorso di integrazione”, itinerario di formazione alla cittadinanza e al dialogo con le istituzioni coordinato dal FIDR (Forum Internazionale Democrazia e Religioni), con il sostegno della Compagnia di San Paolo, patrocinato dal Ministero dell’Interno e rivolto ai referenti delle comunità islamiche presenti in Italia. Promotori dell’iniziativa, giunta al secondo anno di tre previsti, e membri del comitato scientifico sono stati alcuni docenti degli atenei aderenti al FIDR (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Università degli Studi di Milano, Università del Piemonte Orientale, Università dell’Insubria e Università degli Studi di Padova). Il corso è stato strutturato in una serie di cinque incontri annuali, svolti tra Varese e Alessandria. Trenta i partecipanti al primo anno, metà dei quali ha preso parte anche al secondo insieme a quindici nuovi corsisti. Il percorso di formazione si è sviluppato da un lato tra lezioni e incontri con esperti, a livello europeo e italiano, su tematiche legate alla presenza islamica in Europa, con rappresentanti delle istituzioni italiane locali e nazionali, con docenti universitari, scrittori e giornalisti, e dall’altro con dibattiti, workshop di confronto e condivisione di buone pratiche, prospettive e proposte per affrontare i temi della presenza islamica in Italia, come quelli legati ai luoghi di culto, ai ministri del culto, all’educazione religiosa e a quella scolastica, all’integrazione e al dialogo interculturale. Positivo il coinvolgimento attivo delle diverse componenti della comunità musulmana in Italia: erano rappresentate sia le principali associazioni a livello nazionale, ovvero la CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana, il Centro Islamico Culturale d’Italia, l’Unione dei Musulmani d’Italia (UMI) e l’Unione delle Comunità Islamiche in Italia (UCOII), ma anche realtà significative per presenza e contributi come l’Associazione Culturale Islamica Muhammadiyyah di Brescia che riunisce il maggior numero di musulmani di origine pakistana, l’Associazione Alba che riunisce i musulmani turchi, e l’Associazione Ahmadu Bamba, una delle principali organizzazioni dei musulmani senegalesi. Una varietà ampia che ha cercato di rappresentare la ricchezza di caratteri presenti nell’Islam: musulmani d’Italia di provenienza marocchina e algerina, tunisina e egiziana, siriana e giordana, bosniaca e turca, pakistana e naturalmente quegli stessi musulmani che sono italiani di origine. Questa presenza eterogenea ha consentito di valorizzare gli incontri non soltanto nell’aspetto della formazione giuridica e sociale nel contesto italiano volta a migliorare la qualificazione delle relazioni della comunità islamica nei confronti della società, ma anche come un’occasione di dialogo intra-religioso, un’occasione di conoscenza che ha contribuito a rafforzare la fratellanza e la collaborazione tra i musulmani nel nostro Paese. La sfida dell’integrazione di diverse componenti nel contesto laico dello Stato italiano è per i musulmani soprattutto data dalla ricerca del giusto equilibrio tra l’applicazione degli insegnamenti spirituali della propria tradizione religiosa e il rispetto sia delle diversità interne alla stessa ummah islamica, sia delle altre comunità religiose, a iniziare da quella ebraica e quella cristiana. Temi come l’esercizio del culto, il ruolo delle guide religiose, la dinamica economica e giuridica nelle comunità islamiche, le attività culturali e il dialogo interreligioso, la presenza negli ambienti lavorativi, il contributo all’immagine della comunità islamica nei mezzi di comunicazione, il dialogo e la rappresentanza con le istituzioni dello Stato sono il terreno di un lavoro necessario da portare avanti negli anni a venire. Un auspicio espresso dai partecipanti nel contesto del corso FIDR è la costituzione di una piattaforma di comunicazione e rappresentanza delle diverse comunità islamiche in Italia che possa portare all’individuazione di un interlocutore per le istituzioni, nella prospettiva dell’Intesa tra lo Stato italiano e la comunità islamica, come in diverse forme già è stato possibile nella maggior parte dei paesi europei. Tutto questo a patto che non si dimentichi la finalità di custodire anche in Italia una presenza religiosa. Tra gli elementi importanti emersi nei primi due anni di corso c’è infatti la chiarezza che integrazione non significa secolarizzazione e che la fedeltà ai principi religiosi non è sinonimo di integralismo. La Costituzione italiana riconosce e garantisce la legittimità e il valore del pluralismo religioso, così come dal canto suo la tradizione islamica richiede ai credenti di rispettare le leggi del Paese nel quale vivono e di contribuire attivamente alla vita della società. Tra i suggerimenti per i possibili miglioramenti condivisi dalla maggior parte dei corsisti fin dai primi incontri, vi è senz’altro la necessità di evitare, tra i metodi della formazione, modalità di indagine psico-sociologiche di simulazione delle problematiche per indurre la correzione dei comportamenti, per il rischio che tali metodi hanno di ignorare la sensibilità spirituale dei partecipanti. In secondo luogo la possibilità di completare anche dal punto di vista della teologia e della dottrina islamica gli argomenti dei corsi attraverso l’introduzione di uno o più moduli specifici sugli insegnamenti teologici, sapienziali e interreligiosi dell’Islam, passo che può costituire un valore aggiunto per la formazione degli imam come guide religiose musulmane nel contesto italiano.