Con la sua pretesa di rappresentare una religiosità autentica, il salafismo esercita un fascino potente sulle giovani generazioni di musulmani europei, ai quali sembra in grado di offrire una certezza etica in un mondo confuso e in rapida trasformazione

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Ultimo aggiornamento: 18/06/2024 16:51:32

Con la sua pretesa di rappresentare una religiosità autentica e incontaminata, il salafismo esercita un fascino potente sulle giovani generazioni di musulmani europei, ai quali sembra in grado di offrire una certezza etica in un mondo confuso e in rapida trasformazione. L’esempio del Regno Unito mostra come si è diffusa questa interpretazione dell’Islam, di quali supporti internazionali abbia beneficiato e a quali correnti abbia dato vita.

 

 

A causa degli atti terroristici commessi da musulmani e ispirati da reti globali come al-Qaida e ISIS, nell’ultimo decennio i dibattiti sull’Islam in Europa sono stati dominati dalle preoccupazioni in materia di sicurezza. In particolare, gli islamisti politicizzati e i salafiti ultraconservatori sono stati collegati a questi movimenti internazionali, finendo al centro dell’attenzione politica e mediatica. Soprattutto il salafismo è stato accusato di fornire l’ideologia religiosa che motiva razionalmente la violenza terrorista. Questo articolo propone una breve panoramica sulla fede e sulle pratiche dei salafiti, e descrive la migrazione, l’insediamento e lo sviluppo del salafismo in Gran Bretagna e le sue possibili traiettorie future.

 

 

Un nuovo paradigma religioso

 

Nonostante la crescita della letteratura accademica al riguardo, il salafismo sembra disorientare analisti e commentatori, che hanno frainteso le sue sfumature religiose e le sue differenze interne[1]. Lo scenario è ulteriormente complicato dal fatto che alcuni salafiti propugnano la coesistenza pacifica, mentre altri impiegano la violenza per realizzare il cambiamento sociale. In ogni caso è importante riconoscere che il salafismo come paradigma religioso si è evoluto nel corso del tempo e che va letto nel contesto delle sue affermazioni teologiche e del suo sviluppo storico.

 

Il termine salafismo si riferisce a un sistema dottrinale interno all’Islam sunnita «fondato sugli insegnamenti puri e inalterati del Corano, della Sunna (tradizione profetica) e delle pratiche delle prime generazioni di musulmani (i Salaf[2]. La venerazione per questi musulmani delle origini si fonda sulla loro prossimità cronologica al periodo profetico, sulla loro religiosità esemplare e sul loro impegno nella prima espansione territoriale del potere islamico. Ciò ha portato alcuni eminenti teologi a suggerire l’esistenza di una relazione causale tra la fede dei “pii antenati” e il loro successo nel costituire i primi imperi islamici.

 

Caratteristica distintiva del salafismo è l’insistenza sulla correttezza e sulla purezza della fede e delle opere. Il desiderio d’igiene religiosa si traduce in discorsi sulla purezza del credo, del corpo e delle interazioni sociali, oltre a manifestarsi in una linea di demarcazione stabile tra musulmani e non-musulmani e tra musulmani “puri” e “impuri”. L’idea della purezza teologica, contenuta nello slogan del “ritorno al Corano e alla Sunna”, è uno dei concetti centrali del repertorio linguistico dei salafiti e in modo indiretto allude all’impurità/inadeguatezza dei musulmani non-salafiti. Semplice e seducente, essa sottolinea l’importanza di riferirsi direttamente alle due fonti testuali di autorità dell’Islam: il Corano e gli hadīth, assomigliando per certi versi ad alcune forme di letteralismo protestante, che insistono sulla chiarezza delle scritture e sulla loro accessibilità per i lettori laici.

 

Oltre che sul letteralismo scritturale, il salafismo poggia su una serie di coppie di opposti: tawhīd (unicità di Dio) contro shirk (politeismo); fedeltà alla Sunna profetica (comportamento personale) in materia di rituale religioso contro bid‘a (innovazione religiosa), con il conseguente rifiuto di gran parte della storia intellettuale musulmana e di alcuni capisaldi della modernità, come la razionalità, le scienze umane o il liberalismo, che sono considerati una bid‘a suscettibile di contaminare l’Islam. Nel loro particolare schema teologico, questi concetti assumono un’importanza critica, dal momento che il tawhīd sta alla base della dottrina per cui solo Dio ha diritto di essere adorato, mentre i musulmani devono proteggersi dallo shirk. Ne consegue che i salafiti sono spesso accusati dagli altri musulmani di essere arroganti e di pretendere di detenere il monopolio della vera interpretazione dell’Islam, e dunque di ritenere i musulmani non-salafiti colpevoli di forme minori di shirk. A farne le spese è il pluralismo religioso, dal momento che i salafiti sarebbero gli unici a praticare veramente lo stile di vita dei salaf.

