Autore: Giorgio Paolucci, Camille Eid
Titolo: I cristiani venuti dall'Islam. Storie di musulmani convertiti
Editore: Piemme, Casale Monferrato, 2006 pp. 220
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:51:25
Ricevendo l'Ambasciatore del Marocco il 20 febbraio 2006, Benedetto XVI ha sollecitato il "rispetto delle altrui convinzioni e pratiche religiose, affinché in maniera reciproca, in tutte le società, sia realmente assicurato a ciascuno l'esercizio della religione liberamente scelta". È un richiamo esplicito alla libertà religiosa come componente fondamentale della convivenza internazionale e del dialogo interreligioso, tema caro a Papa Ratzinger e che ha segnato il lungo pontificato di Giovanni Paolo II. È in questo orizzonte che si colloca il "nodo" dell'apostasia nell'Islam, il quale nelle sue declinazioni classiche e nella mentalità dominante nel mondo musulmano contemporaneo proibisce di cambiare religione. L'apostasia viene sanzionata con la pena di morte in Arabia Saudita, Iran, Sudan, Afghanistan, Yemen e Mauritania, mentre in altri paesi sono previsti il carcere o varie limitazioni nell'ambito del diritto di famiglia e di quello successorio, nell'esercizio dei diritti civili e della funzione pubblica. Può accadere che l'apostata perda il posto di lavoro, subisca il sequestro dei beni o la sottrazione dei figli (i quali devono essere educati islamicamente). In definitiva, quello che la tradizione musulmana condanna come un peccato, viene sanzionato a livello giuridico come un reato, coerentemente con quella sovrapposizione tra il piano religioso e quello civile, tipica di molta parte della storia musulmana. Secondo un detto attribuito a Maometto, ogni uomo nasce musulmano: perciò l'apostata rinnega la sua identità più profonda, e nel contempo arreca danno alla umma, a quella che il Corano definisce come la migliore comunità che Dio abbia donato agli uomini. Per questo dev'essere punito, e se lo Stato non interviene non è raro che singoli musulmani si sentano in dovere di farlo, praticando una sorta di giustizia privata in nome di Allah, che può arrivare fino all'uccisione del "traditore". Peraltro molti intellettuali musulmani contestano che la punizione degli apostati abbia un fondamento coranico e sottolineano come dietro le accuse che vengono loro rivolte si nasconda la volontà di mettere fuori gioco avversari politici o intellettuali scomodi. In questo senso il dibattito contemporaneo sull'apostasia si inserisce nel travaglio dell'Islam contemporaneo, che da decenni deve fare i conti con la crescente influenza delle correnti fondamentaliste e con le derive terroristiche. Un quadro documentato di questo dibattito viene offerto dal gesuita Samir Khalil Samir nella prefazione al volume I cristiani venuti dall'Islam. Storie di musulmani convertiti scritto da Giorgio Paolucci e Camille Eid. Il fenomeno delle conversioni dall'Islam, quasi completamente ignorato dai mass media, viene scandagliato in questo lavoro con dovizia di particolari: all'analisi della situazione giuridica riguardante l'apostasia nei diversi paesi islamici si accompagnano numerose testimonianze raccolte in Italia e nel mondo, che smontano il luogo comune secondo cui l'Islam sarebbe un blocco monolitico, immutabile e impermeabile. Il fascino che l'Avvenimento cristiano esercita da duemila anni a ogni latitudine, penetra anche nel cuore di tante persone cresciute nella tradizione musulmana e le induce a confrontarsi con la "provocazione" del Dio fattosi uomo e compagno dell'umanità. E accade così, come alcuni convertiti raccontano nelle pagine del libro, che il battesimo diventi il compimento della ricerca del Mistero e insieme un "nuovo inizio". Il volume è un contributo originale a tenere desto il dibattito sulla libertà religiosa, illuminando una realtà molto diffusa ma poco nota, anche per la situazione di semiclandestinità in cui sono costretti a vivere molti "neocristiani". E nella sua articolazione aiuta a comprendere quanta strada ci sia ancora da percorrere perché trovi piena applicazione l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei Diritti dell'Uomo: «Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare isolatamente o in comune, sia in pubblico sia in privato, la propria religione o il proprio credo, nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti».