Madawi Al-Rasheed, A Most Masculine State. Gender, Politics, and Religion in Saudi Arabia, Cambridge University Press, New York 2013
Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:37:51
Se negli ultimi anni la questione femminile in Arabia Saudita ha attirato sempre più interesse, sono ancora pochi i lavori che la affrontano alla luce delle dinamiche endogene, delle contraddizioni e dei paradossi di un Paese che, pur avendo assunto un ruolo più incisivo a livello globale, deve fare i contri al suo interno con importanti sfide. A Madawi Al-Rasheed va riconosciuto il merito di proporre una lettura storica e culturale che consente di comprendere il ruolo della donna saudita al di là degli stereotipi esistenti. Il volume prende avvio da un’analisi dal modello statuale saudita, nato al di fuori dell’esperienza coloniale, in cui il nazionalismo religioso interagisce con fattori sociali e culturali. Si colloca in questo quadro la proclamata specificità (khusûsiyya) saudita, che viene innanzi tutto indagata a partire dalla centralità di alcune figure femminili e del loro ruolo di guide morali. Capitolo dopo capitolo si delinea l’intima relazione tra genere, politica, religione e Stato. Le donne saudite non sono raffigurate come vittime, ne è posta particolare enfasi sull’eccezionalità della loro condizione rispetto ad altre realtà. Emerge piuttosto la pluralità sia dei loro punti di vista che degli attori e istituzioni che influiscono sulla definizione della loro posizione attraverso una serie di interessi e progetti non di rado in conflitto tra loro (istituzioni religiose, forum economici, media), ciò che, secondo l’autrice, ha finora impedito finora il raggiungimento di un sostanziale consenso sulle riforme più urgenti. L’evoluzione della questione femminile è ripercorsa nelle sue principali tappe, dal rigido controllo e dalle restrizioni degli anni ’80 del XX secolo, segnati peraltro da una proliferazione di fatwe incentrate proprio sulla donna, al processo che, avviato dopo l’11 settembre anche per effetto delle pressioni internazionali, ha prodotto una nuova articolazione delle relazioni tra l’universo femminile e lo Stato. Le varie tendenze e sfumature che caratterizzano “il mondo delle donne” vengono ricondotte a due principali gruppi: le “liberali” e le “islamiste”. Profondamente diverse per stili di vita, modelli di riferimenti e aspirazioni, sia le une che le altre ritrovano nello Stato il garante e il difensore delle proprie rivendicazioni. La lettura è resa gradevole dall’abilità dell’autrice di arricchire l’analisi con descrizioni di vicende e particolari spesso ignorati al di fuori della ristretta cerchia di quanti conoscono l’Arabia Saudita dall’interno, e con stimolanti incursioni nel mondo della narrativa. Quest’ultima rappresenta un punto di riferimento importante per l’opinione pubblica della regione e un aspetto tutt’altro che trascurabile anche per l’analisi politica: per far sentire la propria voce, la donna ha infatti trovato nella produzione letteraria, e più recentemente nell’uso dei nuovi media, un’alternativa all’impossibilità di agire attraverso le organizzazioni della società civile. Il mondo delle donne islamiste è il tema del settimo ed ultimo capitolo, in cui si rileva il nodo con cui deve confrontarsi la società saudita nel XXI secolo: non una lotta di donne emarginate e discriminate contro politiche misogine e autoritarie, ma una lotta tra donne, tese a far prevalere la propria visione del ruolo femminile nella sfera pubblica. Sullo sfondo di tutto ciò, lo Stato, nonostante la persistenza di un radicato maschilismo, si trova costretto a “femminilizzarsi” per rafforzare la propria legittimità. Nel lungo periodo, la sfida più grande della donna saudita sarà il superamento di questo femminismo sponsorizzato dallo Stato, un processo che non può prescindere dal coinvolgimento della forza lavoro femminile nell’economia, e che, come conclude Al-Rasheed con una nota di ottimismo, non impedisce oggi di vedere una luce alla fine del tunnel.