Un viaggio nella storia e nell'ideologia dell'Isis
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:08:21
Recensione di William McCants, The Isis Apocalypse. The History, Strategy, and Doomsday Vision of the Islamic State, St. Martin's Press, New York 2015
The Isis Apocalypse, tra i migliori libri finora usciti su Isis, accompagna il lettore in un tour virtuale dello Stato Islamico dalle origini a oggi, scrutando le oscure allusioni alla storia e alla teologia islamica che ricorrono negli scritti dei suoi ideologi.
Dalla storia medievale ha tratto ispirazione Abū Mus‘ab al-Zarqāwī, lo spietato e sanguinario ex leader di al-Qaida in Iraq, ammiratore di Nūr al-Dīn Zengī (Norandino), il grande avversario dei crociati nella Siria del XII secolo. Dopo l’invasione americana del 2003, Zarqāwī decide di riproporne le gesta lanciando una campagna di terrore contro i moderni “crociati” e i loro alleati musulmani che crea i presupposti per la nascita dello Stato Islamico in Iraq.
McCants documenta egregiamente la cautela della leadership di al-Qaida, e in particolare di Osama Bin Laden, rispetto al progetto di Zarqāwī. Ammaestrato da fallimenti precedenti, Bin Laden ammonì a più riprese il gruppo iracheno circa il pericolo insito nella proclamazione prematura di un vero e proprio Stato jihadista, che per la sua stessa natura si sarebbe immediatamente attirato una risposta militare internazionale. L’“attrazione fatale” per lo Stato islamico, punto d’approdo di tutta l’utopia jihadista, ebbe la meglio sulla messa in guardia di Bin Laden. Zarqāwī però rimase ucciso prima di poter realizzare il proprio progetto e la proclamazione dello Stato Islamico toccò al suo successore Abū Ayyūb al-Masrī, che affidò la guida della neonata entità ad Abū ‘Umar al-Baghdādī: era il 15 ottobre 2006. Qualche mese dopo furono issate per la prima volta le famose bandiere nere, che per la fattura e il colore ricordavano quelle utilizzate dal Profeta e dai califfi abbasidi. Inizialmente però la profezia di Bin Laden sembrò realizzarsi: privo di una solida base popolare, ed essendosi inimicato le tribù sunnite, lo Stato Islamico perse rapidamente terreno: gli analisti – e anche i jihadisti rimasti legati ad al-Qaida – lo liquidavano sprezzanti come uno “Stato di carta” e un giorno persino la moglie yemenita di al-Masrī avrebbe domandato polemica al marito: «Dov’è questo famoso Stato Islamico di cui parli? Viviamo nel deserto!» (p. 42).
Lo stile autoritario e arrogante di al-Masrī e al-Baghdādī, la loro brutalità e il fervore apocalittico che li animava (in varie occasioni essi ordinarono di attaccare battaglia in condizioni di grande svantaggio nella convinzione che a salvarli sarebbe intervenuto il Mahdī – il Messia musulmano) misero ben presto fine al tentativo. Dal fallimento dei predecessori e dalla mutata condizione geopolitica seppe trarre insegnamento Abū Bakr al-Baghdādī, trasformando le rovine dello “Stato di carta” nel califfato, proclamato il 29 giugno 2014. Secondo McCants, la nuova leadership di Isis ha gradualmente posto in secondo piano nel suo discorso la figura del Mahdī sostituendola con quella del califfo. La dimensione millenaristica quindi, pur continuando a essere presente, è stata rinviata nel tempo, in quanto secondo una tradizione islamica 12 califfi retti si succederanno prima della fine del mondo.
Il libro ha il grande pregio di illustrare i fatti partendo dall’analisi dei documenti originali – dichiarazioni di ideologi salafiti, scambi di lettere tra Bin Laden e i leader di al-Qaida in Iraq intercettate dai servizi segreti americani, diatribe nate su forum jihadisti e sui social network – e da conversazioni con detenuti o ex-detenuti jihadisti. Manca, purtroppo, un approfondimento del rapporto dello Stato Islamico con i musulmani non jihadisti e un’analisi del trattamento riservato alle minoranze religiose, di cui nel libro non si fa parola.
Malgrado queste riserve, in un’epoca in cui spesso la letteratura sullo Stato Islamico non va oltre gli instant books, The Isis Apocalypse è uno strumento fondamentale per comprendere l’azione di Isis e l’ideologia che la anima.
Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis
Per citare questo articolo
Riferimento al formato cartaceo:
Redazione Oasis, Dallo “Stato di carta” allo “Stato Islamico”, «Oasis», anno XII, n. 23, giugno 2016, pp. 136-137.
Riferimento al formato digitale:
Redazione Oasis, Dallo “Stato di carta” allo “Stato Islamico”, «Oasis» [online], pubblicato il 21 giugno 2016, URL: https://www.oasiscenter.eu/it/dallo-stato-di-carta-allo-stato-islamico.