 

 

Varianti globali e manifestazioni locali

 

Il salafismo è un fenomeno particolarmente eterogeneo e comprende tendenze e orientamenti diversi, che vanno dal quietismo all’attivismo politico, fino al jihadismo violento. All’origine di questo spettro si trovano approcci diversi al fiqh (giurisprudenza), al manhaj (metodo di riforma religiosa) e alla politica, anche se le varie correnti sono piuttosto affini in materia di ‘aqīda (il credo). Queste differenze sono emerse in modo plastico sulla scia delle rivolte arabe del 2011, quando i salafiti hanno partecipato al processo elettorale in Egitto ottenendo quasi il 25 per cento del voto popolare, pur avendo dichiarato in precedenza che la partecipazione alla politica democratica era harām (religiosamente illecita). Il loro ingresso in ambiti secolari è indice di alcuni adattamenti che hanno interessato i salafiti politicamente orientati, i quali vedono questo passaggio come un modo per rafforzare la propria posizione tra correnti religiose rivali come la Fratellanza musulmana e per acquisire il potere necessario a dar vita a società più islamicamente virtuose. A causa dei suoi riferimenti intellettuali e del diverso contesto socio-politico, il salafismo in Arabia Saudita si è manifestato in modo diverso dai suoi equivalenti egiziani e yemeniti.

 

La letteratura prodotta dai gruppi salafiti illustra svariate preoccupazioni, che vanno da interrogativi banali a domande politicamente sensibili, ad esempio se essi debbano astenersi dall’acquistare i prodotti israeliani o se sia accettabile per un buon musulmano impegnarsi per rovesciare un governo musulmano che non riesce ad applicare completamente la sharī‘a[3].

 

Lo studioso Sami Amghar ha osservato che in Europa il salafismo può essere diviso in tre correnti. La prima è quella che lui chiama “salafismo della predicazione”, che privilegia la missione e l’insegnamento religioso. La seconda è il “salafismo politico”, che mette in primo piano l’attivismo politico e sociale, e la terza è rappresentata dal “salafismo rivoluzionario”, decisamente minoritario, che colloca il jihād al centro della fede religiosa. Ognuna di queste correnti mantiene una specifica relazione con un Paese di riferimento[4]. Per quanto ciascuno di questi orientamenti presenti caratteristiche molto conservatrici sul piano sociale e intolleranti su quello teologico, i salafiti sono perlopiù politicamente passivi e non violenti. Sarebbe dunque un errore presupporre che molti di loro costituiscano una minaccia per la sicurezza. Solo per citare un esempio, i salafiti dei Paesi Bassi sono in prevalenza quietisti e hanno preso le distanze dalla costrizione e dalla violenza[5]. La forma violenta del salafismo, che costituisce effettivamente una minaccia, è stata definita “jihadismo salafita” o tafkirismo”, è una fusione moderna tra ideologia politica e teologia ultraconservatrice. Come osserva l’antropologo e studioso di terrorismo Scott Attran:

 

I tafkiristi (da tafkīr, scomunica), sono coloro che non riconoscono e disprezzano altre forme d’Islam, tra cui il wahhabismo (un credo che predica un’obbedienza simile a quella calvinista nei confronti dello Stato) e la maggior parte delle dottrine fondamentaliste o salafite (che si oppongono alla lotta tra correligionari in quanto seminatrice di discordia, o fitna, nella comunità musulmana). L’Islam salafita è il veicolo su cui viaggia questo movimento virale tafkirista, così come il fondamentalismo cristiano è il veicolo su cui viaggia il suprematismo bianco. Il veicolo di per sé non è la causa del virus, essendone in realtà la prima vittima[6].

 

Questo orientamento estremista opera ai margini delle comunità musulmane in Europa ed è contestato dall’interno da salafiti che credono che esso abbia danneggiato la loro reputazione e la loro causa.

