La presenza dell'Islam nello spazio pubblico italiano è attraversata da diverse correnti
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:08:00
Recensione di Bartolomeo Conti, L’islam en Italie. Les leaders musulmans entre intégration et séparation, L'Harmattan, Parigi 2014
Bartolomeo Conti, sollecitato da un incontro con il professor Stefano Allievi, “mette piede” in alcune delle tante moschee e centri islamici che esistono in Italia, per cercare di colmare una lacuna scientifica importante e dare la parola direttamente ai musulmani. Una ricerca sul campo approfondita ed esaustiva, il cui merito è riconosciuto anche da Farhad Khosrokhavar, direttore di ricerca alla EHESS, nella sua prefazione.
Il libro racconta i percorsi complessi e spesso accidentati, differenti, a volte divergenti, dei musulmani in Italia e le loro conseguenze rispetto all’inclusione o al rigetto dell’Islam nella società italiana. Conti comincia con l’analizzare i processi che hanno interessato e modificato l’Italia da quando, a partire dalla fine degli anni Settanta, si è trasformata da Paese di emigrazione a Paese di immigrazione, focalizzandosi in particolare sulla presenza dell’Islam nello spazio pubblico italiano. L’Islam, infatti, rappresenta oggi la seconda religione del Paese e la presenza di un numero sempre più consistente di famiglie, così come di seconde generazioni, giovani italiani di fede islamica, spinge i fedeli musulmani a uscire dallo spazio privato, dalla marginalità e dall’isolamento, che avevano caratterizzato la prima fase della migrazione, per assumersi nuove responsabilità nei confronti della società in cui vivono.
Il nuovo Islam che si sta costruendo in Italia appare, così, sempre meno orientato ai Paesi di origine. Attraverso il punto di vista dei leader musulmani intervistati, Bartolomeo Conti ricostruisce la complessità dell’Islam italiano, contro una visione monolitica dell’Islam, troppo spesso presente nei media. Riconosce i processi in atto di cittadinanza e appropriazione dello spazio pubblico e i conflitti che questa presenza ha innescato. La ricerca e le interviste ai leader sono state ristrette a comunità residenti in quattro regioni italiane, tre nel Centro (Lazio, Umbria, Toscana) e una al Nord (Emilia Romagna). Nell’analisi, Conti distingue tre livelli: locale, nazionale e transnazionale. L’interazione di questi tre livelli permette all’autore di mostrare l’ambivalenza di alcune posizioni, tra aperture e chiusure, conflitti e compromessi, molteplici sfaccettature dell’identità.
Tra le questioni affrontate nel libro, il dibattito sulla costruzione delle moschee, la formazione degli imam e la presenza dell’Islam nello spazio pubblico locale. Per quanto riguarda il primo aspetto, nel libro, si fa riferimento a due diverse esperienze, Bologna e Firenze, mettendo in evidenza il ruolo chiave delle autorità locali nel dialogo con l’Islam. Mentre a Bologna il dibattito sulla costruzione della moschea ha scatenato un dibattito dai toni particolarmente accesi, alimentando anche un discorso anti-islamico e un ripiegamento della comunità islamica su sé stessa, a Firenze la formula partecipativa scelta ha cercato di integrare e far dialogare tutte le parti interessate alla costruzione della moschea nella città per raggiungere un consenso. In questo caso, il dibattito ha contribuito a legittimare la presenza dell’Islam nello spazio pubblico e ha favorito l’apertura della comunità islamica verso la città. Di conseguenza, secondo l’autore, l’idea di costruzione della moschea è stata rifiutata a Bologna, mentre a Firenze è stata vista come “moschea della città”. Un altro tema centrale nel dibattito sull’Islam in Italia tocca la formazione degli imam, come evidenziato anche dalle interviste. In particolare, due sono i punti chiave del dibattito: il rapporto con i Paesi di origine dei migranti o con alcune organizzazioni transnazionali, e la pretesa degli imam di rappresentare “il vero Islam”. Secondo l’autore, il non aver dato sufficiente importanza alla formazione di una vera leadership è probabilmente il più grave errore strategico commesso dalle componenti della variegata comunità islamica durante i suoi trent’anni d’esistenza.
L'integrazione e la coesistenza pacifica con l’Islam dipendono, infatti, in Italia come negli altri Paesi europei, dal comportamento dei leader musulmani a livello locale e dal tipo di rapporto che instaurano con il contesto secolare. Il livello locale, i rapporti quotidiani con il quartiere dove i musulmani vivono o ha sede il centro islamico, il grado di integrazione sul posto di lavoro o a scuola, ma anche le forme di collaborazione sviluppate con le istituzioni e la società civile sono, dunque, aspetti fondamentali. Conti fa notare come l’Islam italiano sia profondamente connotato da specificità locali, derivanti anche dalle differenze regionali, molto forti in Italia. Mostra anche come il grado di integrazione di una moschea nel tessuto cittadino dipenda dal tempo di permanenza, ma anche dal livello di conflitto scatenato dalla sua presenza e soprattutto dall’atteggiamento del leader della moschea.
I capitoli conclusivi aiutano a fare luce sulle sfide e le minacce avvertite dall’Islam e dai suoi leader in Italia. Tutti i leader intervistati fanno riferimento, ad esempio, allo sfruttamento della paura e alla conseguente islamofobia fomentata da alcuni politici italiani. Se una minoranza intende separare religione e politica, la questione palestinese continua a catalizzare l’attenzione della maggior parte di essi. Dibattuta è la questione della responsabilità dell’Islam per ciò che è commesso in suo nome in alcuni Paesi musulmani (e non soltanto) così come varie sono le opinioni rispetto al possibile adattamento dell’Islam al contesto o l’abbandono di alcune pratiche, tra cui ad esempio le punizioni corporali (hudûd), in chiaro contrasto con la moderna concezione dei diritti umani.