Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:36:46
Autore: Olivier Roy Titolo: La santa ignoranza. Religioni senza cultura Editore: Feltrinelli, Milano 2009 Originalefrancese: La sainte ignorance. Le temps des religions sans culture Editore: Seuil, Paris 2008 Per anni gli studiosi hanno scommesso sulla scomparsa di Dio dalla storia umana. La modernizzazione – sostenevano – comporta un progressivo abbandono delle credenze religiose, inevitabilmente destinate a essere soppiantate da spiegazioni più scientifiche e razionali della realtà. Si è parlato allora di morte di Dio, della sua eclissi, di disincanto del mondo e di desacralizzazione. La previsione aveva portata universale: il processo di secolarizzazione, iniziato nell’Occidente cristiano, avrebbe progressivamente investito tutto il globo. E laddove il permanere di qualche forma di culto o sentimento religioso rischiava di smentire la teoria, lo si liquidava parlando di fenomeni residuali. In realtà, il pronostico era per certi versi corretto: se la fede non è scomparsa, certo si è privatizzata e la pratica religiosa è scemata. Poi però è arrivato l’Islam, si è assistito alla grande diffusione delle religioni orientali, si sono moltiplicate le forme di Cristianesimo evangelico. Più in generale si sono viste le religioni riaffacciarsi sullo spazio pubblico e si è cominciato a discutere di re-incanto del mondo, di ritorno di Dio, di risveglio religioso. In questo dibattito interviene Olivier Roy, che, sulla scia delle indagini giovanili sul rapporto tra Cristianesimo e cultura e dei suoi approfonditi studi sulle varie forme di radicalismo e fondamentalismo islamico, consegna al pubblico una riflessione generale sulla natura delle religioni nell’epoca post-secolare. Lo fa però con una teoria che rifiuta l’ipotesi del risveglio religioso. Secondo Roy infatti, la secolarizzazione non cancella le religioni, ma contribuisce al contrario alla loro produzione anche se con una fisionomia nuova. Espellendo il religioso dallo spazio pubblico e separandolo dalla cultura, essa lo isolerebbe in una forma “pura”. Non si può perciò propriamente parlare di un suo ritorno, ma solo di una mutazione. Il divorzio tra religione e cultura genera quella che Roy definisce la santa ignoranza: un rifiuto da parte del religioso di esprimersi culturalmente che, «se spinto agli estremi, si trasforma in diffidenza verso lo stesso sapere religioso, tramite l’idea che la conoscenza non è necessaria per raggiungere la salvezza e può addirittura risultare dannosa per la fede». Sull’onda della globalizzazione tale sviluppo dà origine a una «formattazione» delle religioni, che, pur nella loro varietà, tendono a esprimersi secondo schemi omogenei: deterritorializzazione, separazione e ricombinazione di «marcatori religiosi» e «marcatori culturali», rifiuto della mediazione del sapere teologico a vantaggio di una “ispirazione diretta”, prevalere della norma sulla cultura, esasperazione identitaria. Ecco perché, secondo Roy, non ha senso parlare di multiculturalismo, dal momento che le culture che si vorrebbero preservare sono già l’esito di una standardizzazione. Di qui il successo delle religioni globali, come il Cristianesimo evangelico o l’Islam salafita, slegate da ogni contesto culturale e prive di qualsiasi preoccupazione di “inculturazione”. Per spiegare questo processo l’autore ricorre a una lunga serie di esempi, a tutto vantaggio di uno stile accattivante e della solidità della tesi di fondo. L’impressione tuttavia è che nel tentativo di voler spiegare tutto attraverso tale chiave di lettura Roy commetta qualche forzatura. Per esempio è difficile voler fare rientrare a tutti i costi nella griglia della “santa ignoranza” l’evoluzione del Cattolicesimo contemporaneo, quando a partire dal Magistero più recente, dalla Gaudium et Spes a Giovanni Paolo II e Ratzinger-Benedetto XVI, ci sarebbe materiale per dimostrare un’attenzione al rapporto tra fede e cultura del tutto peculiare. Ma il suo libro rimane una lettura fondamentale per chiunque voglia confrontarsi con uno dei fenomeni più rilevanti e interessanti dell’attuale frangente storico.