 

Il salafismo britannico si è ampiamente diffuso per mezzo dell’attivismo di una sola organizzazione, ma in seguito si è ramificato in diversi gruppi e tendenze. I salafiti si differenziano dagli islamisti per il fatto che non si organizzano in formazioni gerarchiche, ma funzionano attraverso reti di studiosi, di studenti e di seguaci. Gli approcci salafiti all’Islam vennero introdotti nel Regno Unito nei primi anni ’80, attraverso il finanziamento di moschee da parte dello Stato saudita e di donatori privati. Il numero delle moschee di orientamento salafita è relativamente basso, ma in crescita. Tra le più note vi sono il Salafi Institute di Birmingham, la moschea di Brixton, il Masjid Tawhīd di Londra, il Centro Islamico di Luton e il Masjid Sunnah di Manchester. Benché rappresentino solo una piccola parte delle circa 2000 moschee della Gran Bretagna, la loro influenza sta aumentando spropositatamente grazie a una distribuzione efficace della loro letteratura, al loro attivismo e a una forte presenza mediatica e digitale. L’organizzazione che ha contribuito a diffondere il salafismo nei primi anni ’90 è il JIMAS (Jam‘iyyat Ihyā’ Minhāj al-Sunna, La società per la rivivificazione della Sunna), fondata nel 1984 da Manwar Ali, detto “Abū Muntasir”. Fu quest’ultimo a predicare il salafismo tra i giovani musulmani con i suoi innumerevoli discorsi nei circoli di studio, nelle moschee, nei centri comunitari e nelle università di tutto il Paese. Intorno alla metà degli anni ’90, il salafismo si era già ben radicato a livello nazionale attraverso una rete di moschee, pubblicazioni, media e un vasto corpus letterario, che più tardi sarebbe diventato disponibile anche su Internet.

 

Per fondare la loro pretesa di autenticità, gran parte dei salafiti inglesi fa costantemente riferimento ai grandi ulema dell’Arabia Saudita del passato, come ‘Abd al-‘Azīz Ibn Bāz (1919-1999), Muhammad Ibn al-‘Uthaymīn (1925-2001), Muhammad Nasr al-Dīn al-Albānī (1914-1999) o a esperti religiosi attuali come Sālih Fawzān (1933-). Come sottolinea lo storico Bernard Haykel:

 

L’attrattiva del salafismo risiede nella forma di autorità che esso promuove e riproduce, così come nella particolare ermeneutica che propugna. A renderlo attraente non sono le sue cosiddette qualità “de-territorializzate” e fondamentaliste, o la condizione “globalizzata” della vita moderna. A spiegare gran parte del suo fascino sono semmai la sua pretesa di certezza religiosa e la sua capacità apparentemente illimitata di citare le scritture a supporto delle sue affermazioni[7].

 

Nella prospettiva salafita le persone trovano una forma di impegno religioso che appare intellettualmente rigorosa, solidamente fondata e libera dalla corruzione della religione folkloristica o dalle alternative proposte dai movimenti riformisti rivali, come i Young Muslims UK (i giovani musulmani del Regno Unito) o l’organizzazione islamista radicale Hizb al-Tahrīr (partito della liberazione). Il JIMAS ha attratto principalmente giovani musulmani e musulmane sud-asiatici di seconda generazione, e i convertiti, in particolare ex-cristiani afro-caraibici. Le ricerche condotte tra le neo-convertite hanno evidenziato come queste ultime siano particolarmente affascinate dalla teologia coerente, dalla moralità ben definita e dal senso di “sorellanza” dei circoli salafiti, soprattutto se comparati con la loro esperienza del Cristianesimo. Altre donne sono arrivate al JIMAS da altri gruppi islamici che avevano deluso le loro aspettative e non avevano risposto in modo convincente alla domanda chiave: “Qual è il vero Islam?”[8]

 

 

Frammentazione ed evoluzione

 

La crescita del salafismo inglese ha raggiunto un punto critico nel 1995, quando le tensioni che covavano tra le diverse fazioni all’interno del JIMAS ne causarono la spaccatura, aprendo una frattura ideologica e metodologica che è rimasta fino ai nostri giorni. Al tempo della prima guerra del Golfo nel 1991, gli studiosi salafiti si divisero in merito alla presenza di truppe statunitensi in un territorio considerato la patria spirituale dell’Islam. Questa frattura ebbe origine all’interno dell’Arabia Saudita, quando alcuni giovani ulema cominciarono a criticare il fatto che i governanti avessero invitato gli americani a combattere un altro paese musulmano, e, peggio ancora, a costituire basi militari nei territori sacri. Questi ulema dissidenti, guidati dagli shaykh della Sahwa (movimento del risveglio) Salmān al-‘Awda e Safar al-Hawālī, erano influenzati intellettualmente dalle idee riformiste della Fratellanza musulmana e assunsero importanza nel 1990 proprio grazie alle loro critiche al governo saudita.

 

Abū Muntasir aveva stretto rapporti con questi ulema, ma era contrastato dall’influente ‘Abd al-Wahīd (noto anche come Abū Khadīja), che rifiutava l’orientamento politicizzato del movimento Sahwa. Quest’ultimo contestò Abū Muntasir, e ciò portò alla frammentazione del JIMAS nel 1995-1996. Nonostante i tentativi da parte di figure autorevoli nella comunità salafita di ricomporre la frattura, essa divenne insanabile. Abū Khadīja e altri si staccarono per creare le Salafi Publications, politicamente quietiste, guadagnandosi l’appellativo di “ultra-salafiti”, attribuito loro dagli altri salafiti per i loro tentativi aggressivi di definire chi meritasse davvero il titolo di salafita.

 

In questo periodo di tensione, la maggior parte dei salafiti non doveva solo difendersi dalle pratiche inquisitorie degli ultra-salafiti, ma anche fare i conti con l’emergere di una corrente salafita jihadista, rappresentata da persone come il convertito giamaicano Abdullah el-Faisal. I discorsi jihadisti raggiunsero il Regno Unito con l’arrivo, tra la fine degli anni ’80 e la fine degli anni ’90, di ideologi esiliati e di ex-mujāhidīn “nomadi”. Senza lavoro, molti di questi combattenti si spostavano tra zone di conflitto alla ricerca di cause islamiche.

 

Abdullah el-Faisal sfruttò questo contesto sociale e cercò di costruirsi una base di consenso in Gran Bretagna, suscitando apprensioni sia all’interno del JIMAS che tra gli ultra-salafiti per via della sua presunta superiorità nel sapere religioso. El-Faisal si era laureato all’Università Muhammad Ibn Sa‘ūd, in Arabia Saudita e aveva servito a lungo come imam alla moschea di Brixton all’inizio degli anni ’90, prima di essere rimosso dall’incarico, diventando noto per i discorsi incendiari con cui condannava l’apparato religioso saudita. Fu anche autore di famose conferenze, come quella intitolata The Devil’s Deception of the Saudi Salafis, (“il diavolo ha ingannato i salafiti sauditi”), in cui dichiarava il Regno Unito dār al-harb (territorio di guerra) e istigava a derubare i ricchi turisti arabi del Golfo. La sua retorica rappresentava un grosso problema per i salafiti inglesi di qualsiasi credo, portando alcuni di essi a indirizzarsi verso il jihadismo.

 

Anche l’11 Settembre e l’attacco terroristico di Londra del 7 luglio del 2005 hanno contribuito in maniera determinante al cambiamento del salafismo britannico. L’attenzione dei media iniziò a concentrarsi sul possibile collegamento tra salafismo e terrorismo e l’entrata in vigore di una nuova legislazione anti-terrorista portò alla luce il potenziale pericolo dei discorsi salafiti estremisti ed esclusivisti. Questo diede un nuovo impulso alla cooperazione intra-musulmana e alla ricerca del consenso. Il JIMAS si unì ad altri gruppi islamici nell’organizzazione di conferenze per spiegare la differenza tra jihad e terrorismo, anche se è opportuno ricordare che le Salafi Publications avevano già condannato esplicitamente al-Qaida anche prima degli attacchi londinesi.

 

 

Tra integrazione e isolamento

 

Il salafismo del JIMAS delle origini è stato una prospettiva nuova e radicale per molti giovani musulmani. Come altre correnti religiose significative, per esempio Hizb al-Tahrīr, il salafismo ha proposto il rifiuto di un Islam inculturato localmente. Verso la fine degli anni 2000, molti osservatori avevano notato l’emergere di quello che sarebbe stato chiamato “Salafismo lite”, cioè il tentativo di alcuni salafiti di attenuare i toni del loro linguaggio e della loro letteratura, usando espressioni come “Islam ortodosso” o “Islam normativo” per criptare la loro lealtà al salafismo. Questo salafismo implicito trascende le singole organizzazioni ed è stato enfatizzato dalla popolarità di canali satellitari come Islam Channel e Peace TV. Questo sviluppo, insieme alla presenza capillare della letteratura pro-salafita, ha aiutato a promuovere la “salafitizzazione” dei discorsi religiosi comuni.

 

Il fascino del salafismo sui giovani musulmani inglesi può essere attribuito a una serie di fattori interconnessi. Il primo di questi è stato la globalizzazione del discorso salafita saudita attraverso il finanziamento pubblico e privato di alcune istituzioni islamiche britanniche, la distribuzione pervasiva della letteratura salafita su Internet e le borse di studio per studiare all’università di Medina. Il secondo fattore è stato la feconda ricezione delle tematiche salafite tra i musulmani nati in Gran Bretagna, che erano in cerca di una identità religiosa capace di risvegliare il loro orgoglio religioso. In terzo luogo, il salafismo è sembrato offrire ai suoi seguaci un Islam incontaminato e intransigente, solidamente fondato, capace di offrire una certezza etica in un mondo confuso e in rapida trasformazione, assecondando il loro desiderio di autenticità, in quanto unici musulmani ad aderire al concetto del tawhīd, alla Sunna autentica e al “manhaj dei Salāf”. Il salafismo ha rifiutato categoricamente le diversità teologico-culturali che si trovano all’interno dell’Islam dell’Asia meridionale, generando un elitismo ultra-ortodosso nei confronti dei “musulmani inferiori” e una separazione dalla società britannica miscredente.

 

Si può dire che le posizioni salafite in Gran Bretagna oggi siano rappresentate da sei sottogruppi: puritani, apolitici, ultra-salafiti, salafiti politicizzati, salafiti jihadisti, salafiti liberali progressisti del JIMAS e salafismo metodologico del consorzio iERA/ALMaghrib, la cui prassi religiosa non è allineata con nessun gruppo in particolare ma è piuttosto un approccio alle fonti testuali islamiche e ai riferimenti della tradizione islamica. I più quietisti, gli ultra-salafiti, che sono ancora i più influenti grazie alla presenza sul web e alle pubblicazioni, hanno di recente subito una scissione, dovuta alla divergenza tra lo shaykh Muhammad Ibn Hādī al-Madkhalī, uno dei loro punti di riferimento religiosi, e lo shaykh Rabī‘ al-Madkhalī.

 

I salafiti inglesi hanno dovuto adattarsi gradualmente al cambiamento del clima socio-politico all’interno del Regno Unito, oltre a fare i conti con le loro dispute interne e con la rivalità con le altre correnti revivaliste. Il risultato finale è che essi si sono progressivamente integranti nel panorama sociale e religioso britannico pur riuscendo a mantenere il proprio isolamento, e vorrebbero continuare a fare lo stesso nel futuro.

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis

[1] Roel Meijer (a cura di), Global Salasm: Islam’s New Religious Movement, Hurst & Co., London 2009. Henri Lauzière, The Making of Salafism: Islamic reform in the Twentieth Century, Columbia University Press, New York 2016 e Frank Griffel, What Do We Mean By “Salafi”? Connecting Muhammad ʿAbduh with Egypt’s Nur Party in Islam’s Contemporary Intellectual History, «Die Welt des Islams» vol. 55 (2015), pp. 186-220.
[2] Mohamed Bin Ali, Salafis, Salafism and Modern Salafism: What Lies Behind a Term? «RSIS Commentary» n. 57, (March 18 2015), Singapore.
[3] Ibid.
[4] Samir Amghar, Salafism and Radicalisation of Young European Muslims, in Samir Amghar, Amel Boubekeur, Michael Emerson (a cura di), European Islam: Challenges for Public Policy and Society, Centre for European Policy Studies, Brussels 2007, pp. 38–51.
[5] Margaretha A. van Es, Muslims Denouncing Violent Extremism. Competing Essentialisms of Islam in Dutch Public Debate, «Journal of Muslims in Europe», vol. 7, n. 2. (2018), pp. 146-166.
[6] Scott Attran, Who becomes a terrorist, «Perspectives on Terrorism», vol. 2, n. 5 (2008).
[7] Bernard Haykel, On the Nature of Salafi Thought and Action, in Roel Meijer (a cura di), Global Salasm, p. 36.
[8] Anabel Inge, The Making of a Salafi Muslim Woman: Paths to Conversion, Oxford University Press, Oxford 2016.